Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Lavoro record, è un Veneto pre-crisi
Veneto Lavoro certifica l’uscita dal tunnel. Confindustria: «Bene la spinta sull’apprendistato, ora incentivi per i giovani» A giugno di quest’anno 27 mila posti in più rispetto al 2008. Ma molti sono contratti a termine
La notizia positiva è che, dopo nove anni, il Veneto è uscito dalla crisi anche sul fronte del lavoro. Lo certifica l’agenzia regionale Veneto Lavoro: a giugno 2017 ci sono 27 mila posti di lavoro rispetto allo stesso mese del 2008, che fu il picco massimo dell’occupazione. Ma il nuovo boom è fatto soprattutto di contratti a termine, complice anche la «cancellazione» dei voucher.
Il Veneto chiude sul fronte del lavoro l’ultimo cerchio della crisi. Ma il boom dei nuovi posti, fatto soprattutto di contratti a tempo, lascia aperto il giudizio sulla solidità della ripresa. Certo, il dato sul fronte del lavoro è di peso: ci sono voluti nove anni al Nordest per uscire dalla crisi, sull’ultimo fronte rimasto aperto. A certificarlo, ieri, i dati dell’agenzia regionale Veneto Lavoro, secondo cui nel secondo trimestre 2017 il Veneto ha chiuso il recupero dei posti di lavoro persi durante la crisi. A fine giugno si registravano 27 mila posti di lavoro in più rispetto a giugno 2008 (il saldo migliore su nove anni registrato a Verona, 21 mila posti in più, mentre Treviso, Rovigo e Belluno sono ancora sotto i livelli di allora), il record storico dell’occupazione in Veneto.
Il tutto va inquadrato in un insieme di indicatori positivi per il 2017: produzione manifatturiera fissata da Unioncamere Veneto al +2,6% a giugno rispetto a un anno fa e ricorso alla cassa integrazione a livelli quasi residuali rispetto solo a 3-4 anni fa. Il Pil Veneto, per Prometeia, dovrebbe chiudere il 2017 con un +1,4%, previsione che dovrebbe esser rivista verso l’alto.
Ora, l’ultima conferma sul lavoro. Rispetto a un anno fa, i posti sono aumentati di 51 mila, con un’accelerazione mai riscontrata in dieci anni. Frutto di un aumento sia delle assunzioni (233 mila nel secondo trimestre, 192 mila un anno fa), sia, ma in numero inferiore, delle cessazioni (190 mila contro 161 mila). A spingere sono soprattutto i servizi (in particolare commercio e turismo) con 10 mila posti in più, e l’industria, specie il comparto meccanico, con un saldo positivo migliore di un anno fa. A livello provinciale i bilanci positivi più netti si registrano a Venezia, con 26.700 posti creati in più, e a Verona, 12.3o0.
Per quanto riguarda i contratti a tempo indeterminato, poi (34 mila le assunzioni, come un anno fa, con un saldo positivo di duemila posti), le interruzioni del rapporto paiono essere riferibili una volta su due a dimissioni volontarie del lavoratore, sintomo della moltiplicazione di opportunità di impiego fra le quali sta ritornando possibile scegliere.
A introdurre i primi distinguo rispetto alla relazione di Veneto Lavoro è il nuovo segretario generale della Cgil Veneto, Christian Ferrari, che si spinge a guardare dentro i numeri: «L’aumento dei lavoratori con un contratto non può che essere valutato positivamente, ma bisogna subito dopo cercare di capire la natura dei rapporti. Nei tabulati io noto una sostanziale stagnazione dei contratti a tempo indeterminato dopo la ‘bolla’ generata dalle decontribuzioni per i neoassunti introdotta con la legge di stabilità del 2015. Il resto sono forme di occupazione precaria, a partire dai rapporti a termine che sono chiaramente in aumento».
Il punto è proprio questo, sottolinea Veneto Lavoro: a spingere il boom dell’occupazione oltre i livelli precrisi sono i contratti a termine, 140 mila nel trimestre contro 114 mila di un anno fa, +22%, i 58 mila contratti di lavoro somministrato, aumentati del 26%, e le 13 mila nuove attivazioni in apprendistato, +28%. E a livelli di contratto, sottolinea Veneto Lavoro, il dato più eclatante riguarda il lavoro intermittente, più che triplicato, con i 24 mila posti creati rispetto ai settemila di un anno fa. È stata la risposta delle aziende, soprattutto nel commercio e turismo, sottolinea l’agenzia regionale, alla soppressione dei vecchi voucher. Che dunque, per quanto criticata, si può dire abbia spinto a creare forme di lavoro meno precarie.
«Il dato dimostra come l’alternativa ai buoni lavoro non fosse il lavoro nero, così come il nero non è diminuito con l’introduzione dei voucher», sostiene Ferrari. Una tesi su cui è in disaccordo Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Veneto: «Non escludo che il lavoro intermittente possa esser stata la soluzione scelta da qualcuno abituato a usare i voucher – spiega – ma se que-