Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Berto’s, le cucine progettate con gli chef
Enrico Berto: «Nel team che segue i prodotti più evoluti ci sono anche gli stellati. Ma i nostri impianti sono utilizzati in mense, caserme e ospedali in 90 Paesi di tutto il mondo»
Trenta laureati e 50 diplomati su 120 dipendenti. Ma a contribuire alla progettazione delle cucine professionali più evolute della padovana Berto’s è anche un piccolo team di chef stellati con i quali la casa ha uno stabile rapporto di collaborazione. A parlarne è il presidente e amministratore delegato Enrico Berto. «Gli chef stellati sono una frontiera importante, i campioni della migliore cucina internazionale, professionisti che fanno ricerca ed esprimono esigenze alle quali dobbiamo riuscire a far fronte».
Lo stimolo a imparare, insomma, non può mai venire a mancare anche se si costruiscono cucine professionali da 45 anni.
«Questo vale sempre, soprattutto quando si ha a che fare con mercati di riferimento diffusi su uno scenario intercontinentale. E vale anche quando si tratta di adeguare il modello imprenditoriale e finanziario alle sfide della globalizzazione».
Si riferisce all’esperienza acquisita aderendo al programma Elite, di Borsa Italiana (il progetto dedicato alle imprese con alto potenziale di crescita, ndr)?
«Vi siamo entrati soprattutto per questo, come ci aspettavamo è stato molto utile sotto il profilo formativo. In previsione non abbiamo una quotazione, almeno per ora».
Forse mettete in previsione un ingresso di soci esterni?
«No, possiamo contare su una capitalizzazione propria abbastanza solida da permetterci di fare affidamento, per i piani di investimento, sulle nostre gambe. Dalla fondazione dell’azienda, nel 1973, su iniziativa di mio padre Giorgio abbiamo regolarmente registrato bilanci in crescita. Il patrimonio deriva dalla scelta di non distribuire utili. Abbiamo sempre reimpiegato i profitti per far diventare grande la società, che oggi vanta un fatturato di 21,7 milioni su una curva di costante ascesa annua del 3%, realizzato per l’80% all’estero».
In campo internazionale avete mercati che oggi appaiono più promettenti di altri?
«Le nostre esportazioni sono indirizzate in larga misura all’Europa e riguardano prodotti industriali ben fissati a modelli ‘Western style’. Non declinati, cioè, secondo il modo di cucinare di aree lontane del mondo come l’Est asiatico». Non vi interessa? «Lì vive una popolazione enorme. Forse in un’ottica di medio-lungo periodo potremmo cominciare a considerare anche quei quadranti».
Che cosa spinge la necessità di rendere anche questi impianti sempre più connessi alla Rete?
«Una cucina professionale, al netto del suo valore di prodotto progettato su misura e con grande cura artigianale nella realizzazione, vista come macchina industriale necessita di servizi post-vendita analoghi a quelli di qualsiasi altro strumento di lavoro di gamma alta. Le nostre vengono usate in mense, caserme ed ospedali in 90 Paesi del mondo, su di esse operano cuochi per molte ore di seguito tutti i giorni. Dunque sono soggetti a usura ed è fondamentale fornire soluzioni di connettività che consentano da parte nostra un monitoraggio a distanza dello stato di salute di ogni elemento»..
Elite Il programma per imprese con alto potenziale di crescita, ci è stato utile sotto il profilo formativo