González, dea del canto va in scena a Dobbiaco
La soprano domani sera con Ensemble Diderot e Pramsohler
Sul palcoscenico della Sala Gustav Mahler di Dobbiaco domani (ore 20) arriva come protagonista una delle giovani soprano più promettenti a livello internazionale: Adriana González. L’artista, originaria del Guatemala, ha v i n to i l p r i mo p r e mi o a l l ‘ «Operalia» di Placido Domingo nel 2019, conquistando il mondo dell’opera. A Dobbiaco, González presenta i tre grandi rondò di Mozart per Adriana Ferrarese del Bene e li accosta a capolavori di Giuseppe Sarti, Pasquale Anfossi, Angelo Tarchi e Vicente Martín y Soler. Adriana Gonzàles sarà accompagnata dall’Ensemble Diderot, guidati dal direttore basco Iñaki Encina Oyón. Il violinista altoatesino
Johannes Pramsohler eseguirà due rondò per violino e orchestra di Mozart.
Adriana Gonzàles, qual è la situazione della lirica in Guatemala?
«In Guatemala, il mio Paese, non esiste una compagnia d’opera consolidata. Ci sono le infrastrutture, il teatro nazionale comprende la sala Efraín Recinos, da tremila posti, una sala destinata alla musica da camera e un teatro all’aperto, ma lo stato non sostiene gli spettacoli lirici, che quindi rientrano sempre nell’iniziativa privata. Prima degli anni Cinquanta, l’opera era un genere vivace in Guatemala, ma metà dell’orchestra e molti artisti del coro morirono in un terribile incidente aereo, poiché la maggior parte di loro insegnava al conservatorio, ciò ha creato una carenza di insegnanti e la situazione solo ora sta cominciando a migliorare».
Come è riuscita a diventand re cantante lirica?
«Mia madre amava l’opera, ascoltava soprattutto i dischi degli ultimi anni della Callas. Quando ho sentito questi dischi, a 7 anni, sono rimasta perplessa, le ho c h i e s to : mamma, perché ascolti questo? Guardavo anche le trasmissioni d’opera in televisione, ma ero troppo piccola».
Quale genere musicale voleva cantare?
«Rock e jazz, ma il mio insegnante mi ha detto: qualunque cosa tu voglia cantare, impara la tecnica classica, così sai come funziona il corpo per creare il suono. Mi ha regalato spartiti di arie antiche e dischi registrati da Cecilia Bartoli e Dmitri Hvorostovsky. È lì che mi sono innamorata delle voci operistiche».
Come sceglie i nuovi ruoli?
«Ci sono quattro persone che mi consigliano, con cui lavoro per ogni ruolo, Iñaki, che conosce la mia voce dall’inizio, Michelle Wegwart, che insegnava all’Accademia dell’Opera di Parigi e che ho mantenuto come insegnante, Hedwig Fassbender e René Massis, il mio agente, un’enciclopedia vivente».
Qual è il segreto per sostenere la fatica del suo lavoro?
«Dopo una serie di esibizioni ho bisogno di pensare a quello che ho appena fatto. Lascio riposare la voce. Consulto un osteopata per ritemprare il corpo dopo lo sforzo fisico di una produzione d’opera. Ci sono anche viaggi, partenze, valige grandi da trasportare. Ogni persona deve trovare il proprio ritmo».
Ricordi «Mia madre quando ero bambina ascoltava la Callas»