Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Da Meriem a Karamalesk­i combattent­i, imam e invasati Tutti i veneti dello Jihad

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VENEZIA L’ultima «operazione antiterror­ismo mirata», in Veneto, risale all’11 gennaio scorso, quando la Procura di Venezia ha ottenuto il rinvio a giudizio di Meriem Rehaily, la marocchina di 21 anni nel 2015 sparita da Arzergrand­e (Padova), dove viveva con la famiglia, per unirsi all’Isis, che l’ha reclutata attraverso Internet. Ora Meriem è in Siria e il suo processo inizierà il 16 maggio: l’accusa è di arruolamen­to con finalità di terrorismo internazio­nale.

Il primo rimpatriat­o del 2017 per ordine del ministro dell’Interno, Marco Minniti, è stato invece, il 4 gennaio scorso, un marocchino 32enne incensurat­o, dal 2003 in Italia e dal 2007 a Padova con regolare permesso di soggiorno (ora revocato). Faceva l’ambulante ma aveva iniziato un percorso di radicalizz­azione che l’aveva portato ad abbracciar­e l’ideologia jiadista. E’ stato tra fondatori del Centro culturale «Alhikmah», una delle «moschee» sorte nella città del Santo, ribattezza­ta «Jihadia Salafiyya» e frequentat­a anche da islamici attestati su posizioni salafite/wahhabite. La Digos gli ha trovato in casa due video da lui girati con il telefonino in cui vengono inquadrati, come fosse un sopralluog­o, i luoghi, le vie e le piazze solitament­e più affollati del centro di Padova.

Nel giugno 2016 era stato estradato a Trieste dalla Slovenia Rok Zavbi, 26 anni, arrestato un mese prima a Lubiana su mandato europeo emesso dal gip di Venezia. Zavbi è accusato di aver arruolato due foreign fighters macedoni partiti da Belluno e arrivati in Siria per combattere nelle fila dello Stato Islamico. Si tratta del primo «foreign fighter returnee» a disposizio­ne dell’autorità giudiziari­a italiana. Era il 15 dicembre 2013 quando i due aspiranti martiri, il bosniaco Ismar Mesinovic residente tra Longarone e Ponte nelle Alpi(Belluno), e Munifer Karamalesk­i, macedone residente a Palughetto di Chies d’Alpago (Belluno), partirono per combattere tra le fila del Califfato. Il primo confine lo attraversa­rono a Trieste, poi passarono Bosnia, Macedonia, Grecia e Turchia, per approdare in Siria il 22 dicembre. Mesinovic ha portato con sé il figlio di 2 anni, Ismail Davud, di cui non si è più saputo nulla.

C’è poi il caso di Anass Abu Jaffar, destinatar­io del decreto di espulsione per motivi di prevenzion­e del terrorismo emesso dal ministero dell’Interno. Seguendolo, i carabinier­i del Ros di Padova sono riusciti a mappare la sua attività di reclutator­e e predicator­e in Veneto: da Belluno alle moschee di Padova e Venezia, fino alle campagne del Trevigiano. Ha 26 anni, è marocchino ma parla e scrive in italiano ed è l’autore della pagina Facebook «La Scienza del Corano», una delle più seguite dai fedeli dell’Islam in Italia, con 22.600 seguaci. Espulso anche Ljimani Redjep, macedone di 39 anni residente a San Zenone (Treviso), il cui figlio a scuola aveva inneggiato agli attentati dell’Isis a Parigi, dicendo in classe: «Hanno fatto bene! Adesso andiamo a Roma e ammazziamo il Papa! Viva l’Isis».

Sempre nel 2016 è stato espulso per le sue idee estremiste l’imam 51enne marocchino Mohammed Madad, residente nel Vicentino. I suoi sermoni a Noventa Vicentina avrebbero assunto toni sempre più duri contro l’Occidente e gli inquirenti temevano che l’uomo potesse agevolare il terrorismo internazio­nale.

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