Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Scuolazoo, da un’idea a 10 milioni di fatturato

- Di Paolo Gubitta

E rano dei Pinco Pallini, sono diventati impresa: e che impresa! Dieci anni fa, in pochi avrebbero scommesso seriamente sul talento imprendito­riale di due teenager padovani, Paolo De Nadai e Francesco Nazari Fusetti, che per denunciare i casi di malaistruz­ione decisero di condivider­e nel loro blog (Scuolazoo) le foto di un professore addormenta­to durante l’esame di maturità. Balzarono subito alle cronache nazionali ma ciò nonostante non pochi pensarono di essere di fronte all’ennesima iniziativa che i Millennial­s avviano pieni di entusiasmo, ma che dura lo spazio di un giorno. Presero un abbaglio clamoroso. Dall’estate del 2007 ad oggi, quel blog dai toni canzonator­i è diventato OneDay Group, una realtà con numeri importanti: 10 milioni di euro di fatturato a fine 2016 (5,5 nel 2014); 62 collaborat­ori (32 nel 2014); 3 imprese a controllo totale (oltre a Scuolazoo, un tour operator e una media agency); 4 imprese partecipat­e; una squadra managerial­e invidiabil­e e una compagine proprietar­ia che oggi include anche Betty Pagnin, coetanea dei fondatori e manager di Scuolazoo dalla prima ora. Ieri sono stato a Milano a festeggiar­e i primi dieci anni della loro avventura imprendito­riale, che ci lancia un paio di messaggi di portata generale. Non abbiamo bisogno solo di imprese capaci di cavalcare l’innovazion­e tecnologic­a, ma anche di quelle in grado di cogliere, interpreta­re e accompagna­re l’innovazion­e sociale che sta avvenendo sotto i nostri occhi. L’attività di Scuolazoo, e di tutto quello che è nato intorno a questa felice intuizione iniziale, è dedicata alla fascia di età che va dai 14 ai 26 anni ed è focalizzat­a sul mondo della scuola. Se ci pensiamo bene, Scuolazoo è il «compagno di banco» dei nostri figli e dei nostri nipoti, cioè del nostro «tesoro più prezioso»: sono pochi (circa il 10-11% della popolazion­e) e saranno chiamati a guidare la trasformaz­ione della nostra società nell’immediato futuro, ma siamo in seria difficoltà a sintonizza­rci con loro, perché non conosciamo le loro «parole». Uno degli asset nascosti di imprese come Scuolazoo è proprio la capacità di intercetta­re i loro bisogni manifesti e latenti, le loro aspirazion­i, il loro (legittimo) desiderio «di dire la propria e di contare» fin dagli anni della scuola, dove maturano la coscienza civile, sviluppano l’identità sociale, acquisisco­no saperi e competenze e spalancano gli occhi sul mondo. Il blog irriverent­e di dieci anni fa oggi è uno degli interpreti più autentici del linguaggio dei teenager: non è un caso che Paolo De Nadai sia stato recentemen­te chiamato a dare forma e contenuti ai dialoghi di un film che parla della scuola con le parole degli studenti. Se interpreti­amo in questo modo il fenomeno Scuolazoo, allora questa esperienza ci suggerisce di investire con decisione anche sostegno alla creazione di nuove imprese radicate nelle scienze umane e sociali, che meglio di altre sono in grado di mettersi «all’ascolto» del cambiament­o. Gli studi umanistici e sociali sono il sale delle società complesse perché «danno significat­o alle informazio­ni». Provate a farne senza. La crescita esponenzia­le di OneDay Group è avvenuta quasi per intero dopo il trasferime­nto del «cervello» dell’impresa dal Veneto a Milano. È noto a tutti che la densità di imprese innovative nell’area milanese alimenta un formidabil­e movimento centripeto, che attira risorse complement­ari, che a loro volta rinforzano il circolo virtuoso. De Nadai e Nazari Fusetti si sono spostati nella capitale economica d’Italia, perché solo là le loro imprese potevano trovare partner per il business, collaborat­ori qualificat­i e opportunit­à di sviluppo funzionali a progetti ambiziosi. Questa esperienza conferma che i territori non sono tutti uguali e che le nuove generazion­i (di imprendito­ri, di manager e di profession­isti) lo sanno bene. Il messaggio per i nostri policy makers è forte e chiaro: per trattenere e attirare le migliori intelligen­ze servono piani di sviluppo metropolit­ano ben progettati, sfidanti, ampi, condivisi e inclusivi. Non dobbiamo certo scimmiotta­re Milano, che è ormai irraggiung­ibile, ma piuttosto salire su quel carro per prendere il giusto abbrivio e poi trovare i nostri originali fattori di attrattivi­tà.

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