Buonconsiglio I 100 anni del castello
Ieri il museo ha aperto le porte alla città: in dieci anni ha accolto 3 milioni di visitatori Il futuro tra mostre e intelligenza artificiale
Il museo del Castello del Buonconsiglio ha compiuto cento anni. Era l’aprile del 1924 quando Giuseppe Gerola, primo soprintendente italiano e primo direttore del museo, aprì alcune sale con le opere che i neo-italiani avevano rivendicato di fronte alle istituzioni culturali dell’ex impero austroungarico. Da allora l’evoluzione è stata costante. Quella che fino alla secolarizzazione dell’episcopato nel 1803 fu la residenza dei principi vescovi, oggi conserva decine di collezioni e mostre che ripercorrono la parabola storica del Trentino dalle prime fasi di popolamento agli sconq u a s s i d e l l a p r i ma g u e r r a mondiale, quando il Castello era già stato riadattato a caserma. Un filo rosso che tiene insieme il paleolitico superiore con le lotte dell’irredentismo trentino, quelle di Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano chiesa, che nelle prigioni del Buonconsiglio furono prima rinchiusi e poi, nel fossato retrostante il Castello, uccisi.
Ieri, un secolo dopo la prima inaugurazione, il luogo simbolo della provincia ha spalancato le porte ai trentini. Il museo è rimasto aperto fino alle 20 con ingresso gratuito, i giardini accessibili fino a mezzanotte e via Bernardo Clesio chiusa dalle 18.30 per lasciare spazio agli eventi. Già dalle prime ore della mattina gli ingressi delle sale erano presidiate da grovigli di visitatori in fila. In oltre 4 mila, secondo una prima conta, hanno affollato il museo. E i numeri, in ef
fetti, pesano il successo: nel 2023 gli ingressi hanno toccato quota 300 mila. 3 milioni di visitatori negli ultimi dieci anni, contando anche le sedi aggregate di Castel Beseno, Castello di Stenico, Castel Thun e Castel Valer, che hanno permesso di inserire il Buonconsiglio tra i dieci castelli più visitati d’Italia. Nel 2023 è arrivato anche l’affidamento in gestione di Palazzo Taddei e di Palazzo Malfatti di Ala: «Un sistema museale diffuso», lo ha
definito la sua direttrice Laura Dal Prà, che più dei numeri ha però fatto valere l’emozione. La commozione che, con discrezione, si è lasciata sfuggire alla fine del suo intervento, è forse ancora più riassuntiva delle classifiche: «Se non avessimo memoria della nostra storia soffriremo di un’insidiosa condizione di spaesamento — ha spiegato Dal Prà — come se si entrasse in una stanza vuota. Ma alla nostra umanità, prima ancora che al
la nostra cultura, occorre che nella stanza si possano trovare delle radici». Il merito di averle conservate, queste radici, è stato unanimamente riconosciuto a Gerola, cui ieri è stata intitolata la sala dove si sono tenuti gli interventi istituzionali, finora conosciuta come «Maragonerie».
«I musei, ricordiamolo, sono istituzioni permanenti al servizio della società — ha osservato Francesca Gerosa, vicepresidente della Provincia — Questo non è soltanto un luogo di conservazione, ma un centro che promuove la cultura, la diversità e la partecipazione. Un faro luminoso per la nostra identità». E lo confermerebbe il motto scelto per il centenario, «Conosci te stesso», preso a prestito dal tempio di Apollo a Delfi e scolpito nello specchio marmoreo del cinquecentesco della Loggia veneziana. «Nel museo possiamo scoprire la nostra storia — così la vicesindaca di Trento Elisabetta Bozzarelli — conoscere il passato permette
di trovare le radici profonde con cui guardare al futuro». Il museo ha ormai assunto una «posizione di prim’ordine anche sotto l’aspetto educativo» per il prefetto Filippo Santarelli, mentre il vicario generale don Claudio Ferrari, invita a «non guardare il passato in maniera distaccata, per fare le scelte migliori».
Con un «occhio fiducioso» sul futuro, Dal Prà mette sotto scrutinio l’intelligenza artificiale: «Grazie all’Ia possiamo individuare i falsi di opere d’arte o ricomporre i pezzi delle centinaia di affreschi che troviamo sotto la pavimentazione delle chiese senza impiegarsi anni». Ma precisa: «Dobbiamo stare attenti e applicare il nostro senso critico per difenderci dalle derive». Un ulteriore freno? «Il sistema normativo», ha tagliato corto la direttrice, che sul fronte d e l l a g e s t i o ne d e l l e o p e r e d’arte non riuscirebbe ad aggiornarsi alla stessa velocità della tecnologia.
La direttrice Dal Prà «Se non avessimo memoria della nostra storia soffriremmo di spaesamento»