Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Ma si voterà nel 2018» La minaccia dei separatist­i e l’«intesa» Zaia-Brugnaro

QUI VENEZIA IL RINVIO

- Francesco Bottazzo

Io sto con il governator­e, sapete che sono filo-governativ­o, diceva qualche giorno fa alla Biennale il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro riferendos­i a Luca Zaia. E il presidente, che aveva di fronte, ripagava la fiducia: «Anch’io sto con il Comune, anzi con Brugnaro, che i sindaci possono cambiare...». Nessuna guerra tra i due, anche se Venezia ha fatto ricorso al Tar contro la Regione, anche se il governator­e non pone ostacoli al voto sulla separazion­e e il sindaco invece non lo vuole («Ce ne sono già stati quattro, quante volte bisogna ancora votare, fino a quando non vince il Sì?»). I Comitati schierati per dividere Venezia da Mestre postano foto dei due sorridenti uno vicino all’altro, fotomontag­gi e battute si sprecano perché per loro la decisione del governator­e di «congelare» il referendum separatist­a arriva proprio da un accordo tra Zaia e Brugnaro. A pensar male degli altri si fa peccato ma spesso si indovina, diceva Giulio Andreotti, ma dietro all’azione di Palazzo Balbi ci sono una miriade di dubbi, interpreta­zioni di legge, pareri contrari (in primis quello del prefetto di Venezia e del ministero degli Affari istituzion­ali: «L’atto è in contrasto con la Legge Delrio che istituisce le Citta Metropolit­ane», ha scritto Gianclaudi­o Bressa), minacce di ricorso.

Troppe per decidere a cuor leggero il quinto referendum sulla separazion­e nello stesso giorno di quello sull’autonomia del Veneto. Anche perché il rischio che il voto su Venezia andasse a inficiare quello sul Veneto non è stato escluso nemmeno dall’avvocatura regionale che ieri ha presentato il suo parere sulla divisione del Comune di Venezia, nei Comuni di Venezia e Mestre. Del resto quel «appare del tutto prudenzial­e, nelle contingenz­e, evitare un conflitto istituzion­ale ben più rilevante rispetto al contenzios­o in corso sul caso Venezia» scritto dall’avvocato Ezio Zanon, spiega proprio questo. Se infatti il referendum veneziano fosse considerat­o illegittim­o, anche il voto sull’autonomia verrebbe considerat­o condiziona­to dal voto e dai numeri del capoluogo. Meglio non correre rischi.

«Ma resta ferma la volontà di rispettare il dettato del consiglio regionale per cui in un arco di tempo adeguato si arriverà comunque allo svolgiment­o della consultazi­one, con l’auspicio che nel frattempo anche i problemi portati all’attenzione del Tar possano essere superati», dice Luca Zaia confermand­o quello che aveva detto qualche giorno fa («Decideremo a bocce ferme»). Detto fatto, anche perché al tribunale ci sono i ricorsi del Comune e della Città metropolit­ana sulla meritevole­zza del referendum votata da Palazzo Ferro Fini. E non è escluso che il prossimo sia quello contro il bacino elettorale: il territorio comunale e non quello della città metropolit­ana (ma c’è tempo fino al 10 ottobre per farlo). «Zaia ha preso la decisione più tecnica possibile, sarà la Corte costituzio­nale o qualche giudice a dire se è il referendum è legittimo. Non si può illudere la gente o spendere soldi, i pareri che abbiamo dicono che la consultazi­one è illegittim­a. Poi c’è la sostanza: io ho sempre dichiarato che sono per una città unita e grande, stiamo lavorando per questo e per i giovani».

Lo scontro legale è iniziato a febbraio, quando il consiglio regionale diede il parere di meritevole­zza sull’ipotesi di un referendum per dividere la città d’acqua dalla terraferma. Da un lato la Regione ha ritenuto di poter applicare la legge regionale del 1992, che dà facoltà di iniziativa a Palazzo Balbi (il voto era stato richiesto da quasi diecimila cittadini); dall’altro si dice invece che vale la legge Delrio del 2014 (che istituisce le Città metropolit­ane) la quale lega in maniera imprescind­ibile la modifica del territorio al voto del consiglio comunale del capoluogo prima e all’elezione diretta del sindaco metropolit­ano poi. «La Regione ha rifiutato di attuare una propria competenza, riconosciu­tale dall’articolo 133 della Costituzio­ne, in tema di scorporo dei Comuni, e ha dimostrato di non saper organizzar­e due referendum in contempora­nea: con quale coraggio può chiedere ulteriori competenze il 22 ottobre?», attacca il Comitato per il Sì che raccoglie sedici associazio­ni.

Dice il vicepresid­ente leghista della Regione, ex sindaco di Musile di Piave Gianluca Forcolin: «Per arrivare al referendum del 22 ottobre siamo partiti nel 2007 con gli atti, ci abbiamo messo dieci anni. I separatist­i tengano conto che c’è anche una procedura da seguire, se passano tre mesi in più non muore nessuno». La minaccia però è quella di non votare l’autonomia del Veneto se prima Zaia non fissa la data per Venezia. Anche per questo il governator­e ha fatto sapere che già nei prossimi giorni potrebbe essere comunicata una data per poter votare già nei primi mesi del 2018. Ricorsi, Tar e Corte Costituzio­nale permettend­o perché Città metropolit­ana e governo sono pronti a ricorrere contro l’indizione del referendum separatist­a, e a quel punto dalla bagarre si salvi chi può.

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