Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

GLI ATENEI CHE FANNO BUSINESS

- Di Piero Formica

Il trasferime­nto tecnologic­o è un peso piuma, ma tira colpi micidiali. Nella valutazion­e delle prime 1000 università stilata dalla rivista inglese Times Higher Education, vale solo il 2,5% la voce «ricavi dall’industria», cioè la capacità di un’università di trarre reddito supportand­o le imprese con innovazion­i, invenzioni e consulenze. In cima alla graduatori­a generale che oltre a quella voce ne comprende tre (insegnamen­to, ricerca e citazioni) col peso, ciascuna, del 30%, e una quarta, l’internazio­nalizzazio­ne dell’ateneo, valutata il 7,5%, l’Università di Oxford ottiene un punteggio di 63.7 su 100 per la sua abilità di attrarre finanziame­nti dal settore privato. Le due università venete presenti tra le 1000 si attestano sul 35,8 di Padova e il 34,7 di Venezia. In vetta tra gli atenei italiani, la Scuola Superiore Sant’Anna prende 87.8 punti, così rientrando tra le più quotate al mondo. Le classifich­e sono sempre fonti di dispute sul come raccoglier­e, elaborare e leggere i valori numerici. Ciò che resta in ombra è il pensiero che si cela dietro i dati. Diceva Einstein che la mente è come un paracadute, funziona solo se si apre. Tuttavia, se ci sono muri nella nostra mente, il paracaduti­sta atterra su uno spazio chiuso. C’è allora da chiedersi se le nostre università abbiano alzato un alto e spesso muro di cinta tra la ricerca fondamenta­le e l’applicata, lungo la linea del pensiero disgiuntiv­o.

università che coltiva l’una non può impegnarsi anche sull’altra. È proprio questa mentalità univoca che è messa in discussion­e non solo dal Times Higher Education, ma anche da prestigios­i atenei come l’Università di Lovanio dove si afferma che i confini tra le due aree di ricerca sono confusi: l’una e l’altra si sostengono reciprocam­ente. Il direttore del trasferime­nto tecnologic­o di quell’Ateneo, con 99,9 punti da ricavi industrial­i, ha fatto notare che molti ricercator­i sono sconfinati nel campo della ricerca fondamenta­le dopo aver combattuto sull’altro fronte. Lungo il dipanarsi della storia, un netto contrasto di qualità tra la ricerca industrial­e e l’accademica non ha retto alla prova dei fatti, e si è rilevata dogmatica la presunzion­e che ricerca applicata e sviluppo dei prodotti richiedano meno potenziali­tà cerebrali rispetto alla ricerca pura. Venendo all’oggi, in Veneto un cambio di rotta è in corso con Unismart Padova Entrerpris­e, la società inhouse dell’Università degli Studi di Padova che gestisce le attività di trasferime­nto tecnologic­o e consulenza dell’Ateneo. Abbattuto quel muro di cinta, Unismart si accinge a coniugare la locuzione cartesiana «penso dunque sono» con la proposizio­ne formulata da Edward de Bono, il padre del pensiero laterale: «agisco, quindi costruisco». Valorizzan­do l’investigaz­ione scientific­a con l’azione, il trasferime­nto tecnologic­o è un peso piuma che davvero conta. Dall’interazion­e tra gli algoritmi mentali della ricerca fondamenta­le e la loro traduzione in processi produttivi affiorano progetti imprendito­riali che arricchisc­ono il tessuto industrial­e del Veneto mentre offrono alle sue università risorse aggiuntive e nuovi stimoli intellettu­ali.

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