Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Ma il titolare non ci sta: «Macché denaro sporco, è l’eredità di mia suocera»
«I Trulli» di piazza dei Frutti, ai piedi del Palazzo della Ragione nel centro storico di Padova, è ormai da vent’anni un punto di riferimento per tutti gli amanti della buona tavola, soprattutto in questi giorni che precedono le feste. Burrate, fior di latte, ricotte, mozzarelle, scamorze e pecorini. E poi friselle, panzerotti, dolci, vini, olii, acciughe, sarde e pasta fresca.
Un vero e proprio tripudio di prelibatezze, per tasche belle imbottite, rigorosamente «made in Puglia». Fino a ieri mattina, però, soltanto in pochi erano a conoscenza che, dietro quelle vetrine luccicanti nel cuore dell’antico tribunale cittadino, ci fosse Giuseppe D’Onofrio, 63 anni, originario di Fasano, paesotto di circa 40mila abitanti in provincia di Brindisi, da tempo trasferitosi all’ombra del Santo dove, a parte quello di piazza dei Frutti, aveva aperto, prima di cederli, altri due negozi, uno in via Facciolati e l’altro in via Savona. Fino a una trentina d’anni fa, quando ancora abitava in Puglia, si riteneva che D’Onofrio, soprannominato «Bicicletta» per la rapidità con cui era solito scappare dalle forze dell’ordine, reggesse le fila di un vasto traffico di contrabbando di sigarette (e, si diceva, anche di spaccio di droga) e che, addirittura, fosse il referente locale dei clan mafiosi siciliani dei Madonia e dei Vernengo, tanto da aver ospitato a casa sua uno dei presunti killer, allora latitante, del generale dei Carabinieri nonché prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso da Cosa Nostra nel 1982.
Ieri mattina, D’Onofrio era in negozio: «Proventi illeciti? Ma non scherziamo, dai. La barchessa di Villa Molin e i soldi con cui ho avviato l’attività commerciale – si è limitato a dire – fanno parte dell’eredità di mia suocera, la madre di mia moglie (Annalisa Brondin, ndr), che abbiamo assistito quotidianamente fino al giorno della sua scomparsa». E mentre entravano e uscivano dal locale decine di clienti, si è fatto avanti un suo amico e collaboratore, Piero Labate: «Giuseppe è un uomo perbene, smettiamola di tirar fuori cose che risalgono a più di trent’anni fa. E’ vero, contrabbandava sigarette. E, per i suoi errori, ha pagato i conti con la giustizia. Adesso, però, è pulito Si fa un mazzo tanto dalla mattina alla sera per mandare avanti questo negozio, che lo lasciassero in pace».