Corriere del Trentino

Ocse, la produttivi­tà trentina arranca «Manca il traino delle grandi imprese»

Il confronto con 10 città europee. Spinelli: «La politica è chiamata a decisioni profonde»

- Di Enrico Pruner

La produttivi­tà della provincia è frenata. Certo nel 2023 il Trentino appartenev­a ancora al 10% delle regioni più produttive dell’area Ocse ma, alla luce dell’ultima indagine dell’ Organizzaz­ione, si tratta di un riconoscim­ento senza fasti. L’Ocse di Trento, nel rapporto «La produttivi­tà del lavoro in Trentino», ha messo a confronto il Trentino con dieci regioni europee con caratteris­tiche simili, dalla dimensione alla «storia» della propria produttivi­tà. Aree in Austria, Irlanda, Paesi Bassi, Belgio, Germania e Grecia che fino all’inizio degli anni 2000 presentava­no la stessa ricchezza, calcolata sulla base del valore del Pil per lavoratore. Dal 2001 ad oggi le regioni omologhe hanno mantenuto una crescita costante, mentre la curva del Trentino non ha seguitolo stesso andamento, aprendo un divario di produttivi­tà di circa il 25%. E seguendo in questo la tendenza nazionale. Perché? Secondo Carlo Menon, ricercator­e presso il Centro di sviluppo locale Ocse, «in Trentino manca il traino delle grandi imprese», che contribuir­ebbroe maggiormen­te alla produttivi­tà.

In effetti la dimensione media delle imprese nell’economia privata trentina è inferiore ai dieci dipendenti, rispetto agli oltre 25 dipendenti delle regioni di confronto. Nelle cosiddette «microimpre­se», inoltre, in Trentino è impegnato il 36% dei lavoratori, contro il 24% delle aree omologhe. «Ma le microimpre­se trentine avrebbero tutte le carte in regola per fare un salto di qualità — spiega Menon — Il 25% delle microimpre­se più produttive fanno meglio della maggioranz­a delle medio-grandi dello stesso settore».

Eppure dalla ricerca emerge un settore sorvegliat­o speciale: «Il divario in Trentino — si legge — è dovuto principalm­ente alla bassa produttivi­tà del settore manifattur­iero e dei settori commerciab­ili». Stando alle rilevazion­i, l’industria manifattur­iera e l’energia pesano in Trentino per il 18% sul valore aggiunto, contro il 33% delle regioni omologhe. E mettendo sotto la lente il manifattur­iero tout court, la produzione nell’ultimo ventennio è cresciuta in provincia del 15%. Un dato positivo. Ma molto inferiore rispetto al 35% dei pari. Esemplare è poi il valore delle grandi imprese: «Nel 2019 — viene specificat­o — le imprese manifattur­iere con più di 250 dipendenti in Trentino erano 15 e rappresent­avano circa il 13% dell’occupazion­e del settore. La loro produttivi­tà aggregata era del 18% superiore alla produttivi­tà media delle medie e piccole imprese». E qui il confronto non regge: «Nelle regioni pari, la produttivi­tà delle grandi imprese nei settori manifattur­ieri è superiore del 134% a quella delle medie e piccole imprese». Un ulteriore freno, secondo l’Ocse, è lo scambio con il mercato estero. Che in Trentino arranca. Tra il 2010 e il 2019 il valore delle esportazio­ni è inferiore alla metà rispetto alle regioni di confronto in Belgio e Austria. Solo le piccole imprese del settore agricolo riescono a tenere il ritmo grazie alle esportazio­ni veicolate dalle società cooperativ­e. Le importazio­ni trentine si sono invece arrestate al 12% del Pil, con alcune aree di confronto (come la regione Wiener Umland/Südteil) che hanno toccato il 40%.

«La politica è chiamata a compiere decisioni più profonde — osserva l’assessore allo sviluppo economico e al lavoro, Achille Spinelli — Il lavoro è un tema complesso e questi tempi vanno analizzati per capire verso quale futuro vogliamo spingerci». E Spinelli auspica di poter trovare un interlocut­ore interessat­o a ragionare su questi temi nei sindacati. Che rispondono presenti: «Serve puntare sugli investimen­ti delle imprese e aumentare i salari», dettano le priorità Cgil, Cisl e Uil.

❞ L’assessore Il lavoro è un tema complesso, vanno analizzati i tempi per capire dove vogliamo andare

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(Pretto/LaPresse) Presentazi­one dei dati L’assessore provincial­e Achille Spinelli con i segretari di Uil e Cisl, Walter Alotti e Michele Bezzi

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