Domani il compleanno. Una vita tra scuola, libri, giornali
Antolini, il nonno social: 102 anni e 5.000 follower «Parlo con il mondo»
Compie 102 anni Mario Antolini, detto il Musòn, di Tione nelle Giudicarie, il nonno social con 5.000 follower. «Parlo con il mondo», spiega il giornalista, maestro elementare, politico e volontario. Una vita tra scuola, libri e giornali. Domani il compleanno.
TRENTO Avere 102 anni e non sentirli. Non dimostrarli. Essere nato nel 1920 scansando la «Spagnola» e attraversando la pandemia da Covid-19. Sfiorando l’atomica in Giappone dov’era missionario, evitando pure un tornado devastante. Tante le avversità che Mario Antolini, detto il Musòn, di Tione, nelle Giudicarie — laurea in giapponese all’Università di lingue orientali di Napoli, tipografo come il padre e il nonno, giornalista corrispondente anche per il Corriere della Sera,
maestro elementare e vicesindaco — ha schivato nella sua lunga e avventurosa vita. In una, invece, si è tuffato e continua a immergersi con una capacità di scrittura e ritmo da narratore: la scrittura. «Sono sempre stato legato alla penna a inchiostro, poi alla macchina dattilografica e quindi al computer». Da allora l’avventura in Facebook anche 10 ore al giorno: «Mi permette di dialogare con tutto il mondo».
Mario, domani compirà 102 anni, come li festeggerà?
«I miei famigliari (due figlie Flavio e Sabrina oltre a nipoti e altri parenti, la moglie Luigina Tessadri non c’è più dal 2010, ndr) hanno previsto un inconportato tro festoso, dalle 15 a sera all’Hotel Dolomiti a Saone. Sarà solo un buon e bel trovarsi in compagnia tra parenti e amici senza alcuna cerimonia».
Lei proviene da una famiglia di tipografi, è giornalista (il più longevo dell’Ordine regionale), insegnante in pensione, attivo su Facebook con 5mila amici: quanto è importante la scrittura?
«È tutto. La mia famiglia gestiva a Tione una tipografia con cartolibreria, la prima in Giudicarie
per volontà di mio nonno Basilio e il fratello Quirino. Nel giornalismo sono stato introdotto come corrispondente poi pubblicista da Aldo Gorfer dal 1947 e ho collaborato con varie testate locali e con il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport. Ho dato vita a vari periodici e sono sempre impegnato nel campo dell’editoria».
Poi l’insegnamento per 25 anni come maestro.
«Ho fatto una lunga serie di studi ultimati con la laurea in scienze e lingue orientali a Napoli nel 1953 e nel 1955 ho vinto il concorso magistrale e fino al 1980 ho fatto il maestro elementare: un periodo entusiasmante».
Ha attraversato il ‘900 superando una guerra, schivando l’atomica e un uragano, ha vissuto la pandemia e continua a vivere da solo in autonomia lucido come un ragazzo: è un uomo fortunato.
«Mentre mi preparavo a diventare un tipografo, mi sentii a diventare missionario: con i Salesiani feci il ginnasio in Piemonte e poi col liceo in Giappone a Tokyo. Vi giunsi nel novembre 1939, dopo 31 giorni di viaggio in nave, a guerra in Europa iniziata. Fui coinvolto nella guerra scoppiata anche là l’8 dicembre 1941 ma non ne venni mai coinvolto se non con l’internamento in un campo di concentramento nel 1945. Durante la mia prigionia caddero le due bombe atomiche di Hiroshima e di Nagasaki, da quest’ultima città mi trovavo distante a poche decine di chilometri, ma non ci accorgemmo di nulla. È vero, ho avuto una grande fortuna. Anche con il Coronavirus, schivato come da bambino la “spagnola”».
Qual è il segreto per vivere così bene e così a lungo?
«Nessun segreto, credo che tutto mi sia donato da una Provvidenza in cui fermamente credo. Da parte mia ho sempre cercato di tenermi occupato tutto il giorno e per tutte le giornate dell’anno. Mangio e bevo pochissimo anche se mi piace trovarmi a tavola con parenti e amici. E poi c’è Facebook, per me a 102 anni è diventato una ragione di vita, se mi isolassi sarei destinato all’ignavia e unicamente in attesa della partenza per l’ultimo viaggio».
Cosa suggerisce ai giovani?
«Non hanno bisogno di consigli e imposizioni, ma sentono la voglia insopprimibile di adulti e anziani capaci di dialogare e di aiutarli a “vegnérghen fò”, aiutati con ogni mezzo ad affrontare e superare le barriere dell’incomprensione e a renderli capaci di usufruire nel modo adeguato di tutto ciò che la tecnica sta ora mettendo a loro disposizione e che noi adulti non siamo riusciti a recepire in maniera adeguata come la dad. Si commette un grave errore a parlare male dei giovani: vanno capiti e aiutati, non sgridate e castigati».
Fortunato Quando ero prigioniero in Giappone caddero le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki