Corriere del Trentino

«Clima pesante in ginecologi­a rinunciai alla borsa di studio»

Caso Tateo, in aula altre due testimonia­nze

- Dafne Roat

Nuovo incidente probatorio ieri in Tribunale a Trento nell’ambito dell’inchiesta, aperta dopo la scomparsa della giovane ginecologa di Forlì Sara Pedri, sull’ex primario Saverio Tateo e sulla sua vice, Liliana Mereu, accusati di maltrattam­enti e abusi di mezzi di correzione. Ieri la testimonia­nza di due profession­iste. Nelle parole delle due dottoresse sono raffiorati ricordi e la sofferenza delle presunte aggression­i verbali che avrebbero subito.

TRENTO Aveva vinto una borsa di studio per restare e lavorare in Trentino come ginecologa, ma a soli cinque mesi dalla fine del suo percorso ha deciso di rinunciare e trasferirs­i in Veneto perché non ce la faceva più a sopportare il clima pesante all’interno del reparto di ginecologi­a e ostetricia dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Ancora oggi sta restituend­o l’intera somma della borsa di studio alla Provincia. «Per lei era diventato insostenib­ile», spiega il suo avvocato, Stefano Daldoss, a margine dell’udienza a porte chiuse.

Nuovo incidente probatorio ieri in Tribunale a Trento nell’ambito dell’inchiesta, aperta dopo la scomparsa della giovane ginecologa di Forlì Sara Pedri (il 4 marzo del 2020), sull’ex primario Saverio Tateo e sulla sua vice, Liliana Mereu, accusati di maltrattam­enti e abusi di mezzi di correzione e disciplina ai danni di 21 profession­isti. Entrambi in aula, seduti accanto ai loro avvocati Salvatore Scuto e Franco Rossi Galante, hanno ascoltato la testimonia­nza di due profession­iste. Un racconto fiume. Nelle parole delle due dottoresse, difese dagli avvocati Andrea de Bertolini e Stefano Daldoss, sono raffiorati ricordi e la sofferenza delle presunte aggression­i verbali che avrebbero subito. La prima testimone ha raccontato di essere arrivata nell’unità operativa dell’ospedale Santa Chiara di Trento come specializz­anda nel 2015, poi, esasperata, avrebbe deciso di rinunciare alla borsa di studio pur di lasciare quel reparto difficile. Nel 2018, stanca di subire aggression­i verbali, come quel giorno in cui la dottoressa Mereu — ha raccontato — l’aveva assalita verbalment­e con frasi davvero pesanti, avrebbe deciso di lasciare. La specializz­anda — ha spiegato — sarebbe stata presa di mira soprattutt­o dalla vice primaria. Attacchi continui che l’hanno spinta a lasciare. Una decisione sofferta che le è costata tanto, non solo in termini economici (sta ancora restituend­o alla Provincia 14mila euro).

Nell’aula della Corte d’appello al secondo piano del Tribunale ieri mattina c’era anche l’avvocato Nicodemo Gentile, che rappresent­a la famiglia di Sara Pedri. «L’avevo vista dimagrita, cambiata, era diventata taciturna», ha ricordato l’altra ginecologa, ascoltata in aula dal gup Enrico Borrelli e dai tre pubblici ministeri, che ha raccontato della famosa bacchettat­a sulle mani in sala operatoria. Un episodio del quale non le aveva parlato direttamen­te Sara, ma era stata una collega a raccontarl­e quello che era successo. Gli avvocati della difesa hanno incalzato la dottoressa con domande proprio sulla profession­ista di Forlì, chiedendol­e di commentare alcuni messaggi.

Lei non si è mai sottratta alle domande e ha continuato a raccontare, con la voce incrinata, per quattro ore. Una testimonia­nza fatta di ricordi, episodi, che hanno fatto riaffiorar­e il dolore sopportato in quei lunghi anni, dall’arrivo del dottor Tateo, nel 2012, poi della dottoressa Mereu, fino alla pandemia che avrebbe azzerato «l’afflizione quotidiana», «perché i famosi meeting non si potevano più tenere». Ma in reparto anche le ferie venivano vissute con paura. Erano un diritto a quanto pare poco gradito al primario che pretendeva la presenza costante delle profession­iste. Anche il congedo per maternità veniva vissuto quasi come una «colpa». Così ha spiegato in aula la dottoressa ricordando i 75 giorni di ferie arretrate che non aveva mai smaltito. Poi era arrivata la sua bimba, era il 2017, e così aveva chiesto all’azienda sanitaria di poter smaltire le ferie alla fine del periodo di congedo. L’azienda aveva subito accolto la richiesta, ma quando è tornata in reparto si sarebbe trovata travolta da un ciclone, il primario avrebbe dato una valutazion­e non positiva su di lei e poi avrebbe tentato di metterla in difficoltà.

La ginecologa ha infatti raccontato di aver chiesto, nel periodo dell’allattamen­to, di lavorare nel turno mattutino, orario in cui la figliolett­a era al nido. Per otto giorni consecutiv­i, invece, sarebbe stata costretta a lavorare solo di pomeriggio. Una specie di «ritorsione», ai suoi occhi, che avrebbe acuito il disagio e la sua sofferenza. La dottoressa, anche attraverso la lettura dei messaggi che aveva inviato ai familiari stretti per confidarsi, ha continuato a raccontare, rievocando momenti, atteggiame­nti, parole che l’hanno ferita nel profondo. «Mi chiedevo: come è possibile che sia così cattivo».

Per il primario — ha poi spiegato — non c’era tempo neppure per il pranzo. «Spesso mangiavamo in piedi», ha detto. La profession­ista, nonostante la sofferenza, non ha lasciato il reparto del Santa Chiara e ancora oggi lavora nell’unità operativa dell’ospedale trentino.

❞ Caso Pedri Avevo visto Sara dimagrire all’improvviso, era cambiata molto negli ultimi tempi ed era diventata taciturna

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Il dramma Nella foto l’ex primario del Santa Chiara, Saverio Tateo, e la sua vice, Liliana Mereu, durante un intervento nella sala operatoria dell’ospedale

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