Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Educazione alla libertà» Brunetti, storie di letture di padre in figlio
Com’è possibile, in un’epoca di bombardamento di stimoli, di fake news, di notizie urlate, coltivare un proprio spirito libero, riuscire, al di là della propria dotazione culturale di partenza, a costruirsi un sistema di pensiero sanamente critico? È un interrogativo che oggi sembra particolarmente attuale ma che lo era anche un tempo, ad esempio quando l’Italia era dominata da un regime totalitario che controllava tutti i mezzi d’informazione e cercava di imbottire le teste degli italiani con notizie a volte palesemente false ma, più spesso, con quelle mezze verità che
rendevano ancor più difficile smascherare l’inganno. Per questo oggi mi sembra importante non cercare solo gli eroi che sono riusciti a rompere vincoli apparentemente infrangibili, né cercare teorie che spieghino «come e perché» ci si possa riuscire ma piuttosto guardare gli esempi più terra-terra, quelli che mostrano le possibilità che ognuno, anche in condizioni molto difficili, conserva.
Educazione alla libertà, un libro di Giorgio Brunetti che ha come sottotitolo Una persona comune alla ricerca di una
coscienza critica (Nuovadimensione, 2017, p.150, 12 euro) è, proprio da questo punto di vista, un piccolo libro esemplare. Brunetti descrive la storia umana e intellettuale di suo padre, con molta schiettezza e insieme con grande delicatezza. Il passaggio da poche scuole di base a letture scelte col sistema «una tira l’altra», che lo portano dall’acquisto di un’enciclopedia fino a testi sempre più impegnativi (ad esempio Cassirer o Bertrand Russel) che però, anziché soddisfare la sua curiosità, lo spingono a porsi ulteriori interrogativi, come è proprio, se ci pensiamo, di ogni vera ricerca. Brunetti conclude la sua presentazione con questa frase: «Da figlio penso che possa essere una vicenda esemplare, così come è stata per me». L’autore non me ne vorrà se indico questa frase come una implicita indicazione relativa all’importanza della identificazione, questo meccanismo psichico inconscio misterioso (per come si realizza) che oggi sembra essere in crisi. Il libro, in questa ottica, ha quindi anche un’altra chiave di lettura, anch’essa assai attuale: come avviene la trasmissione tra le generazioni? Non è un caso, io credo, che Brunetti, da quel grande economista aziendale che è (la sua storia accademica è troppo brevemente riassunta nel risvolto della copertina) si sia spesso occupato del problema della trasmissione proprietaria e gestionale nelle aziende familiari, usando quindi di una sua importante componente personale (il riconoscimento dell’eredità ricevuta da suo padre) per metterla scientificamente a frutto anche con altre famiglie. Tuttavia un altro elemento va, penso, messo in evidenza: Brunetti ha spesso e disinteressatamente operato per aiutare importanti enti culturali a migliorare la loro gestione. Attività sempre molto apprezzata e sempre esercitata in modo riservato, tanto che molti dei nostri lettori penso non lo conoscano. È, questa, un’attività di impegno civile che reca la traccia del percorso seguito dal padre, anche se ad un livello e con competenze diversissime? Questo interrogativo è un ulteriore stimolo a leggere questo libro non solo pensando alla storia di Brunetti padre e figlio ma interrogandosi sull’oggi e sul senso che, ad esempio, l’immensa attività del volontariato - anche nella nostra regione potrebbe acquisire. Non per «darsi di più da fare» ma per rendersi sempre più capaci di pensare liberamente. E per fare apprezzare ai nostri figli questa qualità squisitamente umana.