Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Mazzette all’università Un dipendente tentò di sabotare le indagini
Uno dei tecnici di Ravazzolo ha distrutto una cimice
C’era chi sapeva. E chi sapeva ha fatto di tutto per sabotare l’indagine, fino ad arrivare a scoprire e a togliere le telecamere installate dagli investigatori. È questo un nuovo capitolo dell’inchiesta sulle presunte tangenti all’università, che svela come alcuni dipendenti dell’ateneo non fossero solo semplici esecutori degli ordini di Ravazzolo, ma siano stati anche disposti a mettere a rischio la loro fedina penale per togliere il dirigente dai guai, evidentemente ricevendone in cambio una contropartita.
Domani sono attesi gli interrogatori di garanzia per Ettore Ravazzolo, vicentino, ex dirigente del settore edilizia del Bo, e di Massimiliano De Negri, impresario della Bassa Padovana, entrambi ai domiciliari da mercoledì per corruzione e turbativa d’asta. Nei guai insieme a loro ci sono altre 15 persone fra impresari più o meno in vista, dipendenti della Provincia (altro ente su cui si sta indagando) e tecnici e impiegati dell’università. Tra questi spicca la figura di una persona che a metà indagine viene a sapere che la procura sta indagando su tutti quei lavori spezzettati con l’obiettivo di non fare mai gare ma solo affidamenti diretti.
Ebbene la scena, raccontata nell’ordinanza di custodia cautelare, sembra quasi tratta da un film di spionaggio. Il dipendente dell’università, informato sull’indagine, si è alzato dalla scrivania ed è salito in piedi su una sedia, fino a raggiungere la grata dell’impianto di areazione. Tolta la grata, si è ritrovato faccia a faccia con una piccola videocamera installata dagli agenti della polizia giudiziaria. Il dipendente, ora indagato, ha staccato la telecamera. Poi avrebbe fatto la stessa cosa con altri dispositivi della polizia.
È quello il momento in cui Ravazzolo decide che non è più una buona idea ricevere gli imprenditori in ufficio e si sposta nei ristoranti più chic della città. Nonostante abbia avuto la certezza di essere sotto controllo per quegli appalti frazionati e quella mancata rotazione che impone la legge, Ravazzolo ringrazia gli impresari che gli consentono un alto tenore di vita, e continua a cercare di piegare le norme a suo favore. Il pranzo del 29 luglio è sintomatico che il «comitato d’affari» (così il gip definisce il gruppetto che si divide la torta degli affidamenti) crede di poter beffare la procura: quel giorno al tavolo sono seduti Ravazzolo, De Negri, (difesi dagli avvocati Caruso e Pavan), l’idraulico Otello Bellon (avvocato Giovanni Lamonica) e Federico Martini della ditta di Mortise, Ravazzolo dice ai tre di confezionargli i documenti per la partecipazione agli affidamenti e poi gli imprenditori si organizzano per fargli trovare le carte pronte.
In qualche caso sarebbe stato chiesto aiuto al funzionario della Provincia Massimo Montato (indagato). In cambio delle assegnazioni gli imprenditori a turno avrebbero regalato a Ravazzolo costose ristrutturazioni della sua casa a Valdagno, dell’appartamento in affitto a Padova, di un trullo recentemente acquistato in Salento. Al vaglio di polizia, carabinieri e guardia di Finanza (la sezione di polizia giudiziaria mette insieme tutte le competenze) ci sono 700 mila euro di affidamenti diretti concessi da Ravazzolo a De Negri dal 2014 al 2016. Tra questi
Il sabotaggio Un impiegato è salito su una sedia, ha aperto una bocchetta e ha scardinato una cimice Posizioni sfumate Alcuni degli indagati hanno posizioni più lievi: hanno solo eseguito gli ordini
lavori c’è anche la manutenzione di un laboratorio didattico al Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale di via Marzolo. In quell’occasione viene coinvolto anche Umberto Turrini, ricercatore e responsabile dell’aula.
Turrini chiama Ravazzolo e gli dice che ci sono dei lavori di muratura e ritinteggiatura da fare, e il dirigente gli dice di quantificare il lavoro e assegnarlo direttamente a De Negri. La cifra scritta nero su bianco è di 35 mila euro, appena sotto la soglia di legge che impone di fare una gara. Turrini non si fa molte domande e procede. Del resto lui è un ingegnere ricercatore, gli appalti non sono il suo campo. Era verosimile che eseguisse le disposizioni del dirigente addetto alle manutenzioni.
La responsabilità di Turrini va quindi proporzionata al suo grado di competenza in tema di appalti. Così come va parametrata con cautela la responsabilità dei dipendenti sottoposti di Ravazzolo, chiamati a eseguire le disposizioni del capo senza troppe discussioni.