Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Squadre speciali e blocchi del traffico nel Veneto stato di massima allerta
Il capo della polizia: «Presi soggetti pericolosi, il sistema funziona»
«Bisogna potenziare ulteriormente i controlli nelle aree di maggiore afflusso». Lo aveva detto il 23 marzo il ministro dell’Interno, Marco Minniti, al termine della riunione del Comitato di Analisi strategica antiterrorismo convocato dopo l’attacco a Londra. In quell’occasione era stato deciso di intensificare le misure di sicurezza e la vigilanza degli obiettivi sensibili, nonostante in Italia il livello di allerta antiterrorismo fosse già salito a 2 — quello immediatamente precedente all’attacco in corso — dal novembre 2015, all’indomani degli attentati a Parigi. «Le forze di polizia e i servizi di intelligence sono impegnati senza sosta per individuare ogni fonte di possibile rischio», assicurano dal Viminale.
E anche il Veneto si blinda. Secondo l’«Italian terrorism infiltration Index 2015», ricerca condotta dall’Istituto Demoskopika in base agli attentati avvenuti nel nostro Paese dal 2000 al 2015, al numero di stranieri residenti ma provenienti da Iraq, Afghanistan, Pakistan, Nigeria e Siria e alle intercettazioni, la nostra regione è la quinta d’Italia per potenziali infiltrazioni terroristiche. Nel periodo esaminato vengono citati 9 allarmi, 322 intercettazioni e un centinaio di obiettivi sensibili. Ovvero monumenti-simbolo come l’Arena di Verona, le Basiliche di San Marco (Venezia), Sant’Antonio (Padova) e Palladio (Venezia), sinagoghe, moschee e associazioni islamiche, i ghetti ebraici, il Teatro La Fenice, aeroporti, porti, stazioni ferroviarie, le principali arterie stradali e autostradali, sedi istituzionali, oleodotti e acquedotti, redazioni giornalistiche, scuole per stranieri, grandi alberghi, centri commerciali, stadi e ristoranti stranieri. Sono state pianificate misure di tutela per esponenti del governo, parlamentari e politici di spicco, mentre le Digos aggiornano continuamente la lista dei soggetti segnalati dai Servizi antiterrorismo di tutto il mondo e controllano luoghi e persone che potrebbero essere loro collegati. Proseguono il monitoraggio delle carceri, a rischio «proselitismo» perché popolate per il 70% da extracomunitari, e il lavoro della polizia postale su Internet a caccia di «islamonauti». Cioè potenziali mujahidin pronti a immolarsi alla causa dell’Isis e indottrinati sul web (come Meriem, la 18enne scomparsa da Padova per raggiungere i combattenti in Siria). La strategia di prevenzione prevede pure l’implementazione dell’illuminazione pubblica e della videosorveglianza, olrte ai controlli dei veicoli. Riguardo quest’ultimo punto a Verona la giunta Tosi ha stanziato 200mila euro per mettere in sicurezza piazza Bra durante le giornate di eventi in Arena. Il piano prevede l’installazione di barriere mobili a scomparsa per impedire l’accesso alla piazza ai mezzi privati. I cantieri potrebbero aprire in ottobre, intanto l’accesso in piazza verrà bloccato con fioriere e pattuglie dei vigili.
In azione, a Verona, Venezia e Padova, anche le Unità operative di primo intervento della polizia di Stato (una quarantina di uomini) e le Squadre operative di supporto dei carabinieri (50 militari), addestrate nell’antiterrorismo e dotate di attrezzature speciali e mezzi blindati. A supporto dell’attività di vigilanza dei siti a rischio, infine, i 200 soldati (100 a Venezia, 30 a Padova e 70 a Verona) dell’operazione «Strade sicure». «Il blitz a Venezia dimostra che il sistema funziona — dice il prefetto di Padova, Renato Franceschelli — è un risultato importante. Ma l’attenzione resta massima tutti i giorni». «Le persone fermate a Venezia erano pericolose, avevano propositi negativi — concorda il capo della polizia, Franco Gabrielli —. La vicenda conferma che la minaccia esiste in tutta Italia ma anche che gli apparati di sicurezza fanno il loro lavoro». «Sono molto contento — ammette il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti — è stata un’operazione tempestiva e brillante, anche in funzione della prevenzione.