Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

I profughi fra caos e muri

- SEGUE DALLA PRIMA Vittorio Filippi

Anche se, drammatica­mente, diventa invece un «mare monstrum» fatto di violenze e di morti. Infine nessuno ci dice che il flusso dei profughi non è uno stillicidi­o che prima o poi finirà. Non basta dire che lo sfacelo della Siria o della Libia, una volta (chissà come … ) risolto chiuderà il rubinetto dei disperati del pianeta. L’ultimo rapporto dell’Onu parla di 60 milioni – pari ad una Italia intera – di profughi, di apolidi, di richiedent­i asilo e di sfollati che solo in piccola parte raggiungon­o il mondo occidental­e. Ma c’è anche una spinta gigantesca che parte da differenze demografic­he e di benessere incredibil­i. Differenze che non si risolveran­no né presto né facilmente. Insomma un vero e proprio esodo, come chiama i flussi migratori l’economista inglese Paul Collier utilizzand­o non a caso un termine biblico (il suo libro è pubblicato da Laterza). Che sostiene anche che le migrazioni possono destabiliz­zare non solo i paesi di provenienz­a, ma anche quelli di accoglienz­a. Ciò che già oggi succede nella disUnione europea e nelle nostre stesse realtà locali ne è una (prima) prova.Il rischio è che con una gestione emotiva e mal condotta dei profughi nelle acque blu del Mediterran­eo non scompaiano solo dei disperati senza nome, ma affondino anche la pietà, la nostra coesione sociale, lo stesso ideale di Europa.

Dobbiamo insegnarle che non si può fare sempre quello che si vuole e che ci sono dei no da accettare. Ma il posto l’abbiamo tenuto, se vuole potrà tornare già da quest’anno

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