Corriere del Trentino

Gogou dirige la Haydn «Cascata di melodie»

«La vedova allegra» di Lehár da oggi al Comunale di Bolzano

- Lucia Munaro

Èl’operetta forse più conosciuta e, sicurament­e, tra le più rappresent­ate nel mondo fin dal suo esordio a Vienna nel 1905. Die lustige Witwe (La vedova allegra) del compositor­e boemo Franz Lehár andrà in scena oggi, al Teatro comunale di Bolzano, (ore 20) in una nuova brillante coproduzio­ne delle Vereinigte Bühnen Bozen con la Fondazione Haydn. L’allestimen­to resterà in cartellone fino al 26 maggio ed è firmato dalla regista Susanne Lietzow. A dirigere l’Orchestra Haydn e il cast di cantanti che interpreta­no una ventina di personaggi, tra nobili, gigolò e grisette di Parigi, dove è ambientata l’operetta, e rappresent­anti del piccolo stato immaginari­o di Pontevedro, sarà la bacchetta della maestra Elisa Gogou.

Maestra Elisa Gogou, che cos’ha di speciale la partitura di Lehár e quali sono le difficoltà di affrontarl­a?

«L’orchestraz­ione dell’operetta è incredibil­mente ricca di colorature, con una grande gamma di strumenti e l’impiego delle percussion­i. La musica accompagna ogni scena, descrive un singolo bacio, un abbraccio o una civetteria. La difficoltà non è nella tecnica, come potrebbe essere un brano di Strauss, ma quella di rendere l’estrema fluidità della musica e come direttrice d’orchestra di riuscire a trasmetter­la».

A cosa si deve, secondo lei,

l’enorme successo che «La vedova allegra» riscontra da oltre un secolo?

«Musicalmen­te è una vera cascata di melodie, che sono diventate fin da subito orecchiabi­li. Lehár ha incorporat­o nella musica una serie infinita di balli, dalle mazurke ai valzer, alle polke. Il fascino viene dal folklore, dall’esotico insieme alla sensualità».

Com’è stata la collaboraz­ione con la regista Susanne Lietzow e come trova questo allestimen­to?

«Non avevo mai lavorato prima con lei, ma siamo state in sintonia da subito. Trovo il suo allestimen­to fantastico, ha un sacco di idee fantastich­e e geniali. La sua regia ha accentuato ulteriorme­nte gli aspetti della posizione della donna nella società, della libertà sessuale, dei rapporti personali tra i personaggi, che il libretto originale conteneva in parte. Ha aggiunto una dimensione politica, ambientand­o la storia negli anni Venti del secolo scorso e facendo del Principato di Pontevedro una dittatura. La scena dominata dal nero e dal luccichio di un enorme sipario argentato, parla di mistero e rispecchia la sensualità della musica».

Quale repertorio predilige dirigere?

« L ’ Ope r a , d e c i s a mente . Amo naturalmen­te anche il repertorio sinfonico, ma la dimensione del teatro musicale è più stimolante. È diverso dal rapporto con solo l’orchestra, dove tu sei al centro. Nell’opera fai parte di un processo creativo, ogni giorno cambia e si evolve, quindi vedi crescere qualcosa di nuovo che prima non c’era. E poi c’è il rapporto con tutto il team, alla fine ti senti parte di una grande famiglia e non vorresti che finisse mai».

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