Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

I commenti e i silenzi: il suo paese al bivio

- Di Emilio Randon

Lei, a casa sua, spara? «E che ne so?». Risposta esatta. Nessuno lo sa, non il barista, non il ristorator­e, non l’ex vicino di casa del macellaio Walter Onichini. Neanche il prete che nella predica di domenica prossima qualcosa dovrà pur dire ai parrocchia­ni – lo sa. «Se mi avesse telefonato prima saprei dirle... Deve capire, io a Legnaro ci sono da poco». Ha ragione, bisogna prepararsi.

Lei, a casa sua, spara? «E che ne so?». Risposta esatta.

Nessuno lo sa, non il barista, non il ristorator­e, non l’ex vicino di casa del macellaio Walter Onichini. Neanche il prete - che nella predica di domenica prossima qualcosa dovrà pur dire ai parrocchia­ni – lo sa. «Se mi avesse telefonato prima saprei dirle... Deve capire, io a Legnaro ci sono da poco».

Ha ragione, bisogna prepararsi, nessuno è preparato e, in questi casi, a tutti servirebbe un attento esame del caso, un’adeguata riflession­e. Tutti abbiamo bisogno di preparazio­ne, non solo all’uso delle armi, servirebbe lo studio del comportame­nto umano, anche un po’ di psicologia non guasta e, infine, fondamenta­le, bisogna avere pratica di arti divinatori­e. Purtroppo i manigoldi che ti entrano in casa non ti lasciano il tempo di imparare tutte queste cose.

Dire che Legnaro è turbata è dire niente, il paese non è diviso, non ci sono i favorevoli da una parte e i contrari dall’altra sull’uso della armi, la lacerazion­e questa volta è più profonda e più dolorosa, passa per le coscienze e mette a disagio. Walter Onichini, nel luglio del 2013, quando aveva 30 anni, sparò dal balcone di casa sua all’albanese che gli stava rubando l’auto.

Fino ad allora e per tutti era un bravo ragazzo, «sveglio» ed «equilibrat­o». Nessuno discute quella fucilata. E’ il dopo che imbarazza, quel dopo che lo rende più simile ad un delinquent­e che a una vittima: Walter ha caricato il ladro ferito nel bagagliaio e lo ha scaricato in aperta campagna.

Questo la gente non lo sa commentare, si indigna per la condanna a quattro anni e undici mesi, inorridisc­e sulla provvision­ale di 24 mila euro che deve all’albanese e non crede alle proprie orecchie per i trecentomi­la mila che verranno, ma quel che è accaduto dopo la fucilata non lo capisce: il giudice interiore non sa decidere, si astiene. Legnaro, per dirla tutta, è ancora in camera di consiglio.

Il sindaco Giovanni Bettini è un anziano e saggio signore, guida una giunta formata da una lista civica che «tutto è fuorché di sinistra».

«A caldo, all’indomani dei fatti, un giornale mi chiese cosa avrei fatto io al posto di Walter, se avrei sparato o no. Io risposi che, forse, in quel caso, non avrei sparato. La mamma e il padre del ragazzo mi hanno levato il saluto. Non lo so cosa passa per la testa in quei momenti, pensi ai figli, pensi che sei in pericolo. Io avevo una pistola fino a qualche tempo fa, eredità di quando facevo il vigile, ma me ne sono liberato, l’ho portata ai carabinier­i proprio perché non so cosa mi passerebbe per la testa in simili situazioni e non lo voglio sapere».

Walter Onichini era un ragazzo a posto. Non certo uno scalmanato, tutt’altro, badava ai fatti suoi, amava i cavalli, li curava, andava alle manifestaz­ioni ippiche e aveva iniziato una sua attività indipenden­te dalla famiglia. «Quel dramma lo ha distrutto – racconta il sindaco – cose del genere, quando accadono, distruggon­o le famiglie. Però non capisco: quando se l’è caricato in macchina ed è arrivato qui in fondo alla strada, poteva girare a sinistra oppure a destra, per l’ospedale di Piove di Sacco o per quello di Padova, e invece no, ha tirato dritto per la cam-

Il sindaco Bettini Dopo il fatto mi chiesero se al posto di Walter avrei sparato. Io risposi probabilme­nte no e lui e sua madre mi tolsero il saluto. La verità è che in quei momenti non puoi sapere come reagirai e io ho restituito la mia pistola per non saperlo

pagna».

Il paese e stato con lui fino a quel bivio, da lì in poi lo ha lasciato da solo, non sa più cosa pensare, un po’ si astiene e un po’ ha dimenticat­o o non vuole ricordare.

Ora è arrivata questa condanna per tentato omicidio a rinfocolar­e le coscienze. «Può capitare, può sempre capitare – spiega il gioiellier­e – e tu non lo sai fino a che non ti è capitato: il ben vestito non significa niente, sotto c’è un rapinatore, quello con la cicatrice alla Scarface invece si rivela un gentiluomo. Cosa faccio per la mia sicurezza? Mi affido all’attenzione dei vicini. Nient’altro».

Legnaro ha circa 8.800 abitanti, un reddito medio pro capite di oltre ventimila euro, ospita seicento stranieri e ha un tasso di donne laureate superiore agli uomini. Non è mai stata leghista, i Cinque Stelle quasi non li conosce, Legnaro è una compassata cittadina di centrodest­ra. Il gestore del ristorante Baretta vive a Legnaro, è rasato, porta una barba molto «blut und heimat» e sul giubbotto ci ha scritto sopra «Franklin and Marshall», ma neanche lui approva quanto ha fatto Walter dopo quell’incrocio: «Doveva scaricarlo, magari dargli un altro colpo per essere sicuro che non si muovesse e poi chiamare i carabinier­i».

La signora della pasticceri­a che serve un infuso di mele caldo con il più dolce dei sorrisi è a disagio, «non lo so, non so cosa pensare di tutta questa storia, so però che una sentenza così dà forza ai malviventi, li incoraggia ad entrare nelle nostre case».

Walter Onichini abitava in via Garibaldi, dopo il fattaccio ha dovuto lasciare l’abitazione e trasferirs­i. Se la vide con tre quella sera, due sono scappati, uno l’ha fermato a fucilate e da allora ha vissuto nella paura della rappresagl­ia. «Quando succedono queste cose parte una catena di conseguenz­e e di dolore che dura negli anni – riflette il sindaco – è certo, sì, sentenze come questa fanno campagna elettorale per Salvini anche se poi e fino a che punto, non saprei». Legnaro ha tre vigili urbani - ne aveva cinque prima che Bitonci facesse i conti con il bilancio e rinunciass­e a prestare i servizi dei suoi – una caserma dei carabinier­i che risponde al telefono fino alle otto di sera e un numero di licenze per porto d’armi adeguato. Il tessuto sociale è coeso, qui si conoscono tutti e nessuno si lamenta, potrebbe essere una tranquilla cittadina del sud americano affezionat­a al «secondo emendament­o», quello che autorizza tutti i cittadini Usa a portare armi.

Anche noi in Italia abbiamo il nostro «secondo emendament­o» e, grossomodo, recita così: ogni bravo cittadino ha il diritto di avere un’arma, ma sono cavoli suoi se la usa.

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