Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Banche, fumata nera a Bruxelles
Salvataggio delle ex Popolari venete sempre più in salita. Rispunta lo spettro del bail lin L’Ue insiste: 1 miliardo dai privati. Vertice d’urgenza al Tesoro. Spunta un piano B
Si fa sempre più in salita la trattativa per il salvataggio delle due ex Popolari. Fumata nera ieri a Bruxelles, al vertice con il ministero e i vertici di Bpvi e Veneto Banca. L’Ue insiste: serve un altro miliardo di capitale privato. Ipotesi contro cui si è scagliato l’ad di Banca Intesa, Messina: «Basta perdere soldi privati». Convocato per oggi un incontro d’urgenza al Tesoro. Spunta un piano B per coprire la ricapitalizzazione. Duro scontro tra il sottosegretario Baretta e il governatore Zaia.a
VENEZIA Il salvataggio delle ex popolari venete è sempre più appeso a un filo. L’Unione europea non molla sugli 800 milioni aggiuntivi di capitale privato richiesti per dare il via libera alla ricapitalizzazione precauzionale di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Dopo quella che appare una bocciatura di fatto del piano di fusione tra le due banche, la situazione si fa sempre più difficile. Al punto da indurre la convocazione, stamattina al ministero dell’Economia a Roma, di un vertice d’urgenza tra il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e i presidenti e amministratori delegati di Bpvi, Gianni Mion e Fabrizio Viola, e Veneto Banca, Massimo Lanza e Cristiano Carrus, per giocare le ultime carte. «Il governo non ha nessuna intenzione di mollare», dice per parte sua alla vigilia il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta.
Il quadro da allarme rosso si è delineato ieri sera, al termine dell’atteso vertice a Bruxelles, andato avanti per quattro ore, tra i funzionari dell’antitrust della Commissione europea e i due amministratori delegati, Viola e Carrus. I segnali dall’interno delle due banche sono tutt’altro che positivi. Si parla di dimissioni in cda come extrema ratio di fronte a un no chiaro dell’Europa, dell’Ad Fabrizio Viola dato per pronto a lasciare senza segnali positivi chiari. I giornalisti lo intercettano con Carrus a Bruxelles dopo le 14, mentre si affrettano verso l’incontro. «Non lo so», risponde lapidario Viola ai giornalisti che gli chiedono se sia ottimista sull’esito.
Gli esiti dell’incontro confermano il suo umore nero. La commissione europea non molla sui 1.300 milioni privati aggiuntivi, per dare il via libera al piano di ricapitalizzazione da 6,4 miliardi. Giustificati con le perdite destinate a presentarsi con la valutazione ancor più stringente dei crediti da parte di Bce. In più resta sempre appesa come una spada di Damocle la soluzione che puntualmente Ue e Bce fanno rispuntare dal cassetto, di risolvere una delle due banche. Che però negherebbe in radice il piano di rilancio basato sulla fusione tra le due ex popolari.
Insomma, un colpo durissimo sulle possibilità di salvataggio. Perché, al netto delle vendite possibili - dalla quota del 40% di Arca, a Bim al 9% residuo in Cattolica - e dai capitali in più che si possono recuperare con tagli di spese e accordi sulle azioni finanziate, restano sempre 7-800 milioni di euro in più di fondi privati da trovare. Il problema è da dove farli saltar fuori: fondi o investitori all’orizzonte non si vedono. Un’ipotesi che pare farsi largo sarebbe di girare sulle due venete i soldi che il Fondo interbancario di tutela dei depositanti aveva già destinato alle Casse di Cesena, Rimini e San Miniato.
Di certo il summit di stamattina deve trovare soluzioni rapide in grado di far fronte all’emergenza, evitando che la crisi apertasi in Europa ieri inneschi l’ultima fatale fuga dei clienti. Ma anche confermi da un lato la responsabilità dei vertici operativi di farsi carico di una situazione estrema, evitando eventuali tentazioni di lasciare. E dall’altro confermi la volontà del livello politico, ad iniziare dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, da cui i vertici delle banche vanno oggi per chiedere la discesa in campo. «I passi in avanti nel rispetto delle regole» evocati l’altro ieri da Padoan sulle venete sono già smentiti. Ora si tratta di decidere se intervenire direttamente in Europa, con un negoziato politico che azzeri la richiesta dei fon-
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