Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
LA BELLA IMPRESA DEL NOVANTENNE
Si potrebbe dire con una battuta che «il futuro non è più quello di un tempo». Essa riassume tutto lo spaesamento che ci assale nel vedere la precarietà dei nostri punti di riferimento. E’ in atto davvero un cambio di paradigma e la cosiddetta crisi è il nome di questo processo. Il futuro non è la riproduzione lineare del passato con innovazioni ordinarie. Richiede intuizioni fuori dell’ordinario. E’ questo il caso di Flavio Carboniero, oggi 91 enne. Uomo d’ impresa, nato come dipendente, fatto da sé, con la passione per il disegno tecnico di macchine meccaniche, ma intrigato dal ruolo a scavalco tra il tecnico e il commerciale, con le antenne ben proiettate a capire i bisogni dei clienti. Ci sono due modi di essere imprenditore. Il primo, individualistico, di fatto, è un pò un impresario e un pò un «prenditore», con astuzia e convenienze opportunistiche, viaggia sulle creste del profitto, una sorta di «mordi e fuggi». Gli sfuggono le caratteristiche del secondo tipo, caratterizzato, in questi tempi di commemorazioni olivettiane, da tre elementi. Il primo è di pensare l’impresa con il primato del capitale umano che vi lavora, con la centralità dei processi formativi e la subordinazione delle innovazioni tecnologiche alle capacità delle persone. Un primato di grande attualità e futuribilità se pensiamo a Industria 4.0 o alle nuove forme di asservimento che sono immanenti alle tecnologie dell’informazione quali le racconta in modo strepitoso Jaron Lanier in «La dignità ai tempi di internet». La seconda è che l’impresa non è immaginabile scissa dalle infrastrutture di uso condiviso in campo formativo, logistico, ambientale e che un fitto sistema di relazioni inter imprenditoriali deve avere al centro la generazione di questi beni comuni. Nessuno può progettarli meglio degli utilizzatori. Il terzo è che l’impresa non può essere un’isola di benessere economico in un mare di malessere sociale: va sempre organizzata con un welfare che accompagna le persone a conciliare al meglio vita e lavoro, sentendo le istituzioni vicine all’impegno del lavoro. Carboniero, oltre alle imprese che ha fondato e condotto fino al cambio generazionale, ha trovato nel Centro Produttività Veneto il «luogo» in cui essere imprenditore di questo secondo tipo e in cui imprimere il suo sigillo. Come diceva il maestro dello sviluppo locale Giorgio Ceriani Sebregondi: non vi devono essere squilibri tra consumi e capacità produttiva, tra capitali tecnici e capitale umano, tra economia e istituzioni.