Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Save, c’è l’accordo per il riassetto e l’Opa Cerchiai: «Atlantia non sarà aggressiva»
Il presidente di Edizione esclude mosse ostili. Via libera da Delrio: «La governance resta qui»
Dopo il divorzio in Finint tra Enrico Marchi e Andrea De Vido, si chiude il cerchio anche sul riassetto di Save, con un’offerta pubblica di acquisto. Mentre Atlantia esclude la possibilità di Opa ostili e il ministro Delrio dà un sostanziale via libera. Chiusa l’altra sera a Padova la partita al piano superiore per dividere, dopo 37 anni, i destini tra i due soci di Conegliano, ieri, è stato il turno di quello, al piano inferiore, per mettere le firme sul riassetto della società quotata capofila del polo aeroportuale a Nordest. Le firme hanno confermato l’architettura emersa, pur se i particolari di dettaglio sono ancora attesi, visto che la comunicazione al mercato è slittata ieri a notte.
Il secondo contratto prevede in buona sostanza che Finint venda la quota di controllo del 60% di Save che detiene, nelle società Agorà e Marco Polo Holding, insieme al fondo infrastrutturale Star Holdings della banca statunitense Morgan Stanley - in proporzioni del 57% e 43% - che in questo modo esce, anticipando i tempi. Ad acquistare il 60%, che agli attuali livelli del titolo Save (20,29 euro venerdì, con una capitalizzazione di 1.111 milioni di euro) ha un valore di mercato di oltre 650 milioni, sono il fondo francese Infravia in collegamento con un’analoga struttura della tedesca Deutsche Bank.
Il contratto al piano inferiore, con la liquidazione della quota di Finint, fornirà i soldi necessari a Marchi per liquidare al piano superiore De Vido (100 milioni a cui se ne aggiungerebbero altri 20 in immobili). Che potrà così chiudere le pendenze con le banche (a partire da Veneto Banca) per gli investimenti personali finiti male; dall’altro lato Finanziaria internazionale verrà consegnata a Marchi, che potrà nominare il proprio consiglio di amministrazione, chiudendo una fase d’incertezza che aveva richiamato anche l’attenzione di Banca d’Italia sulla controllata Banca Finint.
Chiusa la partita sopra, Marchi reinvestirà al piano inferiore nel veicolo ad hoc costruito con Infravia e Deutsche Bank che a quel punto lancerà l’Opa residuale sull’altro 40% di Save. Il tutto sarà il punto terminale di un’operazione finanziaria capace di mobilitare risorse, si è detto nei giorni scorsi, per 1,7 miliardi tra capitale e debito (le sole linee di credito su Save ricontrattate con Unicredit, Intesa e Bnl valgono 212 milioni), che ne cambieranno la proprietà, mantenendo però a Marchi leve di governo decisive.
A questo punto si pone la domanda di cosa farà Atlantia, la società infrastrutturale dei Benetton che aveva acquistato il 22% lo scorso autunno investendo 181 milioni (nel frattempo rivalutatisi di 31, a 212 milioni, per l’apprezzamento del titolo). Se tenterà comunque un rilancio, a costo di far rompere i contratti appena firmati, se aderirà all’Opa residuale, decidendo di uscire e consolidare il guadagno, o se rimarrà ad attendere gli eventi.
Una prima risposta Fabio Cerchiai, presidente di Atlantia ma anche di Edizione, la «cassaforte» dei Benetton l’ha fornita ieri a Vicenza, a margine del Festival Città impresa. Facendo capire di lasciar le porte aperte ad eventuali accordi, ma di ritenere impossibile una contro-Opa. «Noi non siamo per natura aggressivi, ma nemmeno passivi. Siamo attenti ha scandito Cerchiai -. ControOpa? Presto per dirlo. Attendiamo di vedere concretamente le caratteristiche dell’offerta e le condizioni ufficiali. Mi pare di capire, che al momento sia un’offerta pubblica di acquisto residuale. Staremo a vedere».
E poi hai raccontato il possibile accordo con Marchi degli scorsi mesi: «Atlantia aveva manifestato disponibilità ad Enrico Marchi su Save. Non un’offerta formalizzata, abbiamo concesso la disponibilità a valutare proposte. In teoria sarebbe stato un bell’asse quello Nizza-Venezia-Roma. La disponibilità ad essere presenti c’era. Visto che Marchi dice sempre sono veneto, ho difeso l’italianità contro Francoforte, noi ci eravamo dichiarati a disposizione. Mai avuto né una risposta né un contatto. Dopodiché leggo sui giornali di questa vendita a fondi francesi e tedeschi di Finint e che Marchi conserverà una quota di minoranza».
Gli scali veneti di Venezia, terzo aeroporto italiano, Treviso e Verona in mani straniere non lascia indifferente neanche il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. «Noi tifiamo perché crescano i gruppi industriali italiani – premette – ma questa è una concessionaria totalmente privata e mi pare che abbia interesse a che le condizioni di governance restino italiane. Del resto, siamo nel mercato europeo e un investimento europeo in Italia è nell’ordine delle cose. Del resto, anche Atlantia ha acquisito Nizza».
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