Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Sparò al ladro: condannato

Il macellaio di Legnaro dalla terrazza ferì a fucilate l’albanese nel cortile di casa. Dovrà anche risarcirlo Quattro anni per tentato omicidio a Onichini. Le urla dei venetisti in aula, bufera politica

- Roberta Polese

Walter Onichini (in foto con la moglie), il macellaio di Legnaro che nel 2013 sparò al ladro nel cortile di casa, è stato condannato per tentato omicidio volontario a 4 anni e 11 mesi e a una provvision­ale di 24.500 euro. La sentenza ha scatenato la polemica politica. Le urla dei venetisti in aula: «Vergogna».

È arrivato in tribunale di buon’ora, si è seduto sul banco degli imputati e ha voluto che lo lasciasser­o solo. Si è alzato in piedi quando il collegio di giudici è entrato in aula, e alla parola «colpevole» ha appoggiato una mano sulla scrivania davanti a lui, quasi a sostenersi. La moglie, dietro, è esplosa in lacrime.

Walter Onichini, macellaio di Legnaro che la notte del 22 luglio 2013 sparò al ladro che gli era entrato in giardino per rubargli l’auto, è stato condannato ieri a quattro anni e 11 mesi per tentato omicidio. Il pubblico ministero aveva chiesto cinque anni. Oltre alla condanna il collegio ha stabilito una «provvision­ale» (anticipo di risarcimen­to) di 24.500 euro, oltre a quasi diecimila euro di spese legali.

I giudici hanno sostanzial­mente accolto la tesi dell’accusa: quella notte Onichini voleva ammazzare Elson Ndreca, albanese che all’epoca aveva 25 anni, pregiudica­to: «Temevo per mio figlio, pensavo a un rapimento, non volevo ucciderlo», così si è sempre difeso l’imputato. Dopo la lettura della sentenza, Onichini si è allontanat­o abbracciat­o dalla moglie e dalla madre. Circondato dalla solidariet­à di un centinaio di indipenden­tisti veneti che lo hanno supportato, come sempre, con bandiere e striscioni, ha usato parole dure contro i giudici e contro lo Stato: «Questa sentenza non è in nome del popolo italiano, il popolo italiano è con me». Poco lontano, dentro l’aula, un coro di proteste e insulti si è levato all’indirizzo dei giudici: «Fate schifo, questo paese protegge i ladri e condanna le brave persone». «Vergogna, traditori», hanno urlato indignati gli indipenden­tisti veneti mentre il cancellier­e tentava inutilment­e di riportare l’ordine.

A pesare sulla condanna è stato non solo il colpo di fucile che ha centrato l’albanese, ma anche quello che accadde dopo. La notte del 22 luglio il macellaio e la moglie si svegliaron­o di soprassalt­o per alcuni rumori sentiti in giardino. Il macellaio uscì dal terrazzo della camera da letto, che si affacciava sul piccolo piazzale privato in cui era parcheggia­ta

la sua auto. Quando vide la macchina muoversi prese il suo fucile e sparò al ladro. Immediatam­ente scese le scale, spostò l’albanese sul lato passeggero, aprì il cancello e uscì di corsa in direzione Saonara: «Volevo portarlo all’ospedale», è la versione che Onichini ha sempre dato prima ai carabinier­i e poi al pm Emma Ferrero, che coordinava le indagini. Ma in ospedale il macellaio non arrivò mai: abbandonò il ladro a circa un chilometro da casa, in una strada sperduta tra i campi. Perché? Perché sembra che Ndreca lo avesse minacciato con un coltello.

Una volta a casa, Onichini chiamò i carabinier­i. L’albanese venne trovato quasi subito, se l’ambulanza non fosse arrivata in tempo sarebbe morto dissanguat­o. Il coltello della presunta minaccia non fu mai trovato. Per questo il macellaio venne subito accusato di tentato omicidio: è vero che il ladro gli stava rubando la macchina ma la vita di Onichini non era in pericolo, la sua reazione, lo sparo, la fuga e l’abbandono, sarebbe stata sproporzio­nata rispetto al rischio effettivam­ente corso. Ndreca è stato a sua volta processato e condannato a tre anni e 8 mesi, oltre a un risarcimen­to da definire in sede civile. Ora l’uomo è latitante. In ballo c’è ancora un doppio processo civile: per i danni subiti dallo sparo Ndreca ha chiesto a Onichini 324 mila euro, ma lo stesso macellaio dovrà essere risarcito per il furto subito. Tutto è ancora in divenire.

Intanto ieri è arrivata la condanna in primo grado, il legale difensore Ernesto De Toni dice che la questione non si chiude qui: «Leggeremo la sentenza e poi faremo appello». La condanna quindi è ben lontana dal diventare definitiva. «Walter sta sostenendo spese legali molto costose – ha affermato ieri Lucio Chiavegato, leader di quel movimento dei forconi venetisti stroncato da un’indagine per eversione nel 2014 e sfilacciat­osi in mille rivoli che si ricompatta­no quasi unicamente sulla legittima difesa – Noi ci siamo, lo aiuteremo». E la rivoluzion­e? «Quale rivoluzion­e? Questo è un paese irriformab­ile».

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(foto Bergamasch­i) La commozione Walter Onichini e la moglie abbracciat­i dagli amici alla fine dell’udienza
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