Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Lite sui campanelli, la causa dura 18 anni
Nel 1999 una condomina trascinò i vicini in tribunale: ora dovrà risarcirli uno a uno
Per quasi 18 anni si sono guardati in cagnesco per le scale del condominio in attesa che un giudice di primo grado, una corte d’Appello e la Cassazione decidessero da che parte pendeva la ragione. La baruffa di palazzo Obizzi, che ha due entrate, è iniziata perché una condomina voleva spostare i campanelli da un portone all’altro. Il resto dei residenti non voleva. Al terzo grado di giudizio, 18 anni dopo, è stata posta la parola fine. E ora lei dovrà risarcirli tutti.
La guerra dei campanelli iniziò 18 anni fa. Per tutto questo tempo nell’androne del palazzo del centro storico le parti avverse si sono incrociate ed, è da supporre, si sono guardate di sottecchi e salutate a denti stretti. Da qualche settimana si può cambiare registro: è dovuta arrivare la Cassazione per mettere la parola fine a una vicenda paradossale. La baruffa si compie a palazzo Obizzi, dimora antica in centro storico che ha una particolarità: il palazzo fa angolo con via dei Soncin, ci sono due entrate in entrambe le vie, i campanelli sono solo vicino ad un portone, non nell’altro. Le cinque o sei famiglie che abitano lì hanno fatto l’abitudine a questa stranezza. Tranne una. Una 45enne (che all’epoca dell’inizio di questa storia ne aveva meno di 30) si è infatti incaponita su un punto di principio: la campanelliera non può stare solo su una strada, deve stare nell’altra. Ci si poteva mettere d’accordo a tavolino con gli altri condomini? Certo che si poteva, ed è anche stato fatto. Un’assemblea condominiale del 24 marzo 1999, svolta alla presenza dei residenti e dell’allora amministratore condominiale, decide che sì, è giusto cambiare sede alla campanelliera. Ma, ed è qui che la storia prende una brutta piega, la stessa assemblea qualche mese dopo cambia idea: i campanelli restano dove sono. Pazienza per la comodità, pazienza anche per gli ospiti che ogni volta chiamano perché non sanno da che parte si entra, d’altro canto impareranno anche loro: a palazzo Obizzi funziona così. Ma la 45enne ne fa una questione di principio e non molla. Si affida a due avvocati e trascina tutti i condomini (avvocato Michele Dell’Agnese) e l’amministratore in tribunale. «Il giudice faccia rispettare quanto deliberato nella prima assemblea», scrivono i legali. Ma il giudice prende atto che lo stesso peso e la stessa valenza ce l’ha anche la decisione successiva, quella che dice no al trasloco dei campanelli. Nel 2005 il magistrato emette la sentenza: in primo grado la professionista oltranzista perde. E intanto sono passati sei anni. Ma lei non si arrende, fa appello, e la diatriba arriva al secondo grado di giudizio. Perde anche quello ed è una batosta: la ricorrente deve infatti rifondere con una cifra che si avvicina a 5mila euro l’amministratore e altri condomini. Per inciso: 5mila euro ciascuno, non complessivi. Ma lei ancora non si arrende: nel 2013 va in Cassazione. E intanto sono passati 14 anni. Martedì scorso è stata pubblicata la decisione della Suprema corte: fine delle baruffe, la 45enne ha torto, gli altri ragione. Non solo. Dovrà rifondere l’amministratore con 3200 euro, 3200 euro agli altri condomini. Diciassette anni le sono costati una cifra che supera i 20 mila euro. E intanto i campanelli non si sono mossi di un centimetro.