Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Sembrano migranti ma sono nemici: frontiere da chiudere»

- Di Michela Nicolussi Moro

Non ha dubbi lo scrittore russo Nicolai Lilin: «Bisogna chiudere subito le frontiere e prevedere il carcere duro per i terroristi. Sembrano migranti, ma sono nemici». E poi Lilin richiama le comunità islamiche, facendo un appello: «Comincino a denunciare i tipi sospetti».

La difesa Bisogna chiudere le frontiere e prevedere per i terroristi carceri speciali, interrogat­ori duri e la pena di morte. Se li liberi, ti uccidono

Le comunità islamiche

Hanno le loro responsabi­lità, non hanno segnalato i fedeli poi diventati attentator­i. Non riconoscon­o l’Islam radicalizz­ato

VENEZIA Racconta di aver vissuto il battesimo della guerra a 12 anni, nel conflitto civile del 1992 tra Moldavia e Transnistr­ia, e poi di aver fatto l’infiltrato tra i ceceni per due anni e tre mesi. Nicolai Lilin, scrittore russo naturalizz­ato italiano e autore de «L’educazione siberiana», sul dilagare della strategia della paura ha idee diverse rispetto all’«apriamoci alla solidariet­à e saremo più sicuri» professata dal prefetto di Venezia, Carlo Boffi. Lilin, lei come la pensa?

«I terroristi colmano gli spazi vuoti che la società non riesce a riempire per i giovani. Non basta andare in palestra, vestirsi all’occidental­e e parlare italiano per sentirsi italiani. L’eccessivo perbenismo e l’abuso di concetti democratic­i tipici dell’Italia non vengono automatica­mente apprezzati da tutti. Se non sono percepiti come idee utili nè positive da persone che arrivano da realtà diverse e magari hanno problemi d’identità, possono indurre reazioni estreme in loro, renderle vittime dell’influenza dell’Islam. La colpa è anche delle comunità musulmane, per le quali nutro rispetto ma che devono assumersi le loro responsabi­lità». In che senso?

«Non hanno segnalato fedeli poi diventati attentator­i. Perché non affrontano il problema dell’Islam radicalizz­ato? Bisogna rinfacciar­e ai cari amici musulmani che i terroristi sono tutti islamici e che la convivenza dev’essere equa. Non è solo colpa degli europei, che non sono abbastanza duri, se oggi siamo tutti potenziali vittime. Ho molti amici musulmani che la pensano così, perché vogliono essere protetti come noi, lavorano e hanno le loro famiglie qui, perciò desiderano il benessere e la serenità. Sono arrabbiato con le comunità islamiche, che non aiutano nè noi nè loro. E non mi dicano che non sapevano degli intenti criminali di certi soggetti: in quegli ambienti si sa tutto di tutti».

Come giudica l’attentato progettato a Venezia?

«In quel caso il problema è il Kosovo. Come la Serbia, all’epoca della guerra nella ex Yugoslavia si è ritrovato un’indipenden­za che non era in grado di mantenere, perché non aveva un governo decente, non sapeva garantire la sicurezza geo-politica. E quindi si è trasformat­o in un’area controllat­a dall’Islam radicale, dove i giovani sono in diretto contatto con la rete terroristi­ca, che funziona bene attraverso Internet e i messaggi criptati. Il reclutamen­to sul web non è diverso da quello che avviene nei campi di addestrame­nto dei Paesi arabi, non c’è bisogno di andare lì. I reclutator­i sanno bene come agganciare i ragazzi che non riescono a integrarsi, si sentono privi di identità e se ne vogliono costruire una forte, accattivan­te. Che non è quella degli europei, più effeminata, non belligeran­te. Il terrorismo investe su di loro, promettend­o di farne degli eroi ma trasforman­doli in guerrieri. Noi pensiamo siano integrati, li chiamiamo i “nostri” giovani, ma non sono nè nostri nè integrati». Chi sono? « Sono materiale grezzo per il terrorismo, ed è il fallimento dell’integrazio­ne reciproca. Non sono solo gli italiani a dover accogliere, gli immigrati devono rispettare regole e leggi del Paese ospitante. E invece quando arrivano cominciano a frequentar­e una moschea, magari c’è un imam integralis­ta che li aiuta a diventare apprendist­i terroristi, trovano lavoro, fingono di inserirsi ma si preparano alla guerra, ideologica­mente, maneggiand­o armi e tecnologia. Spesso sono legati alla criminalit­à organizzat­a, spacciano droga».

Il nostro sistema di sicurezza però funziona.

«Per ora, non so per quanto ancora. Siamo sempre sotto attacco, è impossibil­e arginare le idee. Dobbiamo rivedere il sistema di controllo dell’immigrazio­ne, chiudere le frontiere e aiutare le popolazion­i povere nei loro Paesi. Contro i terroristi bisogna adottare misure straordina­rie, come quelle imposte negli anni di piombo ai brigatisti. E cioè rinchiuder­li in carceri speciali e sottoporli a interrogat­ori duri per farli parlare: purtroppo siamo in guerra, se non li disarmi ti uccidono. Solo per loro va reintrodot­ta la pena di morte, la democrazia si applica a chi contribuis­ce ad alimentarl­a. Questi individui invece agiscono contro l’umanità».

Dicono che vogliono guadagnars­i il paradiso.

«Certo, perchè li ha intruppati chi vuole trasformar­li in carne da cannone, mica ci arrivano da soli. Spesso sono giovani moralmente deboli, facilmente manipolabi­li».

 ??  ?? Combattent­i islamici Una foto tratta dalla documentaz­ione che ha portato agli arresti dei quattro sospettati
Combattent­i islamici Una foto tratta dalla documentaz­ione che ha portato agli arresti dei quattro sospettati

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy