«L’ospedale S. Chiara deve essere mantenuto Ciclovia da ripensare»
Il consigliere: nelle valli investiamo sui servizi
«Ho sempre sostenuto che l’obiettivo primario non deve essere quello dei costi, ma la qualità dell’assistenza e la sicurezza». La premessa è doverosa. Prima da medico e poi da politico, il consigliere provinciale Francesco Valduga (Campobase) ci tiene a precisare che «l’autonomia ci impone di trovare modelli innovativi che siano adatti al territorio alpino, ma deve essere garantita la qualità e ci sono servizi che possono essere fatti in prossimità, altri che vanno centralizzati». Sintetizzano: i punti nascita vanno centralizzati. «L’attenzione alla difficile orografia c’è», ma «non si può trascurare il dato di letteratura», afferma, lanciando un messaggio al presidente Maurizio Fugatti. «Meglio puntare sui servizi», consiglia Valduga e allarga la riflessione all’ospedale Santa Chiara: «Va mantenuto».
L’assessore Mario Tonina vuole riaprire la riflessione sui punti nascita, ma il presidente Maurizio Fugatti è stato tranciante: «Non si chiudono». Secondo lei, alla luce anche dei dati, negli ospedali di valle bisognerebbe investire su altri reparti o specialità?
«Mettere insieme il rispetto della qualità dell’assistenza e della sicurezza con il fatto di essere un territorio difficile e che la montagna, su questo siamo tutti d’accordo, vada abitata, non significa che si possa fare tutto ovunque. È fondamentale la qualità e la sicurezza delle mamme, ma anche degli operatori. In quest’ottica si può pensare a servizi di qualità fatti in prossimità come i percorsi nascita, la scrematura dei casi più difficili e i servizi post. I bambini possono nascere altrove ma poi tornano a casa e vanno seguiti».
Servono più investimenti sui servizi?
«Certo e questo vale per i bambini, gli adulti e anche gli anziani. Oggi, forse, a fronte dell’invecchiamento della popolazione c’è più necessità di implementare altri ambiti. Se si ha a cuore il territorio bisogna pensare a dare un servizio di qualità a tutti e quindi si può pensare di investire in altri ambiti per presidiare la salute e garantire servizi di prossimità».
Sarebbe favorevole alla chiusura del punto nascita di Cles mantenendo aperto Cavalese. Stando ai dati la maggior parte delle mamme della val di Non e Sole partoriscono a Trento.
«Non si può prescindere dai dati che ho appena detto ed è dentro questi dati che si deve decidere se tenere aperto o chiuso un reparto. La logica non è quella della “mors tua vita mea”. A me interessa che tutti i punti nascita e gli ospedali siano valutati con i criteri della qualità e della sicurezza dell’assistenza, in un’ottica complessiva che vede la sanità trentina come sistema ospedaliero ma anche come integrazione ospedale e territorio».
Sempre in tema di sanità, la Provincia è fiduciosa sui tempi per la realizzazione del nuovo ospedale, ma il Santa Chiara è una struttura vecchia e ha bisogno di molti interventi. Resisterà?
«L’ospedale Santa Chiara da anni subisce interventi di ristrutturazione, è un ospedale di riferimento e deve resistere. Dico di più: il nuovo ospedale per come stato pensato, diventerà un polo universitario, sarà il riferimento per tutto il Trentino per patologie di secondo livello e questo deve portare la città di Trento a difendere il proprio ospedale». Può spiegarsi meglio?
«Il nuovo ospedale non sarà identico dal punto di vista della funzione al Santa Chiara, per questo ha senso ristrutturarlo. Se diciamo che gli ospedali di valle hanno un senso per alcuni tipi di cure, come le cronicità, mentre il nuovo ospedale sarà il punto di riferimento per specialità e acuzie, il riferimento per i residenti di Trento per le cronicità sarà il Santa Chiara».
In tema di grandi opere, Fugatti tifa per la Valdastico nord, lei è sempre stato contrario, ha cambiato idea?
«Sono convinto che il progresso debba passare su altre vie: trasporto su rotaia e innovazione tecnologica. A parte questo, mi chiedo quale sia il vantaggio economico di questo tracciato, che, secondo quanto concordato con il Veneto, arriverà a Laste Basse
La Valdastico è un’opera invasiva e non porterà benefici economici
e per raggiungere Rovereto si dovrà tornare indietro. Se si fa una sorta di C rovesciata si continuerà a preferire la Valsugana perché altrimenti si è costretti a tornare indietro, percorrendo una strada a pagamento. Se poi vogliamo parlare di sviluppo economico, abbiamo ormai capito che lo sviluppo si ottiene attraverso la coniugazione tra sostenibilità ed esigenze economiche. Non possiamo essere a favore di un’opera che è invasiva dal punto di vista ambientale e paesaggistico e non porterà benefici economici al territorio».
La Ciclovia del Garda era un progetto del centrosinistra, ora non convince più?
«Immaginare di promuovere ciclabili non può che trovarci d’accordo, ma poi bisogna fare i conti con la realtà fisica di un luogo e la sicurezza. Se c’è una pericolosità dal punto di vista idrogeologico bisogna fermarsi e rivedere il progetto. Per la mobilità turistica si può sfruttare l’acqua. Ma dentro questo ripensamento vanno coinvolti tutti i comuni, non solo trentini, e la comunità del Garda».
Ha fatto discutere la decisione di spostare 12 minori stranieri da San Vito a Trento, cosa ne pensa?
«Ho sempre detto che si dovrebbe immaginare un sistema di accoglienza diffusa perché è garanzia di una maggiore e più efficace possibilità di integrazione».
Elezioni a Rovereto, il centrosinistra vincerà?
«La coalizione guidata da Giulia Robol ha espresso delle liste con persone competenti e un bel mix di continuità ed esperienza e opportuna rigenerazione dall’altra. Le condizioni per fare bene ci sono tutte».