Comunità di valle, 537 emendamenti alla riforma Ma accordo in vista
Presidente-sindaco e direttore generale, dietrofront
In realtà l’assessore con delega agli enti locali, Mattia Gottardi, ha già recepito di sua spontanea volontà le indicazioni del Consiglio delle autonomie locali. Due su tutte: il presidente delle Comunità di valle, diversamente dal disegno originario della sua riforma, non sarà necessariamente un sindaco e nemmeno un consigliere comunale. E al posto del direttore generale torna il segretario. Correttivi che, in ogni caso, andranno discussi con le minoranze che hanno depositato 537 emendamenti e 112 ordini del giorno, molti dei quali volti nella stessa direzione auspicata dai sindaci.
Che il tema fosse sensibile già si sapeva. Del resto non è solo una questione amministrativa, la faccenda è politica. Nel programma elettorale preparato nel 2018 dalla coalizione di centrodestra c’era un tema molto caro alla Lega: la restituzione ai Comuni delle competenze e dei poteri amministrativi a quel tempo in capo alle Comunità di valle (per cui il Carroccio propose un referendum abrogativo), superando anche l’obbligatorietà delle gestioni associate. Tant’è che ora la gestazione della riforma s’è conclusa e il lungo iter, inevitabilmente frenato anche dalla pandemia, ha varcato le porte del consiglio provinciale. Morale: come previsto, nella prima giornata i partiti di minoranza hanno manifestato forte perplessità verso una riforma definita «un’occasione persa».
Ma quali sono le novità? A ricordarle, in Aula, è stato l’assessore Gottardi. Il titolare degli Enti locali inizialmente aveva proposto una sospensione dei lavori prima ancora della discussione generale, cercando subito un varco nelle trattative per sfoltire la mole di emendamenti. Proposta censurata dal consiglieri di minoranza che, ritenendola irrituale, hanno chiesto prima un dibattito. Così è stato. Ma prima Gottardi ha spiegato l’iter che ha portato alla definizione di un testo che cambia la governance delle Comunità di valle. «Inizialmente — ha spiegato Gottardi rivolgendosi all’Aula — le Comunità di valle furono pensate come soventa stituzione dei Comuni. Le gestioni associate, a quel tempo obbligatorie, avrebbero poi via via svuotato i municipi». Un impianto smantellato nel tempo, a partire dalla sentenza della Consulta che ha censurato l’elezione diretta del presidente. Un passaggio che, unito alla riforma-Daldoss, ha depotenziato gli enti intermedi nati nel 2010.
Quanto al presente, dopo «una interlocuzione con 160 sindaci» e una lunga fase di confronto, la riforma di Gottardi ha rivisto la governance delle Comunità. Fra le principali novità: il presidente (nel disegno di legge della giunta già emendato da Gottardi) di
un sindaco, al posto del segretario viene individuato un direttore generale. Quanto alle funzioni, le Comunità continueranno a gestire le competenze acquisite (servizi sociali e pianificazione territoriale in testa). «Abbiamo ridato centralità ai Comuni, costruendo una importante occasione d’incontro e creando le basi per fare bene insieme
quello che non è più possibile fare soli», ha precisato Gottardi che ha recepito le richieste dei Comuni, presentando un emendamento che corregge la riforma («Mantenendo gli obiettivi principali del cambio di governance»). Le comunità, nella versione-due emendata dalla giunta, saranno governate da un consiglio dei sindaci e da un presidente, scelto dai primi cittadini anche al di fuori dei consigli comunali così come suggerito dal Cal. Centrale, nella formulazione dei pareri, sarà l’assemblea composta dai sindaci e dal membro più votato delle minoranze indicato dal consiglio comunale se non presenti. Ancora: torna il segretario anziché il manager pensato dalla giunta. Modifiche che recepiscono anche gli emendamenti di merito delle minoranze (537 quelli totali). L’accordo, detta altrimenti, è pressoché fatto. E dopo il primo giorno di dibattito, oggi si potrebbe già arrivare a una intesa per sfoltire i correttivi. «Quella in discussione — ha precisato Gottardi — è una “riforma di tutti”, perché frutto di un percorso ampiamente partecipato, che mette al centro i comuni e il sindaco».