Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Sembrano migranti ma sono nemici: frontiere da chiudere»
Non ha dubbi lo scrittore russo Nicolai Lilin: «Bisogna chiudere subito le frontiere e prevedere il carcere duro per i terroristi. Sembrano migranti, ma sono nemici». E poi Lilin richiama le comunità islamiche, facendo un appello: «Comincino a denunciare i tipi sospetti».
La difesa Bisogna chiudere le frontiere e prevedere per i terroristi carceri speciali, interrogatori duri e la pena di morte. Se li liberi, ti uccidono
Le comunità islamiche
Hanno le loro responsabilità, non hanno segnalato i fedeli poi diventati attentatori. Non riconoscono l’Islam radicalizzato
VENEZIA Racconta di aver vissuto il battesimo della guerra a 12 anni, nel conflitto civile del 1992 tra Moldavia e Transnistria, e poi di aver fatto l’infiltrato tra i ceceni per due anni e tre mesi. Nicolai Lilin, scrittore russo naturalizzato italiano e autore de «L’educazione siberiana», sul dilagare della strategia della paura ha idee diverse rispetto all’«apriamoci alla solidarietà e saremo più sicuri» professata dal prefetto di Venezia, Carlo Boffi. Lilin, lei come la pensa?
«I terroristi colmano gli spazi vuoti che la società non riesce a riempire per i giovani. Non basta andare in palestra, vestirsi all’occidentale e parlare italiano per sentirsi italiani. L’eccessivo perbenismo e l’abuso di concetti democratici tipici dell’Italia non vengono automaticamente apprezzati da tutti. Se non sono percepiti come idee utili nè positive da persone che arrivano da realtà diverse e magari hanno problemi d’identità, possono indurre reazioni estreme in loro, renderle vittime dell’influenza dell’Islam. La colpa è anche delle comunità musulmane, per le quali nutro rispetto ma che devono assumersi le loro responsabilità». In che senso?
«Non hanno segnalato fedeli poi diventati attentatori. Perché non affrontano il problema dell’Islam radicalizzato? Bisogna rinfacciare ai cari amici musulmani che i terroristi sono tutti islamici e che la convivenza dev’essere equa. Non è solo colpa degli europei, che non sono abbastanza duri, se oggi siamo tutti potenziali vittime. Ho molti amici musulmani che la pensano così, perché vogliono essere protetti come noi, lavorano e hanno le loro famiglie qui, perciò desiderano il benessere e la serenità. Sono arrabbiato con le comunità islamiche, che non aiutano nè noi nè loro. E non mi dicano che non sapevano degli intenti criminali di certi soggetti: in quegli ambienti si sa tutto di tutti».
Come giudica l’attentato progettato a Venezia?
«In quel caso il problema è il Kosovo. Come la Serbia, all’epoca della guerra nella ex Yugoslavia si è ritrovato un’indipendenza che non era in grado di mantenere, perché non aveva un governo decente, non sapeva garantire la sicurezza geo-politica. E quindi si è trasformato in un’area controllata dall’Islam radicale, dove i giovani sono in diretto contatto con la rete terroristica, che funziona bene attraverso Internet e i messaggi criptati. Il reclutamento sul web non è diverso da quello che avviene nei campi di addestramento dei Paesi arabi, non c’è bisogno di andare lì. I reclutatori sanno bene come agganciare i ragazzi che non riescono a integrarsi, si sentono privi di identità e se ne vogliono costruire una forte, accattivante. Che non è quella degli europei, più effeminata, non belligerante. Il terrorismo investe su di loro, promettendo di farne degli eroi ma trasformandoli in guerrieri. Noi pensiamo siano integrati, li chiamiamo i “nostri” giovani, ma non sono nè nostri nè integrati». Chi sono? « Sono materiale grezzo per il terrorismo, ed è il fallimento dell’integrazione reciproca. Non sono solo gli italiani a dover accogliere, gli immigrati devono rispettare regole e leggi del Paese ospitante. E invece quando arrivano cominciano a frequentare una moschea, magari c’è un imam integralista che li aiuta a diventare apprendisti terroristi, trovano lavoro, fingono di inserirsi ma si preparano alla guerra, ideologicamente, maneggiando armi e tecnologia. Spesso sono legati alla criminalità organizzata, spacciano droga».
Il nostro sistema di sicurezza però funziona.
«Per ora, non so per quanto ancora. Siamo sempre sotto attacco, è impossibile arginare le idee. Dobbiamo rivedere il sistema di controllo dell’immigrazione, chiudere le frontiere e aiutare le popolazioni povere nei loro Paesi. Contro i terroristi bisogna adottare misure straordinarie, come quelle imposte negli anni di piombo ai brigatisti. E cioè rinchiuderli in carceri speciali e sottoporli a interrogatori duri per farli parlare: purtroppo siamo in guerra, se non li disarmi ti uccidono. Solo per loro va reintrodotta la pena di morte, la democrazia si applica a chi contribuisce ad alimentarla. Questi individui invece agiscono contro l’umanità».
Dicono che vogliono guadagnarsi il paradiso.
«Certo, perchè li ha intruppati chi vuole trasformarli in carne da cannone, mica ci arrivano da soli. Spesso sono giovani moralmente deboli, facilmente manipolabili».