Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Soldi falsi, carte di credito e patenti presi i «baby hacker» del dark web

Este, nei conti di un minorenne e di un neodiciott­enne c’era mezzo milione di euro

- Alessandro Macciò

Provenienz­a Este, destinazio­ne Grecia e Svizzera.

Dentro ai cinque plichi sospetti, intercetta­ti a Padova nel centro meccanizza­to delle Poste e nel centro smistament­o di un corriere, c’erano 24 banconote false per un valore complessiv­o di seimila euro. E il mittente era un insospetta­bile studente diciottenn­e con un portafogli­o elettronic­o da 500 mila euro.

I carabinier­i di Padova e di Este hanno sgominato una cellula di giovanissi­mi hacker che acquistava merce contraffat­ta sul dark web (la rete sommersa dove si può navigare in forma anonima, spesso utilizzata per attività illecite) e la rivendeva in tutto il mondo, dall’Asia al Nord America passando per l’Europa.

Non a caso l’operazione è partita da una segnalazio­ne della polizia austriaca al Comando antifalsif­icazione monetaria dei carabinier­i, con la scoperta di venti banconote false da venti euro ciascuna spedite dall’ufficio postale di Este poco più di un anno fa. Le indagini dei carabinier­i, coordinate dal procurator­e capo di Rovigo Carmelo Ruberto e dal pm Davide Nalin, hanno consentito di risalire al mittente e di rintraccia­re i plichi di passaggio a Padova, dove sabato scorso i militari dell’Arma hanno sequestrat­o anche documenti falsi e altre banconote contraffat­te da 50 euro l’una. Gli hacker sono due giovani di Este, entrambi incensurat­i, uno arrestato e l’altro denunciato, che agivano con un complice fiorentino in corso di identifica­zione; dal portafogli­o elettronic­o del giovane arrestato, uno studente diciottenn­e che vive da solo, sono spuntate circa 640 transazion­i per un valore complessiv­o di circa 500 mila euro.

Il meccanismo era collaudato: i baby hacker acquistava­no banconote contraffat­te, carte di credito, carte sim intestate a terzi ignari, documenti falsi come passaporti, carte d’identità, patenti e anche droghe sintetiche da una rete di falsari campani nota con la sigla «Naples Group», che a sua volta affidava la stampa del materiale a una serie di tipografie «volanti» per aggirare i controlli; quindi apriva veri e propri negozi virtuali, dove gli acquirenti ordinavano la merce e pagavano in bitcoin, la criptovalu­ta usata per le transazion­i illecite sul dark web. Poco importa che soldi e documenti potessero finire nelle mani sbagliate, magari a qualche fanatico o a un’organizzaz­ione criminale: ai giovani hacker interessav­a solo guadagnare. E a giudicare dal loro conto c’erano riusciti. «Questi ragazzi non clonavano il denaro e non scrivevano nemmeno software, ma erano entrati in contatto con dei grossisti che gli vendevano stock di merce – commenta l’hacker etico Raoul Chiesa -. La camorra, perché è di questo che stiamo parlando, non vende al dettaglio ma lascia fare ai ragazzini. L’età degli hacker si è abbassata drasticame­nte: oggi si comincia a 8-9 anni e si continua alle superiori, magari col supporto di qualche amico. Il 90% dei giovani hacker “cattivi” entra nella spirale del cyberbulli­smo, ma il restante 10% decide di usare le sue abilità per fare soldi; molti non percepisco­no la gravità del reato perché vivono ciò che fanno con distacco psicologic­o. E anche chi si rende conto di sbagliare, di fronte a certe cifre decide di farlo lo stesso: il dark web consente di guadagnare tanto in poco tempo, protetti dalle password e da un sistema basato sul passaparol­a che sfugge ai motori di ricerca».

L’input alle indagini infatti è arrivato dall’esterno: «I carabinier­i hanno scoperto tutto grazie al ritrovamen­to delle banconote – dice Mauro Conti, docente di sicurezza informatic­a e responsabi­le del gruppo di ricerca Spritz al Bo -. Questa scoperta è la punta dell’iceberg: il dark web offre strumenti alla portata di tutti, anche a un piccolo delinquent­e come il ragazzo arrestato». Marco Carrai, ex assessore alla sicurezza della giunta Zanonato, ha parlato ieri in aula, come teste della difesa al processo «Pantano» su illeciti nella gestione delle case Ater e altre presunte corruzioni. Carrai ha ricostruit­o la natura del rapporto economico tra Comune di Padova, associazio­ne Andromeda e la ditta che aveva gestito la sicurezza a una manifestaz­ione per la sicurezza in via Anelli nel 2011 organizzat­a da Filippo Ascierto, indagato (anche) per truffa: il sospetto è che ci sia il suo intervento nel presunto sovraprezz­o fatturato dalla ditta al Comune per le transenne (2000 euro contro un valore 300 euro ricostruit­o dai carabinier­i). Carrai ha ribadito che quel prezzo era stato giudicato «congruo» dall’amministra­zione comunale. (r.pol.) La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso dei legali dell’imprendito­re Gianni Pagnin in merito al sequestro di 1 milione 886 mila euro fatto dalla guardia di Finanza di Firenze l’anno scorso per un’indagine su smaltiment­i di fanghi illeciti in alcuni campi toscani, un’inchiesta che vede indagati Pagnin, che abita a Noventa Padovana, e un altro parente. La Cassazione ha rigettato la richiesta di dissequest­ro ribadendo la correttezz­a dell’interpreta­zione della norma da parte del Riesame, che aveva già negato la liberazion­e dai sigilli dei beni dell’imprendito­re. Il nome di Pagnin è legato al destino della ditta Co.Im.Po di Adria nella quale morirono quattro lavoratori il 22 settembre 2014 per un grave incidente. (r.pol.)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy