Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Ma si voterà nel 2018» La minaccia dei separatisti e l’«intesa» Zaia-Brugnaro
QUI VENEZIA IL RINVIO
Io sto con il governatore, sapete che sono filo-governativo, diceva qualche giorno fa alla Biennale il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro riferendosi a Luca Zaia. E il presidente, che aveva di fronte, ripagava la fiducia: «Anch’io sto con il Comune, anzi con Brugnaro, che i sindaci possono cambiare...». Nessuna guerra tra i due, anche se Venezia ha fatto ricorso al Tar contro la Regione, anche se il governatore non pone ostacoli al voto sulla separazione e il sindaco invece non lo vuole («Ce ne sono già stati quattro, quante volte bisogna ancora votare, fino a quando non vince il Sì?»). I Comitati schierati per dividere Venezia da Mestre postano foto dei due sorridenti uno vicino all’altro, fotomontaggi e battute si sprecano perché per loro la decisione del governatore di «congelare» il referendum separatista arriva proprio da un accordo tra Zaia e Brugnaro. A pensar male degli altri si fa peccato ma spesso si indovina, diceva Giulio Andreotti, ma dietro all’azione di Palazzo Balbi ci sono una miriade di dubbi, interpretazioni di legge, pareri contrari (in primis quello del prefetto di Venezia e del ministero degli Affari istituzionali: «L’atto è in contrasto con la Legge Delrio che istituisce le Citta Metropolitane», ha scritto Gianclaudio Bressa), minacce di ricorso.
Troppe per decidere a cuor leggero il quinto referendum sulla separazione nello stesso giorno di quello sull’autonomia del Veneto. Anche perché il rischio che il voto su Venezia andasse a inficiare quello sul Veneto non è stato escluso nemmeno dall’avvocatura regionale che ieri ha presentato il suo parere sulla divisione del Comune di Venezia, nei Comuni di Venezia e Mestre. Del resto quel «appare del tutto prudenziale, nelle contingenze, evitare un conflitto istituzionale ben più rilevante rispetto al contenzioso in corso sul caso Venezia» scritto dall’avvocato Ezio Zanon, spiega proprio questo. Se infatti il referendum veneziano fosse considerato illegittimo, anche il voto sull’autonomia verrebbe considerato condizionato dal voto e dai numeri del capoluogo. Meglio non correre rischi.
«Ma resta ferma la volontà di rispettare il dettato del consiglio regionale per cui in un arco di tempo adeguato si arriverà comunque allo svolgimento della consultazione, con l’auspicio che nel frattempo anche i problemi portati all’attenzione del Tar possano essere superati», dice Luca Zaia confermando quello che aveva detto qualche giorno fa («Decideremo a bocce ferme»). Detto fatto, anche perché al tribunale ci sono i ricorsi del Comune e della Città metropolitana sulla meritevolezza del referendum votata da Palazzo Ferro Fini. E non è escluso che il prossimo sia quello contro il bacino elettorale: il territorio comunale e non quello della città metropolitana (ma c’è tempo fino al 10 ottobre per farlo). «Zaia ha preso la decisione più tecnica possibile, sarà la Corte costituzionale o qualche giudice a dire se è il referendum è legittimo. Non si può illudere la gente o spendere soldi, i pareri che abbiamo dicono che la consultazione è illegittima. Poi c’è la sostanza: io ho sempre dichiarato che sono per una città unita e grande, stiamo lavorando per questo e per i giovani».
Lo scontro legale è iniziato a febbraio, quando il consiglio regionale diede il parere di meritevolezza sull’ipotesi di un referendum per dividere la città d’acqua dalla terraferma. Da un lato la Regione ha ritenuto di poter applicare la legge regionale del 1992, che dà facoltà di iniziativa a Palazzo Balbi (il voto era stato richiesto da quasi diecimila cittadini); dall’altro si dice invece che vale la legge Delrio del 2014 (che istituisce le Città metropolitane) la quale lega in maniera imprescindibile la modifica del territorio al voto del consiglio comunale del capoluogo prima e all’elezione diretta del sindaco metropolitano poi. «La Regione ha rifiutato di attuare una propria competenza, riconosciutale dall’articolo 133 della Costituzione, in tema di scorporo dei Comuni, e ha dimostrato di non saper organizzare due referendum in contemporanea: con quale coraggio può chiedere ulteriori competenze il 22 ottobre?», attacca il Comitato per il Sì che raccoglie sedici associazioni.
Dice il vicepresidente leghista della Regione, ex sindaco di Musile di Piave Gianluca Forcolin: «Per arrivare al referendum del 22 ottobre siamo partiti nel 2007 con gli atti, ci abbiamo messo dieci anni. I separatisti tengano conto che c’è anche una procedura da seguire, se passano tre mesi in più non muore nessuno». La minaccia però è quella di non votare l’autonomia del Veneto se prima Zaia non fissa la data per Venezia. Anche per questo il governatore ha fatto sapere che già nei prossimi giorni potrebbe essere comunicata una data per poter votare già nei primi mesi del 2018. Ricorsi, Tar e Corte Costituzionale permettendo perché Città metropolitana e governo sono pronti a ricorrere contro l’indizione del referendum separatista, e a quel punto dalla bagarre si salvi chi può.