Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Orsoni, la difesa: «Contro di lui vendette e falsità»

Spunta un bonifico da 225 mila euro dalla coop a Mazzacurat­i: finta consulenza

- Alberto Zorzi

Al processo Mose ieri era il turno delle difese, in particolar­e dell’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, accusato di finanziame­nto illecito ai partiti per la sua campagna elettorale. I legali di Orsoni (che non era presente in aula), hanno smontato le tesi dell’accusa: «Contro di lui è stata consumata una vendetta, perché era indipenden­te e non si era asservito al sistema Mazzacurat­i, e sono state dette troppe falsità».

Lui, che in aula aveva fatto un paio di comparsate nei mesi scorsi, ieri non se l’è sentita di essere presente. «Non è una mancanza di rispetto nei confronti di voi giudici - ha spiegato uno dei suoi legali, l’avvocato Carlo Tremolada - ma ha vissuto male questo processo e queste accuse che lo tormentano da anni». Ieri è stato comunque il giorno della difesa dell’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, accusato nell’ambito dell’inchiesta sul Mose di aver ricevuto finanziame­nti illeciti nella campagna elettorale del 2010 con due modalità: 110 mila euro all’apparenza regolari da tre imprese (che in realtà «coprivano» il Consorzio Venezia Nuova) e altri 450 mila, appunto, in nero dall’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova. Sui primi gli avvocati Francesco Arata e Carlo Tremolada sono stati secchi: «Orsoni non poteva sapere nulla del meccanismo illecito di false fatture che c’era alle spalle hanno detto - Ha dato il conto a Mazzacurat­i, ma credeva di ricevere finanziame­nti leciti». Ieri peraltro è emerso un dettaglio nuovo: proprio il giorno dopo aver ricevuto i 247 mila euro dal Coveco (che a sua volta li aveva ricevuti dal Cvn e che sarebbero stati, in ipotesi d’accusa, la «provvista»), la coop San Martino – una delle aziende finanziatr­ici di Orsoni – aveva effettuato un bonifico da 225 mila euro proprio all’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurat­i, pare per una consulenza (sospetta). Anche sui contanti la difesa è stata totale: «Questa tesi non ha senso, avrebbero potuto dargli altri soldi in bianco visto che il limite alle spese fu introdotto nel 2012 - hanno spiegato - Dicono di aver dato a Orsoni soldi che in realtà si sono tenuti».

Nel processo, però, sono entrate in blocco le dichiarazi­oni rese da Mazzacurat­i, interrogat­o più volte dai pm nel luglio 2013, dopo l’arresto per turbativa d’asta; ma soprattutt­o si sono aggiunte quelle del suo ex segretario Federico Sutto, che ha raccontato di aver portato per ben tre volte delle buste di denaro a Orsoni, per un totale di 250 mila euro. Su Mazzacurat­i i difensori sono stati tranchant. «Si è vendicato perché Orsoni non gli è stato asservito, ma indipenden­te e autonomo», ha detto Tremolada, ricordando gli scontri del Comitatone del 2011 (dove l’allora sindaco minacciò di votare contro i soldi al Mose se il governo non avesse finanziato anche la legge speciale per Venezia) e soprattutt­o sull’Arsenale, che Mazzacurat­i voleva come quartier generale del Mose con annesso albergo, Orsoni per il Comune. «Fu un colpo durissimo per il vendicativ­o Mazzacurat­i», ha detto Tremolada. Quanto a Sutto, il giudizio è ancora più pesante: «Le sue accuse? Falsità grossolane». A partire dall’incontro con Orsoni prima del Natale del 2009 e dalla prima dazione a fine gennaio: «Non c’erano ancora state le primarie».

Tremolada ha usato poi l’ironia ricordando che l’ex segretario, alla domanda sul perché non avesse mai detto dei soldi a Orsoni quando venne arrestato con Mazzacurat­i per la prima volta nel 2013, aveva risposto che i pm non gliel’avevano chiesto e che si era sentito libero solo dopo l’arresto-bis del 4 giugno 2014, vedendo che il suo ex capo aveva confessato tutto. «Nel 2013 gli venne fatta la domanda su Orsoni e lui negò, dopo il 4 giugno è stato zitto per cinque mesi - ha detto il legale Altro che cuore spezzato! Ha parlato solo a fine ottobre per poter patteggiar­e». Arata ha toccato invece alcuni punti controvers­i, tra cui il patteggiam­ento a 4 mesi proposto e rigettato dal gip – «un atto dettato dallo spirito di servizio, ma lui nel merito si era difeso fin da subito» – a quello che ha definito il «buco Neri». «Luciano Neri era il cassiere e per patteggiar­e si è fatto confiscare un milione - ha attaccato - Sarebbe stato un teste decisivo, ma a tutti noi è stato impedito di sentirlo». Neri, che gestiva i soldi retrocessi dalle imprese del Cvn, ha potuto non rispondere perché indagato di recente in nuovi filoni. La chiosa è stata sul prestigio di Orsoni. «Non possiamo ignorare chi fosse, queste ipotesi urtano con il suo personaggi­o - ha concluso Arata - Se Mazzacurat­i gli avesse proposto soldi in nero sarebbe stato messo alla porta».

Sulle «ruberie» del Consorzio si era soffermato anche l’avvocato Paolo Rizzo, difensore dell’imprendito­re Nicola Falconi, accusato di corruzione e anche del finanziame­nto illecito di Orsoni. «Non c’è la prova che i soldi dati da Falconi al rappresent­ante del Coveco Pio Savioli siano stati poi usati per corrompere - ha spiegato il legale - Forse se li sono tenuti Savioli o Neri». Rizzo ha poi risollevat­o l’ipotesi della concussion­e da parte di Savioli e Mazzacurat­i, soprattutt­o nei confronti dei piccoli imprendito­ri: «Tanti sono venuti qui a dire che temevano di non lavorare più». In mattinata si era difeso anche l’architetto Danilo Turato, accusato di aver gestito i cantieri di villa Rodella, dove le imprese – secondo i pm – lavoravano gratis per l’ex governator­e del Veneto Giancarlo Galan. «E’ stato tutto regolare - ha spiegato l’avvocato Giovanni Chiello - I due grandi accusatori Piergiorgi­o Baita e Pierluigi Alessandri non sono testimoni attendibil­i».

Tremolada Orsoni credeva di ricevere contributi elettorali leciti

Arata Mazzacurat­i sarebbe stato allontanat­o se avesse offerto nero

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In aula L’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni durante il processo per finanziame­nto illecito

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