Nuovo ospedale, i primari chiedono di rivedere la localizzazione
Campolongo: «Necessario dare risposte al personale». Pedrotti: «Meglio ripartire da zero»
Infermieri e primari chiedono alla giunta provinciale di decidere in fretta sul destino del Nuovo ospedale del Trentino. «Ora si rifletta sia sulla localizzazione che sulle dimensioni» avverte il presidente dell’associazioni primari Fulvio Campolongo. Mentre Daniel Pedrotti, presidente dell’ordine degli infermieri, lancia un messaggio sul procedimento: «Ora è più opportuno ricominciare da zero».
TRENTO L’appello è unitario. E forte: «Ora la Provincia decida in fretta». Dopo l’ultimo, atteso passaggio della vicenda del Nuovo ospedale del Trentino — la determina firmata da Raffaele De Col che boccia il progetto redatto dalla Guerrato — a incalzare la giunta provinciale sono primari e infermieri. Che chiedono di stringere i tempi. E rimettono in discussione alcuni capisaldi dell’opera. Come la localizzazione in via al Desert, che — dicono — è «da rivedere».
«Con la bocciatura del progetto Guerrato — spiega Fulvio Campolongo, presidente trentino dell’associazione nazionale primari — si potrebbe cogliere l’occasione per ragionare su due temi importanti: le dimensioni del nuovo ospedale, vista l’apertura della scuola di medicina, e la sua localizzazione». Con una indicazione, per quest’ultimo aspetto, che guarda più a sud, ponendo il nosocomio tra Trento e Rovereto. A San Vincenzo? «Può essere — risponde Campolongo — anche se quest’area è molto vicina a Trento. È importante però che ci sia una metropolitana di superficie». L’imperativo,
in ogni caso, è «fare in fretta». Perché l’ospedale Santa Chiara è da anni in sofferenza. «Lavorare in una struttura obsoleta — osserva il primario — con spazi e strutture inadeguate, non va bene, peggio ancora se i turni sono massacranti». Servono, dunque, «turni più gestibili e una remunerazione adeguata, passando per un rinnovo del contratto che per la dirigenza medica ancora non c’è». In questo senso, «come sindacato dei primari abbiamo prospettato all’Azienda sanitaria delle soluzioni: invece di cercare gettonisti è meglio coinvolgere i propri dipendenti in modo rispettoso della loro professionalità, con una remunerazione adeguata».
Vuole «guardare avanti» anche Daniel Pedrotti. Che parla di «emergenza sanitaria». E invoca «soluzioni in tempi brevi». «Per il nuovo ospedale — avverte il presidente dell’ordine degli infermieri — siamo già in ritardo. Per questo ribadisco: i tempi del progetto sono una priorità. Il Santa Chiara ha oggettive difficoltà, riesce a garantire la sicurezza di pazienti e professionisti a fronte di costi di manutenzione elevatissimi». Ma le lacune sono evidenti: «Il nosocomio attuale non risponde più alle esigenze dei pazienti: le stanze sono anche di 4-6 letti, magari senza bagno. E la sua conformazione non permette l’espansione di alcune aree cliniche». Una situazione che si ripercuote anche sui professionisti: «Lavorare in un ambiente professionale stimolante è motivo di attrattività. Per questo serve un ospedale nuovo». Pedrotti non ha dubbi: «Avrebbe più senso, ora, ripartire da zero: rispetto ai tempi in cui è stato redatto il progetto Guerrato sono cambiate tante cose, dalla pandemia alla scuola di Medicina, con l’esigenza ulteriore della formazione continua dei professionisti». Il Not, dunque, «dovrà essere — dice il presidente degli infermieri — una struttura nuova, moderna, innovativa». Che sia collegata a un «polo sanitario con aule, centri di simulazione, centri di ricerca». Dove realizzarlo? «Dovrà essere un luogo che risponda alle esigenze di eventuali adeguamenti futuri e che sia raccordato con la viabilità». Fattori ai quali, secondo Pedrotti, «l’area di San Vincenzo potrebbe rispondere meglio».
Ora si attende la decisione della giunta, per fugare poi tutti gli altri dubbi: se ripartire da zero o affidarsi alla ditta Pizzarotti. Se, nel caso in cui si ripartisse da capo, confermare via al Desert o spostare la sede altrove. Se, infine, riprovare con il project financing o optare per un iter tradizionale, con la necessità in quest’ultimo caso di reperire le risorse, magari attraverso canali europei.