QUEI DUE STATISTI IGNORATI
Questi tempi terribili in cui le armate di Putin invadono e bombardano l’Ucraina usando come motivazione la necessità di difendere la minoranza russofona del Donbass bistrattata da Kiev sembrano fatti apposta per esaltare il valore esemplare della speciale autonomia di questa regione. E cioè la tutela efficace di una minoranza che vive in terra straniera attraverso un forte autogoverno e un sistema di garanzie anche internazionali.
E così anche nella solenne cerimonia al Teatro comunale di Bolzano ha riecheggiato sabato scorso il conflitto russoucraino e riproposto il modello altoatesino immaginando come sarebbe la situazione in quell’area se fosse stato adottato. Anzi c’è chi — come il ministro degli estere italiano, Luigi Di Maio — sogna e si augura che tale modello possa ancora essere adottato da quelle parti.
In realtà — protagonista anche Luis Durnwalder — il modello altoatesino era già stata sottoposto ai leader di quelle popolazioni. Ma la risposta — come sarebbe potuto accadere anche da noi se Magnago non fosse riuscito a far prevalere di misura il sì al Pacchetto autonomistico nel famoso congresso del suo partito nel 1969 — fu un rifiuto in quanto ogni possibile autonomia pareva troppo poco rispetto all’agognata indipendenza con ritorno alla madre Russia. Autonomia dunque vissuta non come conquista in nome del coraggioso buon senso ma solo come espressione di debolezza.
Ese per ballare il tango bisogna essere in due, a maggior ragione si deve contare su due fronti contrapposti ma convergenti sulla stessa volontà di cercare soluzioni consensuali, pacifiche e lungimiranti per adottare o almeno imitare il modello autonomistico altoatesino.
E la quietanza liberatoria che Vienna rilasciò e consegnò all’Onu 30 anni fa, altro non fu che il naturale ultimo passaggio di un lungo e spesso doloroso cammino storico e politico che ci ha portato all’ammirata situazione attuale. Con quel documento Vienna dichiarava chiusa la vertenza altoatesina che aveva aperto all’assemblea generale delle nazioni unite nel 1960 giudicando l’italia inadempiente rispetto all’Accordo di Parigi De Gasperi-Gruber. Da allora con quel documento è stato anche instaurato una sorta di condominio RomaVienna sulle questione altoatesina, nel senso che il consenso e l’intesa tra le parti è stato fissato come criterio di ogni intervento. La cerimonia di Bolzano ha avuto come motore e regista il presidente della Provincia, Arno Kompatscher che anche in questa occasione ha mostrato un grande talento nel valorizzare nel modo migliore l’autonomia che è impegnato a gestire e sviluppare.
Un talento che Kompatscher potrà con ogni probabilità esibire a fine settembre all’Onu dove, secondo il prezioso invito del rappresentante speciale delle Nazioni unite per le minoranze, Fernando de Varennes, Italia e Austria potranno mostrare al mondo la loro «buona pratica» per la vicenda altoatesina. Un talento che, non c’ è dubbio, sarà poi ulteriormente messo in luce alle celebrazioni per i 50 anni del secondo Statuto di autonomia.
Ebbene, per essere più profonda e sincera, sgombra da equivoci, questa valorizzazione della autonomia dovrà ovviamente fare riferimento all’Accordo di Parigi tra Alcide De Gasperi e Karl Gruber, base e fondamento anche legale di quanto poi è stato fatto. Citatissimi ed evocati ovunque e in ogni ricorrenza , i due grandi statisti in Alto AdigeSüdtirol sono invece ancora non solo ignorati ma addirittura messi al bando. Il trentino perché non concesse la Selbestimmung, l’austriaco in quanto accettò questa scelta contro quella che era la comprensibile aspirazione della gran parte dei sudtirolesi e degli austriaci. Dunque un debole se non un incapace raggirato dalla volpe De Gasperi. Non un politico onesto, coraggioso e lungimirante che, pochi mesi dopo la fine della Seconda guerra mondiale, prese la migliore decisione possibile sfidando l’impopolarità.
Ma invece — non solo nella vulgata popolare sudtirolese ma anche nell’insegnamento scolastico e nella pratica pubblica — l’Accordo De Gasperi-Gruber viene presentato come un cedimento, un fallimento che altro non fa che alimentare il vittimismo storico che alimenta i nazionalisti. Quando a Bolzano si dedicherà una strada, una scuola, una piazza a De Gasperi e Gruber per onorarli come grandi statisti sarà sempre troppo tardi.
E anche i trentini dentro l’Euregio dovrebbero farsi sentire per onorare il loro politico più illustre al quale devono la loro speciale autonomia. E l’assenza del governatore Maurizio Fugatti alla celebrazione dell’altro giorno non è passata inosservata.