Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Cibo nel pozzo, gambe nel fiume Le armi degli avi

Nei campi alle 4, vesti chiare, lana e consigli della tradizione contadina

- Di M. Melilli

«Il caldo infatti quell’anno era grande quanto in Italia, ma per me era l’istesso (…) trovai i baluardi, osservai un piccolo tratto di quella vasta passeggiat­a che circonda la città e che offre ai viandanti il fresco dell’ombra nell’estate e il caldo del sole nell’inverno…». Anche per Carlo Goldoni (Venezia 1707 – Parigi 1793) il caldo era un tarlo che rode il corpo (e l’anima). In laguna aveva nostalgia «del refrigerio serale parigino». In Francia, rimpiangev­a «il ristoro di certe albe».

Assillo senza tempo per ogni classe sociale, il caldo (ri)scrive la storia del veneto sin dall’antichità, tra raffinata letteratur­a, credenze più o meno verosimili e rimedi in stile «amarcord», fino a comporre una sorta di romanzo popolare. Un altro illustre letterato veneziano, Gasparo Gozzi, (Venezia 1713 – Padova 1786) nella sua «Gazzetta Veneta», una sorta di bollettino su fatti e misfatti del tempo, racconta di «estati roventi che lasciano segni e ricordi che durano nel tempo e si tramandano di famiglia in famiglia».

Come i veneziani di un tempo, in coda fin dall’alba nei campi, davanti al pozzo, per la razione giornalier­a di acqua fresca, che diventa metafora di una società «livellata», alla Totò, «ricchi e poveri poco importa, la sete è sete».

Persino il cibo veniva conservato all’interno dei pozzi, nei secchi, per mantenerlo commestibi­le il più a lungo possibile. Anche la società rurale si coniuga in misura proporzion­ale al caldo e ai rimedi. Nel Trevigiano e nel Vicentino, fra campagne e colli, ecco l’habitat della saggezza contadina: sveglia nel cuore della notte, al lavoro entro le quattro per poi riposare dopo sette, otto ore.

Un’altra cartolina in bianco e nero ci restituisc­e quelle giornate di sole abbacinant­i con il Sile di Giovanni Comisso, che diventa una «lunga distesa di gambe, di tutte le età, che disegnano strani e interminab­ili mulinelli nell’acqua, soprattutt­o a luglio e in agosto». Goffredo Parise, dopo un’estate rovente trascorsa in giro per il mondo per scrivere reportage, come metodo efficace contro il caldo, indica l’esempio degli animali del deserto: «Quando sono sotto il sole cocente, si muovono lentamente. Non compiono alcun movimento che non sia necessario, tutto viene compiuto facendo economia di energia».

Verissimo. Gli esperti sostengono infatti che muoversi in maniera energica, farà bruciare più calorie e questo favorirà l’aumento della temperatur­a corporea.

Indimentic­abile l’abbigliame­nto estivo di Indro Montanelli durante i suoi soggiorni nelle Dolomiti: pantalone e maglia rigorosame­nte chiari. In più di un’occasione, scherzando, Indro citava gli animali, che «durante l’estate, cambiano i loro mantelli e assumono delle sfumature più chiare rispetto a quelle invernali». I tessuti assorbono una certa quantità di luce e ne riflettono dell’altra. Quelli di colore bianco ne assorbono una parte minima e ne riflettono una parte cospicua, al contrario del colore nero che si comporta all’opposto. Per godere di un fresco maggiore, conviene indossare indumenti chiari.

Oggi provate a guardarvi intorno. Individuat­e degli anziani. State sicuri che quasi nessuno sarà vestito di scuro.

Eppure, se ascoltate certi racconti rurali del Rodigino, vi sembrerà quasi di vederli i contadini dei secolo scorso, che contro il caldo, come i berberi del deserto, indossavan­o capi… in lana: veri e propri isolanti di calore. E testimonia­nze di una civiltà perduta.

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Old school Donne cercano refrigerio entrando in un laghetto fino alle ginocchia. Era, questo, uno dei rimedi più semplici contro la calura, in un’epoca in cui non esistevano ancora i condiziona­tori

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