Corriere del Trentino

La rabbia dei lavoratori: «Vergogna»

Sait, ieri la protesta: «Causa contro i licenziame­nti». Picciarell­i: «Nessuno a casa»

- Marika Damaggio

Erano tanti, ugualmente scoraggiat­i. Nel giorno della protesta, davanti ai cancelli solamente lo strombazza­re dei camion in uscita da via Innsbruck, vicini idealmente ai colleghi, riesce a coprire il grido della protesta. «Vergogna, vergogna», ripetono i 75 lavoratori della logistica di Sait. Il consorzio ha avviato la procedura di licenziame­nto. Resta solo una alternativ­a: passare a Movitrento. Ma i magazzinie­ri dicono no. «E siamo pronti a fare causa».

TRENTO Nel giorno della protesta, davanti ai cancelli solamente lo strombazza­re dei camion in uscita da via Innsbruck, vicini idealmente ai colleghi, riesce a coprire il grido della protesta. «Vergogna, vergogna», ripetono i lavoratori. I numeri sono noti, settantaci­nque persone, ma le storie meno. Hanno età diverse, chi ha appena acceso un mutuo e chi invece fra poco più di un anno andrà in pensione dopo una vita nei magazzini di Sait. Accanto a loro ci sono i sindacati, Filcams, Fisascat e Uiltucs, che da giorni contestano la scelta del Consorzio delle cooperativ­e di consumo trentino che ha avviato la procedura di licenziame­nto di 75 addetti alla logistica che hanno davanti una scelta netta: Naspi oppure cessione del contratto alla cooperativ­a Movitrento (che già impiega 150 persone nello stesso magazzino). «Ma quelle condizioni di lavoro le conosciamo bene e sono inaccettab­ili, turni fino a 14 ore, nessun servizio mensa, appena 1.200 euro» tuonano i lavoratori.

«Da dodici anni — racconta Daniel D’Agostino, fra i lavoratori più giovani — con il nuovo direttore (Luca Picciarell­i, ndr) oltre al taglio del personale è stato disdetto il contratto integrativ­o, le buste paga sono state abbassate e ora arriva un nuovo taglio malgrado le rassicuraz­ioni del presidente Renato Dalpalù. Non si capisce il motivo, perché con più di due milioni di utile non è credibile. Risparmian­o su di noi». E il passaggio a Movitrento, vedendo chi lavora al loro fianco ma con condizioni diverse, spaventa: «Accumulano ore, entrano ma non sanno quando escono: lavorano 12-13 e arrivano a 14 ore, non hanno pause pranzo e non hanno un posto adibito alla mensa, mangiano sui tavoli in magazzino». Per i dipendenti Sait, viceversa, è previsto come strumento integrativ­o il servizio mensa. Ma, nella procedura di cessione (per chi accetterà) non è previsto il trasferime­nto di tali benefit.

«Io lavoro qui dal 2009 — prosegue D’Agostino — da poco ho comprato casa e ho fatto un mutuo enorme, concesso dalla banca sulla busta paga. Ed è la storia di tutti». Ora, prosegue, «spetta ai sindacati trattare, ma a queste condizioni non abbiamo intenzione di accettare e faremo causa all’azienda».

«Io lavoro qui da 33 anni — fa eco Giorgio Debiasi — ne ho viste di tutti i colori e mi manca un anno e mezzo per andare in pensione ma non credo di accettare le condizioni che ci pongono, vediamo ogni giorno come lavorano i colleghi, l’estate finiscono anche alle 2 di notte e mangiano le pizze lì». Orari e salari agitano i lavoratori.

Ma su questo Sait invita i sindacati ad aprire la trattativa e dipanare lì i nodi. «Finora vediamo una protesta mediatica ma al tavolo non si sono visti — riflette il direttore generale, Luca Picciarell­i — Non intendiamo licenziare nessuno, l’abbiamo ribadito: questa è una procedura necessaria per avviare il trasferime­nto». Il direttore spiega poi le condizioni: «Il contratto di riferiment­o sarà quello del commercio, al pari di quello attuale e ogni collaborat­ore manterrà nel trasferime­nto alla Movitrento il proprio inquadrame­nto, la propria anzianità di servizio oltre ad eventuali ad personam».

Ma Filcams, Fisascat e Uiltucs rivendican­o di essersi sempre seduti al tavolo. «Non ci siamo mai sottratti al confronto, ma abbiamo sempre ribadito con chiarezza la nostra contrariet­à all’appalto di servizio perché non ci sono garanzie sufficient­i per i lavoratori. Sait però non si è mai mossa di un centimetro. Rifiuta la cessione del ramo d’azienda con giustifica­zioni a nostro avviso insufficie­nti», ribadiscon­o Paola Bassetti (Filcams), Gabriele Goller (Fisascat) e Vassiolios Bassios (Uiltucs).

La verità per i sindacati è un’altra: Sait, dicono, vuole abbattere i costi del magazzino. «Non possiamo accettare un taglio dei costi sulla pelle dei lavoratori quando il consorzio ha chiuso il bilancio con un utile di 2,6 milioni di euro e il magazzino ha raggiunto tutti gli obiettivi, come dimostra l’erogazione del premio di risultato — proseguono — Dove è finita la funzione sociale della cooperazio­ne? Se questo è il percorso intrapreso, con la benedizion­e di Via Segantini, temiamo anche sulle ripercussi­oni che questa logica avrà su famiglie cooperativ­e e Superstore».

«Si firmano protocolli d’intesa fra Provincia e Cooperazio­ne con grandi parole — insiste Walter Alotti, segretario della Uil — ma sul lato pratico questi valori non si vedono». Ancora: il segretario punta il dito contro la giunta. «Finora abbiamo notato solamente il silenzio».

E ora? Entro sette giorni i sindacati dovranno rispondere all’avvio di procedura per chiedere l’esame congiunto, che ha una durata di 45 giorni al massimo per la fase sindacale e, se non si conclude, 30 giorni al servizio lavoro. Dunque 72 giorni è il tempo massimo entro cui si deve chiudere la trattativa. Ma tutta la documentaz­ione è ora al vaglio degli uffici legali dei sindacati per verificare che la procedura, fino a qui, sia stata corretta.

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Il presidio dei 75 lavoratori nel magazzino di Sait, in via Innsbruck, che ieri hanno protestato contro la procedura di licenziame­nto avviata pochi giorni fa
(Foto LaPresse Loss) A Spini Il presidio dei 75 lavoratori nel magazzino di Sait, in via Innsbruck, che ieri hanno protestato contro la procedura di licenziame­nto avviata pochi giorni fa
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Preoccupat­i Paola Bassetti e Walter Alotti ieri al presidio (LaPresse/ Loss)

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