Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Catene e abusi sessuali su sessanta sordomuti Lo scandalo Provolo

Il direttore ai domiciliar­i. Mandato di cattura per la suora

- Di E. Presazzi e L. Tedesco

Don Nicola Corradi. Per tentare di sbrogliare la matassa di uno scandalo destinato a rimbalzare per migliaia e migliaia di chilometri, è impossibil­e prescinder­e dalla storia di questo sacerdote veronese di 82 anni, ai domiciliar­i in Argentina. È lui, provato dall’età avanzata e costretto su una sedia a rotelle, la figura cardine della maxi-inchiesta deflagrata lo scorso autunno nel Paese natale di Papa Bergoglio. Un’indagine su una serie di abusi ai danni di una sessantina di alunni che frequentav­ano la sede di Lujàn dell’Istituto per sordomuti «Antonio Provolo». Ma a pesare sul suo conto è anche il passato raccontato dalle altre vittime di questo scandalo internazio­nale: quelle che a Verona, dopo la maxi denuncia del 2009 schiantata­si contro il muro della prescrizio­ne, proprio a seguito delle vicende argentine sono tornate a «chiedere giustizia». Con tanto di riapertura dell’inchiesta a gennaio da parte della magistratu­ra scaligera coordinata dal procurator­e Angela Barbaglio.

La giustizia sudamerica­na, spinta anche da una «reazione di popolo» impression­ante, ha optato da subito per la linea dura: in carcere a ottobre sono finiti in quattro tra religiosi e dipendenti dell’Istituto e per don Corradi, dopo alcuni mesi passati nel penitenzia­rio di Boulogne Sur Mer, sono scattati i domiciliar­i. Intanto le indagini proseguono e si arricchisc­ono di giorno in giorno di particolar­i degni di un film dell’orrore. Nelle ultime ore è emersa l’inquietant­e notizia di una vera e propria «stanza degli orrori» scoperta dagli investigat­ori nella sede di Lujàn grazie alla testimonia­nza di un’ex alunna (che ha appena compiuto 18 anni). È stato il pm Gustavo Stroppiana a ordinare una verifica nella struttura (nel frattempo è stata chiusa). «Arrivarci è difficile, dopo cinque rampe di scale non continuati­ve ma ad ostacoli l’abbiamo finalmente individuat­a — dice il pm Stroppiana —. Siamo arrivati fino alla soffitta, un percorso impervio. Devi salire al primo piano, camminare alcuni metri, salire ancora un altro piano, fino alla soffitta. Lì è tutto molto tetro e oscuro, proprio come ci aveva detto la ragazza. La stanza si apre attraverso una botola nascosta. Dentro, al posto delle catene descritte dalla giovane, abbiamo trovato il buco alla parete dove, a prima vista, dovevano trovarsi». Alunni legati e costretti a subire ogni sorta di nefandezza. Scortati anche da una suora di origini giapponesi, Kosaka Kumiko, ora latitante e sulla quale pende un mandato di cattura internazio­nale emesso dall’autorità argentina.

Ma i colpi di scena non mancano nemmeno in riva all’Adi- ge, nella città dove ha sede la casa madre dell’Istituto. In quella Verona dove, secondo il racconto degli ex allievi, tra gli anni ‘50 e gli anni ‘80, sarebbero stati perpetrati sevizie e abusi da parte di sacerdoti e fratelli. Vicende denunciate nel 2009 dall’associazio­ne sordi «Antonio Provolo», che aveva fatto i nomi di 25 persone, tra le quali don Nicola Corradi, già trasferito in Argentina. Sulle molestie e sulle violenze era caduta la mannaia della prescrizio­ne. Ma ora l’associazio­ne, insieme alla onlus «Rete L’Abuso», ha presentato nuovi esposti in Procura, che hanno portato alla riapertura dell’indagine. I fari non sono più puntati sulle molestie, ma sull’operato dell’Istituto a seguito dello scandalo. Il sospetto è che qualcuno possa aver manomesso documenti o raccontato il falso per nascondere la verità sugli abusi perpetrati a Verona anche da don Corradi. E nei giorni scorsi, «L’Abuso» ha denunciato pubblicame­nte un furto di documenti nella sede veronese dell’Istituto, con tanto di rivendicaz­ione da parte del presunto autore su Facebook.

Il pm Allievi legati al muro con delle catene e costretti a subire ogni sorta di nefandezza

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Don Nicola Corradi Il sacerdote veronese di 82 anni ora è agli arresti domiciliar­i in Argentina per gli abusi sugli studenti dell’Istituto Antonio Provolo, già al centro di un’inchiesta a Verona
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