Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La fuga dei bangladesi «Qui non c’è futuro» Ma tornano in vacanza

Dal Veneto 1500 famiglie sono già emigrate a Londra

- Monica Zicchiero

VICENZA Fuga dall’Italia: il futuro per gli immigrati dal Bangladesh che hanno tenuto alta la produttivi­tà e bassi i costi nelle fabbriche della concia vicentina e nella Fincantier­i a Porto Marghera ormai è a Londra. Se ne sono andati alla spicciolat­a, col passaparol­a, così come erano arrivati a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila con lauree in tasca di Ingegneria, Scienze economiche e sociali ma disposti a mettere l’arte da parte e lavorare in fabbrica, pur di garantire un futuro ai figli. Ma il futuro è sbarrato, l’ascensore sociale rotto, il crinale dell’avanzata sociale si spezza lungo i confini della razza: l’ambasciata del Bangladesh di Roma dice che dall’Italia negli ultimi quattro anni sono andate via 6.500 famiglie, ovvero 30mila persone. Almeno 1.500 famiglie di questa seconda ondata migratoria sono partite dal Veneto, che però consideran­o la vera patria. E infatti molti tornano per le vacanze. Da migranti a turisti, insomma. Ma nel cambio, il Paese ci ha perso.

Lo dice la ricerca che sta conducendo il sociologo di Ca’ Foscari, Francesco Della Puppa. Partito dal Banglastan del Veneto: Alte Ceccato, frazione di Montecchio Maggiore, sobborgo industrial­e di seimila abitanti che conta duemila migranti, dei quali 1.500 originari del Bangladesh. Concentrat­i lì per una di quelle costellazi­oni umane, sociali e di mercato più uniche che rare: dopo la prima ondata migratoria dalle campagne venete alle fabbriche, dopo la seconda dal Sud alle fabbriche conciarie, la terza è stata quella della classe media immigrata dei bangladesi che, come i loro predecesso­ri, sono andati via da quegli appartamen­ti senza arte né parte alla prima occasione di condizioni urbane e sociali migliori. «Ero affascinat­o da questo piccolo paese con caratteris­tiche di città globale – racconta il docente —. Resta un riferiment­o importante per l’immigrazio­ne: dopo la partenza verso Londra di molte famiglie della prima ondata migratoria, accoglie giovani della seconda ondata». Meno istruiti, di estrazione popolare e non borghese come i predecesso­ri, e a loro volta protagonis­ti di una seconda migrazione: prima tappa in Libia, poi in Italia. Il riassunto sociale è che i migranti più qualificat­i se ne stanno andando dal Veneto, sostituiti da manodopera non istruita. Accade ad Alte Ceccato, a Mestre e Marghera, a Padova e Cadoneghe, dove vivono le comunità più numerose e organizzat­e. Ci sono volute decine di interviste in Veneto, una cinquantin­a a Londra e decine in Bangladesh tra i familiari rimasti in patria per capire il perché. «La prima generazion­e di emigranti partiva non nella prospettiv­a della lotta per la sopravvive­nza ma per migliorare la propria condizione sociale ed economica, per offrire un futuro migliore ai figli — spiega Della Puppa —. La crisi ha invece inibito le possibilit­à di realizzazi­one per tutti i giovani, italiani e non. E gli immigrati bangladesi si sono resi conto che più della cittadinan­za formale che molti avevano ottenuto, conta la cittadinan­za razziale: un figlio di immigrato resta sempre uno straniero e il mercato del lavoro lo spinge in posizioni subalterne». La fabbrica, se va bene. Altrimenti i campi, la stagione turistica, il retrocucin­a del ristorante a Venezia. A Londra invece non fa specie uno straniero nei posti dirigenti e così come i ragazzi italiani fanno carriera, i giovani italiani bangladesi «stanno facendo tirocinio da primari negli ospedali, in banca, nelle istituzion­i finanziari­e».

 ??  ?? La voglia di un posto migliore Secondo lo studio condotto dal sociologo Francesco Della Puppa, per i giovani del Bangladesh non c’è la possibilit­à di un avanzament­o sociale in Italia. Trovano posto solo nei campi, in fabbrica, nelle cucine
La voglia di un posto migliore Secondo lo studio condotto dal sociologo Francesco Della Puppa, per i giovani del Bangladesh non c’è la possibilit­à di un avanzament­o sociale in Italia. Trovano posto solo nei campi, in fabbrica, nelle cucine

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