Il «mondo al contrario» di Kaswalder e il complice mutismo della maggioranza
L’utilizzo del Consiglio provinciale, fatto a uso e consumo personale da parte di un suo eletto, chiama in causa il senso civico di un patrimonio immateriale, la libertà di espressione. Esso è confronto, argomentazione, tolleranza, rispetto.
Ho troppo riguardo dell’ Aula consiliare per trascinare, pur avendone ampio titolo, il suo ex presidente a rispondere in un’aula di tribunale di quanto affermato l’altro giorno in diretta televisiva.
Lo smentiscono due sentenze, e le relative rigorose motivazioni in mio favore dicono quello che c’è da sapere, al netto di minacce, allusioni, abusi verbali, diffamazioni, bullismi istituzionali. Da quelle aule di giustizia in cui parlano fatti, circostanze e prove, sono usciti verdetti che nello stato di diritto e non dei «dritti» contano, e che mi auguro saranno confermati in Cassazione.
Intanto però la strumentalizzazione fatta in aula, questa sì, dall’ ex Presidente, e purtroppo consentita dall’ inesperienza dell’attuale, hanno chiamato in causa chi non poteva difendersi e si è visto offeso e dileggiato non solo dal singolo ex Presidente del Consiglio, ma anche dal complice mutismo di una maggioranza silente e incapace di capire che, l’olezzo istituzionale, non conosce confini di scranno, ma li coinvolge tutti e 35. Non è accettabile che un eletto dal popolo approfitti del ruolo e nella sede istituzionale ufficiale e massima per miserabili vendette personali. È inaudito. Simili comportamenti sono una vergogna e soprassederevisi costituirebbe precedente inaccettabile.
L’Istituzione non può tollerare che il concime dell’Autonomia trasformi l’Aula in concimaia. Queste imboscate non sono di maggioranza o minoranza, appartengono a un «crimine istituzionale» del singolo che vanno bandite però sul nascere da tutti, senza schieramenti ideologici. La cittadina Maria, il cittadino Marco valgono in quanto tali e non per quello che votano.
All’eletto, lo dice la stessa etimologia, spetta un supplemento di impegno rispetto all’ordinarietà, e quanto accaduto rimanda invece all’esatto contrario. Se passano le logiche dell’ imbarbarimento istituzionale del silenzio assenso, quel Palazzo dell’ Autonomia non diventa più presidio democratico, ma pregiudizio democratico.
Sfido invece, molto laicamente, l’ex Presidente, se proprio animato da irrefrenabile incontinenza verbale, a un confronto pubblico franco e senza nascondimenti. Il «piccolo libro» da lui minacciato in aula potrebbe essere buona base di partenza, una sorta di bonsai del sovranismo autonomista, dal quale riscrivere il suo «Mondo al contrario», il mondo «K», e capire esattamente quale sia il suo pensiero.
Si abbandonino, ex Presidente, i venticelli della calunnia, della diffamazione: faccia in modo, ex Presidente, che questi venticelli non violino la sacralità di quel luogo per la quale la Comunità vivente e passata, cui seppur contromano fa riferimento, si sono spese, e per la quale anche le nuove generazioni meritano rispetto e nessuno sfregio.