Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Il nuovo «Pedro», veleni e complotti

- Roberta Polese

Il centro sociale che mette insieme gli autonomi della Città del Santo compie trent’anni a ottobre, ma la sua anima è divisa dopo una scissione che ha segnato il destino della «lotta»

Il paradosso c’è. Il centro sociale Pedro proprio quest’anno compie trent’anni, a ottobre è prevista la sua festa, eppure quel Pedro non è più lo stesso. Si è notato nella guerriglia andata in scena lunedì sera nelle piazze. Lunedì, dopo molto tempo, c’era un nemico comune, dai contorni chiari e precisi, che storicamen­te polarizza tutti a sinistra anche quando «quelli di sinistra» non vanno poi così d’accordo.

«Lunedì sera c’erano 150 fascisti che hanno invaso le Riviere e che sono arrivati fino a Piazza Antenore - spiega Marco Sirotti, attivista e portavoce del centro sociale Pedro - è un fatto gravissimo che supera la contestazi­one politica: quelle persone andavano fermate, questo facciamo noi, questo fanno gli antifascis­ti». Già. Eppure la lotta è cambiata. Sono cambiati «i soldati» ad esempio. Chi negli anni scorsi ha assistito a scontri contro la polizia ha visto gli scudi artigianal­i dei manifestan­ti resistere molto più a lungo di quelli che si sono alzati lunedì, crollati in pochi secondi sotto la prima carica della Digos. Gli autonomi «di una volta», non è un segreto, si allenavano allo scontro.

E poi sono cambiati i volti e i capi. Non è solo un segno normale dei tempi, è qualcosa di più. Per tutti quelli a cui dice ancora qualcosa il nome di Pietro Maria Greco detto Pedro, ucciso in una sparatoria con la Digos in via Giulia il 9 marzo 1985, il centro sociale a lui dedicato è ora geneticame­nte modificato. E il cambiament­o è recente. La «scissione» che ha segnato il destino del centro sociale di via Ticino è avvenuta il 5 settembre del 2014. Quella sera i vertici del Pedro Pietro Despali, Susanna Scotti e Wilma Mazza vanno al Rivolta, centro sociale di Venezia, convinti di partecipar­e a una riunione. Ma è un ammutiname­nto. Vengono sfiduciati, rottamati. I «giovani», poi accusati di aver ordito trame di complotti, gli voltano le spalle. È vero che il terzetto ha in mano un potere non da poco: non c’è solo il Pedro, c’è anche Radio Sherwood, un contenitor­e di prodotti di qualità come la web tv, la radio stessa. E poi c’è il «blocco politico», ovvero una solida guida ideologica che Despali-Scotti- Mazza sanno gestire con successo, trainando tutti gli altri. Che però a un certo punto rivendican­o la loro autonomia. Fatti fuori i capi storici, insieme a Max Gallob e Sebastian Kohlscheen (ora segretario provincial­e di Sinistra Italiana) al Pedro, guidato da Graziano Sanavia, si affacciano volti nuovi. Come quello di Marco Sirotti astronomo bolognese, e Rolando Lutterotti, trentino. Ma ci sono anche Enrico Zulian, Zeno Rocca (veronese, appena condannato per calunnia dopo essersi inventato una falsa aggression­e della Digos) che facevano parte del «vecchio» Pedro, ora coi rottamator­i. Il centro sociale di oggi è fatto di pochi studenti e molti ex studenti e precari. Cambia pure la difesa legale per i pedrini nei guai, l’avvocato Aurora d’Agostino è sostituita da Marina Infantolin­o. Le redini del movimento sono a Venezia, ci pensa Tommaso Cacciari a fare da portavoce degli autonomi nordestini.

Il Pedro, o per meglio dire quello che ora si muove attorno all’area Sherwood, ha perso molto del suo peso politico, e ha pure perso la sua quota all’università: gli studenti sono pochi, la stessa carriera universita­ria è corta, chi viene da fuori resta in città due anni, troppo poco per essere «cooptati». Tiene i contatti solo il Bios Lab, collettivo di ricercator­i impegnati sul fronte dei migranti. I «compagni» parlano poco dei loro dissidi interni, il messaggio è che nulla si deve sapere di ciò che accade «dentro». La grande verità l’ha detta Arturo Lorenzoni alla fine della campagna elettorale: «I centri sociali, come li pensa Bitonci, non ci sono più, non c’è più quella gente lì». Gli danno ragione tutti. Soprattutt­o i nostalgici.

Sirotti Questo facciamo noi: fermiamo i fascisti

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