Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
La via autonoma (ma non veneta) dell’Emilia
Non solo Veneto e Lombardia, la febbre autonomista contagia anche l’Emilia Romagna e la Sardegna. Con alcune specificità: l’Emilia Romagna, infatti, apre la trattativa con lo Stato, in aperta polemica con il referendum di Zaia e Maroni.
La battaglia autonomista lanciata dal Veneto tre anni fa, con l’ormai celebre «legge 15», dopo aver contagiato la vicina Lombardia ora pare ispirare pure la Sardegna e l’Emilia Romagna: più autonomia per tutti, verrebbe da dire, anche se ciascuno la invoca alla sua maniera e questo sta innescando nuove polemiche, specie tra il Pd e la Lega.
Della Lombardia già si sa, anche per via della contiguità politica tra i due governatori, Luca Zaia e Roberto Maroni: si voterà nello stesso giorno, il 22 ottobre, qui con i seggi, gli scrutatori e tutti i crismi di una normale tornata referendaria, lì per via digitale; qui si è seguito un complicato iter legislativo, passato pure per la Corte costituzionale, lì sono state approvate quattro delibere del consiglio regionale; in entrambi i casi, lo step successivo sarà l’apertura di una trattativa con lo Stato. In Sardegna, invece, sono stati alcuni consiglieri regionali di centrodestra a scrivere al governatore di area dem Francesco Pigliaru chiedendogli di indire, sempre per il 22 ottobre, un referendum per l’inserimento della specificità insulare sarda in Costituzione (l’autonomia speciale, evidentemente, non è ritenuta sufficiente), mossa che «limiterebbe la portata negativa di tutta una serie di provvedimenti nazionali» hanno detto i consiglieri Michele Cossa, Attilio Dedoni e Luigi Crisponi, che attaccano: «Vogliamo essere protagonisti e non più servi sciocchi, basta andare a pietire soldi a Roma col cappello in mano».
Poi c’è l’Emilia Romagna, dove il presidente Stefano Bonaccini, Pd, ha spiegato d’essere al lavoro sull’articolo 116 della Costituzione: «Nel giro di poche settimane avremo i risultati di uno studio e per questo - ha spiegato - chiedo subito un incontro al governo per aprire un tavolo di confronto. Noi puntiamo a «risorse reali e non a numeri buttati a caso per un voto in più alle elezioni». Evidente la contrapposizione creata da Bonaccini tra la «via emiliana» all’autonomia e la «via lombardo-veneta» e difatti subito l’artiglieria dem si schiera sulle rive del Po a difesa del «suo» governatore, contro Zaia: «Quella di Bonaccini è l’unica proposta coerente con l’impianto costituzionale - è subito intervenuto il sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa mentre fumo negli occhi ai cittadini è purtroppo quello che Zaia e Maroni stanno alimentando attraverso inutili e costosi plebisciti personali che, come ben sanno i presidenti delle due Regioni, non consentirebbero a Veneto e Lombardia di conseguire alcun risultato». Quindi i senatori Laura Puppato e Giorgio Santini: «Mentre Zaia pensa al referendum beffa, l’Emilia Romagna ci ha già superato».
Voglia di autonomia, infine, anche per la Provincia di Belluno, dove la conferenza dei sindaci ieri pomeriggio ha approvato all’unanimità la proposta d’indire, sempre il 22 ottobre, un referendum per chiedere alla Regione competenze più ampie (e i soldi conseguenti), come peraltro già previsto dallo statuto regionale e dalla legge 25. Una sorta di battaglia nella battaglia per l’autonomia.
Intanto, mentre i comitati per il Sì, il No e pure l’astensione già da giorni scaldano i motori, ieri Palazzo Balbi ha approvato la delibera dedicata alla comunicazione istituzionale che prenderà avvio dal primo settembre (in Lombardia sono già partiti). Si tratta di 500 mila euro che saranno suddivisi tra giornali, tivù, radio e social network.