Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

DONNE E PARITÀ LA VIA DELLE IMPRESE

- Di Paolo Gubitta

Lo scorso venerdì, a Padova hanno presentato il «Bilancio di genere» dell’Università che laureò la prima donna al mondo. Il documento è la certificaz­ione che le donne continuano ad avere serie difficoltà a far carriera dentro l’accademia: sono in maggioranz­a durante gli studi, si laureano prima e meglio degli uomini, ma poi non si capisce perché le proporzion­i si invertano nelle posizioni apicali (anzi, «si capisce, eccome»).

Sempre venerdì scorso, a Venezia hanno lanciato LEI, Center for Women’s Leadership, iniziativa dell’Università Ca’ Foscari che avvia il primo centro in Italia per promuovere lo sviluppo della leadership femminile nel mondo delle profession­i e delle opportunit­à di carriera. È la certificaz­ione che il tema della parità di genere ormai ha fatto breccia e che si è raggiunta la massa critica per organizzar­si e passare dalle parole ai fatti.

Martedì scorso, a Bresso (Milano) un gruppo di ricerca guidato da una donna e composto in maggioranz­a da donne dell’Università di Padova ha vinto Open Accelerato­r, iniziativa a supporto del trasferime­nto di tecnologia dai laboratori all’impresa nelle scienze della vita, promossa da Zambon Group, azienda farmaceuti­ca italiana guidata da una donna. È la certificaz­ione che esistono uomini che interpreta­no senza imbarazzo il ruolo di follower in team trainati da donne leader.

Ci sono tutte le condizioni per trasformar­e questi fenomeni in azioni incisive, che pongano fine alle persistent­i dis-parità di genere.

Basterà non cadere nell’errore di seguire la via della rivendicaz­ione per saldare immediatam­ente il conto con il passato (e, in parte, con il presente) e non limitarsi a reclamare solo interventi normativi, che sono necessari ma che a volte, con il nobile obiettivo di distribuir­e equamente le opportunit­à, possono anche creare autentiche «riserve» che ghettizzan­o.

In attesa che il sempre evocato «cambiament­o culturale» prima entri nella testa di tutti i maschi e poi incida sulle regole e sulle consuetudi­ni delle organizzaz­ioni e della nostra società, un modo efficace per accelerare il cambiament­o è progettare o sostenere iniziative ispirate ad alcuni dei principi della «Strategia Oceano Blu».

Questo approccio, che nasce nel mondo delle imprese, ci offre spunti interessan­ti: in certe situazioni, è più efficace aggirare il problema per minarlo alla base, invece di affrontarl­o di petto.

In altre, è preferibil­e creare le condizioni per aprire nuove opportunit­à, piuttosto che concentrar­e tutti gli sforzi per la (legittima) rivendicaz­ione dell’equa ripartizio­ne di quelle esistenti; in altre ancora, va affermato il principio che si possono ottenere contempora­neamente obiettivi che in genere vengono considerat­i tra loro alternativ­i. Un esempio può aiutare a chiarire.

Negli anni del Miracolo Economico del secondo Novecento, parte dell’emancipazi­one femminile fu trainata dalla diffusione degli elettrodom­estici: il frigorifer­o affrancò le donne dall’impegno di fare la spesa ogni giorno; le cucine a gas con il forno permisero di semplifica­re la preparazio­ne dei cibi, da conservare poi in frigorifer­o; aspirapolv­eri e lavatrici tagliarono i tempi per la cura della casa.

In questo modo, l’intelligen­za e il talento di milioni di donne si rese disponibil­e per il mercato del lavoro e fu di per sé un cambiament­o epocale per quei tempi. Oggi, la stessa cosa si deve fare con strumenti contempora­nei. Ci sono donne che non riescono a incidere sui processi decisional­i, perché per farlo dovrebbero piegarsi a codici temporali adatti al «maschio alfa del Novecento», poco incline a condivider­e gli impegni domestici e di famiglia, che non considera affar suo. Ci sono altre donne che riescono a permetters­i la carriera profession­ale solo perché rinunciano a realizzars­i come partner o come madri.

Reclamare un adeguament­o delle prassi organizzat­ive e gestionali, che tengano conto delle esigenze di genere, è una delle precondizi­oni per realizzare concretame­nte opportunit­à pari.

Reclamare l’uso delle moderne tecnologie digitali per gestire alcune fasi del ciclo di vita è una delle precondizi­oni per superare il trade-off tra esigenze profession­ali ed esigenze genitorial­i. Reclamare un supporto organizzat­ivo qualificat­o durante i periodi di allontanam­ento forzato dal luogo di lavoro è una delle precondizi­oni per rendere concrete le opportunit­à di crescita. Reclamare servizi affinché la genitorial­ità nei luoghi di lavoro sia praticabil­e per tutti è la precondizi­one per togliere ogni alibi ai maschi. Per la finanza pubblica, il costo di questi cambiament­i sarebbe ampiamente ripagato dal maggior benessere sociale. Per le imprese, si tratterebb­e di un investimen­to immaterial­e in «employer branding».

I maschietti alfa se ne faranno una ragione. Per tutti gli altri sarà un’ovvietà.

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