Corriere del Trentino

Il sindaco di Cavalese apre «Disponibil­i al confronto» I sindacati: «Vanno chiusi»

Ioppi (Ordine): operatori frustrati. Si punti a reparti di eccellenza come Arco

- Massimilia­no Cordin Dafne Roat

Quello dei punti nascita è certamente un tema divisivo. Soprattutt­o dopo aver appreso, con l’analisi condotta dalla Sezione di Controllo della Corte dei Conti di Trento, come partorire negli ospedali di C a va l e s e e C l e s c o s t i q u a s i quattro volte in più rispetto a T r e n to e Rove r e to . « S i a mo convinti dell’importanza dei punti nascita presenti anche nelle vallate trentine ma, allo stesso tempo, crediamo nella scienza — spiega il sindaco di Cavalese, Sergio Finato —. Per questa r a gi one, qual or a gl i esperti ci dicessero che con l’attuale numero di nascite, partorire non sarebbe più sicuro, dovremmo aprire un nuovo dibattito. Il tema centrale, infatti, secondo noi, non è quello economico, bensì quello degli standard di sicurezza che devono essere assolutame­nte rispettati. Non possiamo pensare di tenere aperti i punti nascita, diminuendo però le ris o r s e d e s t i na te e q u i ndi la qualità dei servizi erogati. La nostra non è una posizione pregiudizi­ale e quindi siamo c o munque d i s p o n i b i l i p e r confrontar­ci con l’assessorat­o, senza volerci incaponire su alcuna scelta finale».

I numeri, relativi ai parti del 2022, mostrano come a Cavalese ce ne siano stati 132, mentre, a Cles 242. Ben lontani, quindi, dalla soglia dei 500 annui che gli esperti indicano come limit e mi n i mo n e c e s s a r i o p e r l’apertura di un punto nascita. E i primi mesi del 2024 non fanno registrare un cambio di rotta con poco più di 40 nati nell’ospedale fiemmese. «Siamo da sempre contrari al fatto di permettere di partorire negli ospedali periferici — analizza il segretario generale della Cgil del Trentino, Andrea Grosselli —. Non perché non riteniamo importanti i servizi offerti nelle vallate, ma perché crediamo centrale il tema della tutela delle donne e del nascituro. E, con i numeri che registriam­o nei punti periferici, gli esperti ci dicono che è difficile rispettare i livelli di qualità e sicurezza necessari. A testimonia­rlo sono anche le mamme che abitano in quelle zone che, molto spesso, per partorire preferisco­no spostarsi a Trento o Rovereto. La provincia di Bolzano già da tempo ha chiuso la maggior parte dei punti nascita periferici, senza che nessuno si sia lamentato. Dovremmo fare altrettant­o». Il segretario della Cgil Trentino, Grosselli prosegue poi nel ragionamen­to: «Le risorse ottenute dalla chiusura dei centri potrebbero essere destinate ai percorsi nascita. In q u e s to modo ci sarebbero maggiori fondi per tutte quelle a t t i v i t à c he possono e s s e re compiute a domicilio. Se il parto può essere gestito anche nei centri più grandi, per il prima e per il dopo è importante poter contare su un’assistenza profession­ale e radicata in zona». Se a Trento un parto costa mediamente 5.200 euro e a Rovereto 4.823 euro, a Cavalese, la cifra è pari circa a 20.298 euro, mentre, a Cles circa 17.621 euro. «Il problema pri nci pal e non è quello economico. Si tratta di una cifra ridotta rispetto alla spesa totale della sanità trentina — argomenta il segretario della Cisl Funzione pubblica, Giuseppe Pallanch —. Quella relativa ai punti nascita è un’analisi complicata: ci si scontra con gli interessi e le aspettativ­e delle periferie e quindi delle popolazion­i che vi abitano. Il nostro pensiero è che sia importante aiutarli, garantendo loro i servizi necessari. Nonostante, per farlo, magari, debbano essere investite maggiori risorse rispetto ad altri territori». Sul tema è intervenut­a anche la Uil che attraverso le parole del segretario generale del Trentino Walter Alotti e del segretario generale della Uil Fpl Sanità del Trentino, Giuseppe Varagone, hanno ricordato come «i numeri di nascite, registrati negli ospedali periferici, continuano a diminuire. Pertanto è importante garantire la sicurezza delle partorient­i e dei profession­isti sanitari che vi ci lavorano. Anche se la situazione delle liste d’attesa nei diversi ambiti pare migliorata, di certo per esperienza di tanti cittadini e cittadine trentine il ritorno progressiv­o alla normalità è ancora lontano».

Il presidente dell’Ordine dei medici, Marco Ioppi, non ha mai nascosto il suo pensiero sul futuro dei punti nascita: «Ostacolano le eccellenze degli altri reparti», afferma. E chiarisce: «Basti pensare a ortopedia e chirurgia. Nelle giornate in cui ci sono i parti e quindi la sala operatoria deve libera per questi non si possono effettuare interventi. E lo dico senza polemica. Abbiamo bisogno di risorse e medici per abbattere le liste d’attesa, non si può avere del personale che non fa nulla e pazienti costretti ad andare fuori provincia per operarsi?». Per Ioppi bisogna pensare «all’efficienza dell’ospedale, ma anche alla sicurezza dei pazienti e degli operatori. Abbiamo ginecologi­ci, ostetriche che lavorano in una condizioni di gr a nde di s a gi o » . Ioppi è preoccupat­o per il personale «che è sottoutili­zzato e vive in una condizione di forte frustrazio­ne e va a squalifica­rsi perché perde di competenza a causa della carenza di attività, questo aspetto va considerat­o». Per l’Ordine bisogna pensare ai servizi sussidiari e valorizzar­e gli ospedali con «reparti di eccellenza come è stato fatto ad Arco con la PMA o a Tione con l’ortopedia, in questo modo diventano attrattivi».

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Val di Fiemme L’ospedale di Cavalese ospita un punto nascita. Il sindaco apre alla possibilit­à di un nuovo confronto sul futuro del reparto, considerat­i i numeri

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