Minacce e insulti a Pattini In otto finiscono nei guai
Contadino nei guai, la Procura chiude l’inchiesta. Denunciate altre sette persone
❞ È finito in Procura l’acceso dibattito scoppiato sul web contro l’ex consigliere Alberto Pattini. Il politico aveva criticato un comunicato della consigliera Katia Rossato ed era stato insultato sui social. Nei guai sono così finite otto persone tra cui un contadino che l’avrebbe minacciato.
TRENTO «Vei en campagna che te tiro sotto col trattor, embezille». Il post era apparso su facebook al culmine di un battibecco politico serrato, scoppiato il 18 giugno 2020, in piena emergenza sanitaria, poi era salito agli onori della cronaca quando il destinatario, Alberto Pattini, imbufalito, aveva annunciato querela. L’ex capogruppo del Patt in consiglio comunale a Trento preso di mira sui social dopo aver criticato la consigliera provinciale Katia Rossato l’aveva detto: «Mi rivolgerò alle forze dell’ordine». Promessa mantenuta.
Ora la Procura ha chiuso l’inchiesta e nei giorni scorsi ha inviato una avviso di conclusione indagini all’autore del post, un agricoltore di 39 anni. L’uomo, difeso dall’avvocato Maurizio Roat, è indagato per diffamazione e minaccia aggravata. Ma la querelle ha messo nei guai anche altri sette «navigatori» del web che avevano partecipato allo scontro politico, accusati di diffamazione aggravata, per i quali il pubblico ministero ha disposto lo stralcio.
«Alberto Pattini sei proprio un pagliaccio, meriteresti il linciaggio di noi poveri contadini.. vei en campagna che te tiro sotto col trattor embezille», scriveva l’agricoltore sul web. Era il 18 giugno del 2020. Il commento era apparso dopo il post piccato di Alberto Pattini che aveva «consigliato» Rossato, consigliera provinciale della Lega, poi passata a Fratelli d’Italia, di tornare a vendere uova. «Forse l’è meio continuar a vender Ovi? Prima di politicizzare le operazioni di voto di organo aziendale di cui anch’io sono socio, studi i si faccia spiegare come funziona l’articolo 106 del dl 18/2020. Con l’indennità che riceve — scriveva Pattini — una ricerca o una consulenza potrebbe anche permettersela e non pensiamo costi tanto di più di due cassette di ovi». Pattini aveva attaccato Rossato dopo un comunicato della consigliera dal titolo «Assemblea Cassa Rurale Trento: come socia e consigliere provinciale nutro dubbi sull’opportunità di invitare i soci a delegare il notaio Piccoli». Il riferimento era a Paolo Piccoli che aveva deciso di sostenere il candidato sindaco Franco Ianeselli, poi eletto.
Per la consigliera era inopportuno delegare il notaio per alcune operazioni. «Da parte della Cassa rurale di Trento — scriveva Rossato nella nota — ci doveva essere maggiore attenzione anche in merito alle recenti decisioni prese dal dottor Piccoli che ha scelto di candidarsi e di sostenere Franco Ianeselli. Si tratta di un’operazione che coinvolge migliaia di soci e di elettori di Trento e lasciarla gestire a un candidato non è forse la scelta migliore».
Il comunicato aveva indispettito Pattini che aveva ironizzato sul web invitando Katia Rossato, appunto, ad occuparsi di altro. Ma il marito della consigliera, il leghista Daniele Dematté, non era rimasto a guardare e aveva difeso la moglie attaccando Pattini, definito «piccolo uomo»: «Le offese di Pattini sono indecenti — aveva scritto —. Denigrare le persone sul piano lavorativo, denota povertà di spirito, un livello che non mi appartiene».
Il web si era poi scatenato. Decine i commenti contro l’allora capogruppo del Patt in consiglio comunale. «Non possiamo accettare una simile violenza», aveva reagito Pattini che si è rivolto all’avvocato Luca Pontalti e ha presentato denuncia. Così si è mossa la polizia postale e ora lo scontro, uscito dai confini della politica, si sposta nelle aule di giustizia. Pattini in denuncia parla di una lunga serie di «commenti oltraggiosi». Parole minacciose e inaccettabili per l’ex consigliere comunale. Ora l’agricoltore avrà venti giorni di tempo per presentare le proprie controdeduzioni o chiedere di essere sentito dal magistrato, poi la Procura potrebbe procedere con una richiesta di rinvio a giudizio.
Sullo sfondo si riapre il tema dibattuto delle offese sui social. Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione, la 44662 del 2021, non è reato se la persona offesa e insultata è online e comunque non tutte le ipotesi di offese perpetrate via social sono sanzionabili penalmente. Per quanto riguarda invece il reato di minaccia aggravata «è sufficiente che il male prospettato sia idoneo, in considerazione delle concrete circostanze di tempo e di luogo, ad ingenerare timore in chi risulti esserne il destinatario del male che non può essere costituito dalla prospettazione di una legittima azione giudiziaria civile e dalla diffusione di notizie relative all’inadempimento negoziale commesso nei confronti dell’agente», scrivono i giudici supremi in una sentenza del 2019. Pertanto, sintetizzando, ciò che rileva non è l’insulto lesivo della reputazione bensì la minaccia di un male ingiusto che però deve essere idonea a generare un timore considerevole nel destinatario.