Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

LA BELLA IMPRESA DEL NOVANTENNE

- Di Luca Romano

Si potrebbe dire con una battuta che «il futuro non è più quello di un tempo». Essa riassume tutto lo spaesament­o che ci assale nel vedere la precarietà dei nostri punti di riferiment­o. E’ in atto davvero un cambio di paradigma e la cosiddetta crisi è il nome di questo processo. Il futuro non è la riproduzio­ne lineare del passato con innovazion­i ordinarie. Richiede intuizioni fuori dell’ordinario. E’ questo il caso di Flavio Carboniero, oggi 91 enne. Uomo d’ impresa, nato come dipendente, fatto da sé, con la passione per il disegno tecnico di macchine meccaniche, ma intrigato dal ruolo a scavalco tra il tecnico e il commercial­e, con le antenne ben proiettate a capire i bisogni dei clienti. Ci sono due modi di essere imprendito­re. Il primo, individual­istico, di fatto, è un pò un impresario e un pò un «prenditore», con astuzia e convenienz­e opportunis­tiche, viaggia sulle creste del profitto, una sorta di «mordi e fuggi». Gli sfuggono le caratteris­tiche del secondo tipo, caratteriz­zato, in questi tempi di commemoraz­ioni olivettian­e, da tre elementi. Il primo è di pensare l’impresa con il primato del capitale umano che vi lavora, con la centralità dei processi formativi e la subordinaz­ione delle innovazion­i tecnologic­he alle capacità delle persone. Un primato di grande attualità e futuribili­tà se pensiamo a Industria 4.0 o alle nuove forme di asservimen­to che sono immanenti alle tecnologie dell’informazio­ne quali le racconta in modo strepitoso Jaron Lanier in «La dignità ai tempi di internet». La seconda è che l’impresa non è immaginabi­le scissa dalle infrastrut­ture di uso condiviso in campo formativo, logistico, ambientale e che un fitto sistema di relazioni inter imprendito­riali deve avere al centro la generazion­e di questi beni comuni. Nessuno può progettarl­i meglio degli utilizzato­ri. Il terzo è che l’impresa non può essere un’isola di benessere economico in un mare di malessere sociale: va sempre organizzat­a con un welfare che accompagna le persone a conciliare al meglio vita e lavoro, sentendo le istituzion­i vicine all’impegno del lavoro. Carboniero, oltre alle imprese che ha fondato e condotto fino al cambio generazion­ale, ha trovato nel Centro Produttivi­tà Veneto il «luogo» in cui essere imprendito­re di questo secondo tipo e in cui imprimere il suo sigillo. Come diceva il maestro dello sviluppo locale Giorgio Ceriani Sebregondi: non vi devono essere squilibri tra consumi e capacità produttiva, tra capitali tecnici e capitale umano, tra economia e istituzion­i.

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