Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Strukul, uno scrittore in sala: «Amo le storie Viva Three billboards»

Lo scrittore padovano, autore dei «Medici», ha seguito l’intero festival, con una media di tre film al giorno. «Il cinefilo? Ha smarrito il senso della realtà In primavera pubblicher­ò “Casanova”, i produttori si stanno muovendo»

- Di Sara D’Ascenzo

Matteo Strukul, scrittore padovano (I Medici) è presente alla Mostra dal primo giorno: «Boccio il film di Aronofsky. Mi è piaciuto Three billboards: amo le storie».

Metti uno scrittore alla Mostra del Cinema per dieci giorni a ritmo di una media di tre film al giorno (quindi, a volte, anche quattro), la sveglia presto per essere in sala al primo spettacolo, gli occhi chiusi tardissimo la notte, i pranzi saltati: «Ma questo per me è un bene…». Matteo Strukul, 44 anni compiuti ieri al sole del Lido, autore del bestseller I Medici, per la prima volta ha seguito tutta la Mostra.

Matteo perché farsi un tour-de-force del genere? Ne è valsa la pena?

«È stato devastante: ti svegli molto presto, vai a letto tardi, il ritmo è decisament­e molto sostenuto. Si guardano un sacco di film e alla fine sei frullato. Ma io amo le storie, che siano scritte o al cinema parte tutto da una sceneggiat­ura. Per cui aveva l’opportunit­à di vedere Three billboards outside Ebbing, Missouri di Martin McDonugh, lui che è il regista di In Bruges e Seven psicopaths” e che è sceneggiat­ore di questi film è un ottimo motivo per venire. Ma insomma di base l’idea di venire al Lido e fare una vacanza. E poi naturalmen­te scrivo delle cose per il nostro Sugarpulp». Cosa ti è piaciuto di questa Mostra?

«Mi è piaciuto moltissimo The shape of water di Guillermo del Toro, questa storia d’amore rivista, l’ho trovata molto originale, molto intelligen­te, con una potenza visiva che mai è stata così centrata. E poi ho amato molto Nico 1988 di Susanna Nicchiarel­li. L’ho trovata una delle cose più rock ‘n roll della Mostra». E invece cosa bocci? «Non mi è piaciuto mother! di Aronofsky. È un film che lui ha dichiarato di aver scritto in cinque giorni e si vede… e soprattutt­o l’ha scritto lui, cosa che non era successa con gli altri film suoi più riusciti. In questo film il problema è di scrittura. Un film orribile, uno dei più brutti che abbia mai visto».

Al festival vivono dei personaggi misteriosi che ormai non si vedono più: i cinefili. Che idea ti sei fatto di loro?

«Io appartengo al popolo e al pubblico. La sensazione del cinefilo e del critico è di uno

che un po’ smarrisce il contatto con la realtà. Tipo persone che si davano pacche sulle spalle per mother!, oppure un film incomprens­ibile di cui non capivo niente mentre lo guardavo, Beautiful things. La specializz­azione porta a un autoavvita­mento forse un po’ pericoloso perché dovresti sempre pensare di avere un pubblico».

La Mostra ti ha dato qualche spunto per i tuoi lavori futuri? «Quello che mi piacerebbe fare è raccontare la bellezza del

nostro Paese. Il romanzo che

pubblicher­ò in primavera per Mondadori, Casanova va proprio in quest’ottica. Invece di raccontare il marcio del Veneto, raccontare la meraviglia della nostra storia e della nostra arte e mi piacerebbe ci fosse un cinema che racconta

questo. Con Casanova si stanno muovendo dei produttori ancora prima che esca però attualment­e non c’è ancora nulla di definito. Magari si riuscisse

a fare con un grande produttore veneto e realmente a Venezia e non facendo finta che Budapest sia Venezia. Non facciamola fare di nuovo agli americani!».

Ha già in mente un attore che potrebbe farlo o pensa al giovane Donald Sutherland? «Sutherland no perché il

Casanova di Fellini è un film che ho odiato, non amo particolar­mente Fellini. Alessio Boni è un grande attore, ma io immagino un Casanova trentenne e forse è un pochino al

di là. Alessandro Borghi magari potrebbe essere perfetto».

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