«Norma datata e ideologica, va cambiata»
La famosa Legge 40 che regolamenta il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita risale ormai al 2004. Proprio per questo secondo il primario del centro di Pma di Arco, Arne Luehwink, è arrivato il momento di mandarla in pensione. «In Italia la procreazione medicalmente assistita esisteva anche prima del 2004 (la prima bimba nacque l’11 gennaio 1983, ndr), ma alla base della Legge 40 ci sono politiche ideologiche che non hanno nulla a che fare con i diritti delle persone». La norma, che oggi compie vent’anni, è infatti ancora molto restrittiva. È servito l’intervento della Corte costituzionale per togliere l’obbligo di impiantare tutti gli embrioni fecondati (fino a tre), ciò poteva portare a parti gemellari ma anche a complicazioni durante le gravidanze. Nel 2014 invece, è stato eliminato il divieto all’utilizzo di gameti donati, tuttavia in Italia praticamente non esistono donatori e il 98% dei gameti viene importato. La legge vietava inoltre la diagnosi pre-impianto ma la Corte costituzionale l’ha riammessa, in questo modo si possono impiantare solo embrioni sani evitando che un bambino nasca affetto da gravi patologie (comprese quelle mortali). Altra lacuna della legge riguarda la conservazione degli embrioni, che di fatto devono essere mantenuti in eterno con un grande dispendio di risorse. «Va trovata una soluzione — sottolinea il primario — ci sono embrioni vecchi di trent’anni, ma l’embrione non è una vita, si tratta di cellule che ipoteticamente possono diventarlo». Come se non bastasse la Pma non rientra ancora nei livelli essenziali di assistenza, ciò produce delle disuguaglianze fra le varie regioni. «Dopo i vari interventi abrogativi della Corte costituzionale penso che i tempi siano maturi per varare una nuova legge — conclude Luehwink — lo sviluppo scientifico è sempre più veloce delle norme, oggi serve un costrutto saggio e sano che includa anche la prevenzione».