«Restano aperti grazie ai gettonisti, potenzino i consultori»
La dirigenza medica: personale sottoutilizzato
«È dal 2005 che se ne parla». Fulvio Campolongo, presidente regionale di Anpo (Associazione nazionale primari), allarga le braccia. «Il problema dei punti nascita periferici non è di tipo economico — afferma — altrimenti non si farebbe neppure la protonterapia. In sanità gli investimenti si fanno e talvolta con costi importanti. Il vero tema è la sicurezza ed è il motivo per cui molte donne che abitano nelle valli vanno a partorire a Trento». Per Campolongo anche il fatto che i sanitari vengano sotto utilizzati, tema stimatizzato dalla Sezione di Controllo dell a Corte dei Conti, passerebbe in secondo piano se venisse garantita la sicurezza. «Siamo tutti d’accordo sull’importanza di fornire un servizio alle comunità di montagna, ma bisogna ragionare in termini di appropriatezza». Per il presidente di Anpo «non è pensabile che si mantenga una qualità della prestazione con un parto ogni tre giorni. È un momento davvero importante per la vita di una donna e della famiglia, mettere a rischio tutto questo per tenere aperto un punto nascita non ha senso. La dimostrazione è Tione: l’hanno chiusa senza particolari sofferenze. L’apertura non sia una scelta ideologica. In montagna puoi tenere aperti tanti servizi, potenziando anche i consultori». È della stessa idea Marco Scillieri, segretario dell’Anaao-Assomed, e riflette sul personale: «È sotto utilizzato, è davvero uno spreco. Inoltre nei punti nascita di Cles e Cavalese si fa molto uso dei medici gettonisti perché difficile trovare qualcuno che per scelta vada a lavorare in periferia in una realtà dove c’è un parto ogni tre giorni. Una donna su due va a partorire altrove quindi anche dal punto di vista politico non capisco questa ostinazione». Secondo Scillieri c’è un problema di sicurezza sia per il personale che per le partorienti. Poi aggiunge: «Mi sorprende, come ha detto il dottor Giancarlo Ruscitti in un incontro, che la commissione ministeriale abbia garantito l’apertura dei due punti nascita per tutto il 2024. Mi chiedo che numeri abbia visto. Sotto un certo numero di parti è rischioso tenere aperto. Si è sempre parlato di un minimo di almeno 300 parti, ma qui ne abbiamo poco più di cento — spiega — . Oltre a un certo limite si mette a rischio anche chi lavora. Ci sono pochi colleghi che hanno voglia di andare in periferia a lavorare con questi numeri, poi c’è la pediatria. A Trento c’è un neonatologo, ma a Cavalese chi ci va ? » . Il segretario dell’Anaao-Assomed poi pone l’accento sull’età delle future mamme. «La maggior parte ha più di trent’anni, è naturale che vogliano essere sicure e quindi si rivolgano a strutture più grandi».