Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Faremo saltare Rialto». Fermata cellula jihadista
Blitz a Venezia Arrestati 4 kosovari, un indagato a Treviso. «Ci guadagneremo il Paradiso». Gli inquirenti: «Pronti a colpire»
VENEZIA «Metti una bomba a Rialto. Guadagni subito il Paradiso per quanti miscredenti ci sono». E’ una delle intercettazioni alla base dell’inchiesta condotta dalla procura Antiterrorismo che ha portato alla scoperta di una cellula jihadista nel cuore di Venezia. Quattro gli arresti, tra cui un ex foreign fighter dalla Siria, e un minorenne. Regolari, camerieri stagionali. Secondo diverse fonti, il loro attacco poteva essere «imminente».
VENEZIA La speranza di diventare dei martiri («Dobbiamo morire, noi… perché non possiamo prendere questa terra, se abbiamo questa possibilità perché non sfruttarla!») e quella di riuscire a uccidere i kuffar, gli infedeli: «Se domani faccio il giuramento e mi danno l’ordine, sono obbligato a ucciderli tutti». E poi c’è il sogno più grande, quello che da solo basterebbe a garantire un’immortalità guadagnata sul sangue di vittime innocenti: farsi esplodere nella città che ospita le reliquie di San Marco. Perché? «A Venezia guadagni subito il paradiso per quanti miscredenti ci sono qua. Metti una bomba a Rialto (…) Sì, e poi buttarla e… bum! bum!».
Follia jihadista nel cuore del Veneto. La Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo di Venezia ha coordinato un’indagine di polizia e carabinieri culminata la notte scorsa con un doppio blitz che ha portato all’arresto di tre uomini e il fermo di un minorenne. Il sospetto è che stessero per mettere in atto un attentato sul Ponte di Rialto, uno degli emblemi della città, visitato da milioni di turisti ogni anno.
In carcere sono finiti tre giovani che lavoravano come camerieri nei ristoranti di Venezia. Si tratta di Arjan Babaj, un ventisettenne nato nell’ex Jugoslavia e considerato l’ideologo del gruppo; Dake Haziraj, 26, e suo cugino (e coinquilino) Fisnik Bekaj, 24 anni, tornato nella città lagunare dopo aver combattuto in Siria. Vivevano a due passi da piazza San Marco. Sottoposto a fermo, invece, il minore A.M. che probabilmente era la vittima sacrificale: il kamikaze che doveva farsi saltare in aria per uccidere quanti più «miscredenti» possibile.
Le indagini erano partite lo scorso anno, al rientro del foreign fighter dal Medio Oriente. «L’abbiamo tenuto sotto controllo, senza mollarlo un attimo», assicura il procuratore Adelchi d’Ippolito. In poco tempo, gli investigatori hanno ricostruito la sua rete di amicizie e scoperto che il gruppo aveva trasformato l’appartamento di Bekaj in un covo. «All’interno ospitavano connazionali, pregavano e guardavano video di propaganda dell’Isis per poi discuterne». Babaj si era auto-proclamato imam, gestiva la predicazione ed era diventato il leader. «Era lui - spiegano gli investigatori - a istigare gli altri».
Nel covo si faceva davvero di tutto. «Si autoaddestravano a compiere attentati - spiega d’Ippolito - facevano esercizi fisici per mantenersi in forma e seguivano dei tutorial su internet per affrontare combattimenti con il coltello, imparando come uccidere in modo rapido ed efficace». Non solo: «Studiavano come costruire delle bombe rudimentali e avevano già fatto delle simulazioni»
L’altro fronte era quello del web. Bekaj e Haziraj erano delle piccole star di Instagram, con un profilo seguito da oltre diciottomila persone. È lì che pubblicavano citazioni del Corano e filmati inneggianti allo Stato Islamico. E sempre sui social network inneggiavano agli attentati compiuti in Europa. Perché, in fondo, era proprio quello il loro obiettivo: colpire Venezia significa sfregiare uno dei simboli della Storia dell’intero Occidente cristiano. Il gip, nell’ordinanza con la quale ha ordinato l’arresto dei tre maggiorenni, parla di un pericolo «attuale». E lo dimostra anche la brusca accelerata impartita alle indagini, con la richiesta di arresti avanzata appena lunedì dal pubblico ministero Francesca Crupi e accolta dal giudice nell’arco di poco più di ventiquattr’ore.
Non appena giunto il via libera, è scattato il blitz all’interno di due appartamenti, condotto in collaborazione con i reparti speciali. L’«assalto» è partito alle 4 del mattino e le nostre «teste di cuoio» hanno impiegato 12 secondi per entrare in casa e immobilizzare i quattro sospettati.
Il procuratore non ha dubbi: «Questa notte sono stati assicurati alla giustizia quattro terroristi veramente pericolosi».