Corriere del Trentino

La prima vaccinata contro il melanoma «Lo faccio anche per milioni di persone»

La 45enne è nel programma di sperimenta­zione dell’Istituto nazionale tumori Pascale di Napoli

- Michela Nicolussi Moro

È Michela Bresciani, 45 anni, consulente del lavoro di Riva del Garda, la prima donna italiana selezionat­a dal professor Paolo Ascierto, direttore dell’Oncologia Medica all’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli, per la sperimenta­zione della fase III del vaccino contro il melanoma prodotto da Moderna con la tecnica dell’Rna messaggero, la stessa alla base dell’anti-Cov id. Asci erto ha portato in Italia, appunto nell’ Irccsn el quale lavora, lo step conclusivo dello studio avviato dagli Stati Uniti.

Michela Bresciani com’è iniziata questa esperienza?

«A marzo 2023 sono andata a farmi controllar­e all’ospedale di Trento perché non ci sentivo bene dall’orecchio sinistro. Prima si è pensato a un’otite, ma quando l’orecchio ha iniziato a sanguinare i medici mi hanno sottoposta a una Tac e a una biopsia, che hanno rilevato la presenza di quello che secondo loro era un neo di natura benigna.

All a fine di giugno sono stata operata, è andato tutto bene e un campione del tessuto prelevato è stato inviato all’Istituto Pascale di Napoli per l’esame istologico. Che a fine luglio ha dato un esito inaspettat­o: melanoma».

A quel punto cosa ha fatto?

«Ero molto spaventata, ho due gemelle di 15 anni e non capivo bene co sami aspettasse. I medici prendevano tempo, valutavano se iniziare subito l’ immunotera­pia, propendere invece perla chemiotera­pia o togliere un linfonodo, e intanto i giorni passavano. Ad agosto la gravità della situazione mi era finalmente chiara: soffrivo di un tipo di melanoma molto aggressivo e recidivant­e, non c’era tempo da perdere. Ma in settembre i medici erano ancora indecisi sul da farsi, quindi ho cercato online il miglior specialist­a del settore, sarei stata disposta ad andare anche all’estero.

Invece ho trovato il professor Ascierto e mi sono accorta che lavorava per il Pascale, lo stesso centro responsabi­le della mia diagnosi, così ho chiamato subito per prendere appuntamen­to con lui. La segretaria mi ha detto: c’è una lista d’attesa di un mese, intanto mi mandi la sua cartella clinica. Il giorno dopo il professor Ascierto mi ha telefonato e mi ha detto: venga subito».

E lei?

«Era un giovedì, il 7 settembre 2013. Sono partita per Napoli l’11.

Lo specialist­a è stato chiaro: per quel tipo di melanoma fino a qualche anno fa c’era una bassa aspettativ­a di vita, ma oggi con l’immunotera­pia è aumentata e si possono evitare le recidive. Così il 13 ottobre successivo mi hanno operata al Pascale. Per fortuna il male non ha intaccato l’udito. Dopodiché il professor Ascierto mi ha prospettat­o l’immunotera­pia ma anche l’opportunit­à di entrare nella sperimenta­zione del vaccino, che è curativo, non preventivo».

Ha accettato subito?

«Sì, il medico mi ha detto che sarebbe stato un aiuto importante per la cura, così ho rifatto tutti gli esami per essere valutata dall’équipe americana come paziente tipo idonea alla sperimenta­zione. Sono entrata nello studio a dicembre dell’anno scorso».

La ricerca è però a doppio cieco, cioè condotta su un gruppo di pazienti che assumono effettivam­ente il vaccino e su un altro al quale viene somministr­ato un placebo. Lei sa di quale fa parte?

«No, non lo sanno nemmeno i medici, viene svelato al termine della sperimenta­zione, cioè dopo un anno, o in caso di comparsa di gravi effetti collateral­i. Ed ecco perché io ho comunque iniziato, sempre a dicembre scorso, l’ immunotera­pia, salvavita.Ogni tre settimane faccio l’immunotera­pia, ogni sei il vaccino. ».

Come si sente?

«Io sono convinta di assumere il vaccino, non il placebo, perché dopo l’iniezione per giorni mi fa molto male il braccio, ho la nausea, mi gira la testa, mi mancano le forze. Il giorno successivo all’inoculazio­ne non mi alzo dal letto. Tutto questo conferma la mia convinzion­e e mi supporta moralmente, mi dice che sto facendo la cosa giusta».

Non è stressante questa continua trasferta?

«Sì, sono distrutta, torno piangendo dai dolori e con la febbre, sono sempre stanca e ho male alle ossa. Ed è anche un costo non indifferen­te. Le cure sono gratis, non pago nemmeno il ticket, ma di treno vanno via almeno 200 euro ogni volta e poi c’è la notte in albergo. Ho chiesto all’Azienda sanitaria di Trento il rimborso del treno, sono una madre di famiglia costretta a curarsi dall’altra parte d’Italia per una malattia altrimenti mortale perché a casa mia non sono stati in grado di farlo, ma fa resistenza. I dirigenti con cui ho parlato continuano a dirmi che mi daranno una risposta a breve e invece non arriva mai e da settembre metà del mio stipendio se ne va in questo pellegrina­ggio della speranza».

Ma almeno le terapie cominciano a dare risultati?

«Sì, il dolore a orecchio e collo è sparito, così come le metastasi, ora la Tac è pulita. Non ho mai mollato il lavoro, ho l a fo r t una di poter f a re smart working».

La sostiene anche l’orgogl i o di par te c i pare a una sperimenta­zione che potrebbe salvare milioni di vite?

«Sì. Lo faccio per me, ma potrebbe essere la salvezza per molte altre persone e curare anche altri tipi di tumore. Siamo solo all’inizio. Credo molto nella scienza, ci ha fatti evolvere e questo è un mio piccolo contributo».

❞ Le cure sono gratis, ma di treno vanno via 200 euro ogni volta e poi c’è la notte in albergo Ho chiesto all’Azienda sanitaria di Trento il rimborso del treno ma la risposta non arriva mai

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Cure Michela Bresciani, 45 anni, consulente del lavoro di Riva del Garda

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