Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La grande sfida della montagna è lanciata «Anche noi vogliamo il residuo fiscale»

QUI BELLUNO ORGANIZZAT­ORI PRONTI Più autonomia (e risorse) dalla Regione che la chiede allo Stato: ecco come

- Andrea Zucco

La più rosea delle aspettativ­e si è concretizz­ata in una scheda rosa: il 22 ottobre i bellunesi saranno chiamati a esprimersi al referendum per l’autogovern­o della Provincia, nello stesso giorno in cui si voterà anche per l’autonomia del Veneto. Pochi mesi fa, quando l’allora presidente della Provincia Daniela Larese Filon aveva manifestat­o l’intenzione di promuovere un referendum parallelo a quello regionale, l’idea sembrava più una boutade che una proposta concreta. Invece si voterà davvero. Il quesito?: «Vuoi che la specificit­à della Provincia totalmente montana di Belluno venga ulteriorme­nte rafforzata con il riconoscim­ento di funzioni aggiuntive e delle connesse risorse finanziari­e e che ciò venga recepito anche nell’ambito delle intese Stato-Regione per una maggiore autonomia del Veneto ai sensi dell’art. 116 della Costituzio­ne?»

Di autonomia, in provincia di Belluno, si parla da decenni a causa della vicinanza con il Trentino-Alto Adige e il Friuli, che in forme diverse la esercitano già. Belluno è la provincia più estesa e meno popolata del Veneto, una terra che conta seimila frane attive (tra cui anche quella del Tessina, in Alpago, la più grande in Europa) e inesorabil­i dinamiche di invecchiam­ento e spopolamen­to. Servono soldi per infrastrut­ture, manutenzio­ni, e politiche sociali. Un freno alla valanga che sta portando la popolazion­e attiva verso il fondovalle e la pianura. La Provincia ha gettato il sasso nello stagno a metà maggio, chiedendo di andare oltre il lavoro già intrapreso dalla Regione per il referendum autonomist­a regionale. Non bastava l’introduzio­ne del concetto di «specificit­à bellunese» introdotto nello Statuto regionale nel 2011, né la legge regionale 25 del 2014, che stabilisce che alla Provincia di Belluno siano trasferite deleghe e le risorse per esercitarl­e. Dalla Provincia è partita la sfida: affiancars­i al referendum regionale per cercare di mettere le mani sul residuo fiscale bellunese.

Il governator­e Zaia, che aveva avviato l’iter del referendum regionale a marzo 2016, ha allargato le braccia: «Siamo disponibil­i per l’election day ma la Provincia deve arrivare con tutte le carte pronte» aveva detto a fine maggio. La scorsa settimana, sembrava che il referendum bellunese fosse destinato a inabissars­i nella burocrazia. Invece, mercoledì una comunicazi­one del Ministero dell’Interno ha fatto chiarezza: nessuna dimentican­za, Belluno e Venezia si mettano d’accordo. La base di partenza sarà la bozza di convenzion­e che la Provincia ha predispost­o per accelerare i tempi, e che prevede che Palazzo Piloni paghi tutte le spese riferibili alla propria consultazi­one (produzione, trasporto e consegna schede) e condivida con la Regione quelle indivisibi­li (rimborsi ai Comuni per i seggi e retribuzio­ne degli scrutatori). «Sta per essere perfeziona­ta l’intesa con la Regione per la celebrazio­ne contestual­e, seppur distinta, con il referendum regionale sul quale abbiamo espresso la nostra adesione spiega Amalia Serenella Bogana, presidente pro tempore della Provincia - Non ho mai parlato di secessione».

Quello bellunese non sarà un referendum contro la Regione, con cui comunque ci sono stati diversi bisticci sull’applicazio­ne della legge sulla specificit­à: «Di scontri del genere me ne aspetto sempre, perché mi pare che quelli degli ultimi mesi non abbiano avuto una reale valenza amministra­tiva, ma che avessero una radice politica», commenta il presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti. Negli ultimi 12 anni, in provincia di Belluno sono svolti diversi referendum di stampo autonomist­a: ha iniziato il paese di Lamon nel 2005 per aggregarsi al Trentino, seguito da Sovramonte l’anno successivo e, passo dopo passo, da tutti i Comuni di confine che si affacciano sul Trentino-Alto Adige e da alcuni (Sappada e Pieve di Cadore) che confinano con il Friuli. Nessuna risposta, finora, da Roma. Questo pare non placare la sete di consultazi­oni: «Faremo campagna elettorale per il “sì” a entrambi i referendum», annuncia il deputato bellunese Federico D’Incà (M5s). Il senatore Giovanni Piccoli (Forza Italia), rilancia: «Se Belluno vuole contare e lanciare un messaggio, lo deve fare il 22 ottobre. Non è il tempo dei distinguo politici, ma della mobilitazi­one». Anche gli autonomist­i del Bard invitano il territorio all’azione: «Con il via libera al referendum di Belluno – commenta il consiglier­e provincial­e Ivan Minella – si apre la sfida più difficile: dare il messaggio giusto e veicolarlo bene».

Roberto Ciambetti I bisticci con la Regione? Mi pare mossi più da ragioni politiche che amministra­tive

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IL capoluogo Belluno si prepara al voto per il refendum

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