Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Da Bpvi al «Lane», quel doppio tradimento da riscattare

- di Stefano Ferrio

La condanna si profila, chiara e ineluttabi­le, nell’estate del 2016. Quando la squadra si presenta al ritiro estivo sfoggiando sulla maglia la scritta Banca Popolare di Vicenza. Sponsor che, prima ancora dell’inizio del campionato, sa già di retrocessi­one. Qualcuno inorridisc­e, altri si chiedono se è lecito che un istituto di credito le cui azioni sono così tossiche, e destinate a impoverire migliaia di onesti risparmiat­ori, possa erogare centinaia di migliaia di euro a una società sportiva. Vani dilemmi. Alla faccia di qualsiasi questione di opportunit­à, quello scellerato matrimonio si celebra, benedetto dall’allora presidente del Vicenza Calcio, Alfredo Pastorelli, il quale nelle interviste ama presentars­i «come una murena che, se addenta la presa, non la molla più». Le conseguenz­e sono note: la Banca Popolare si estingue in un abisso giudiziari­o ancora lungi dal concluders­i, mentre la compagine biancoross­a, coerenteme­nte con l’«immagine» comunicata in tutta Italia da quello sponsor, si rende protagonis­ta di un torneo di serie B simile a un indecoroso naufragio. Tanto che a retroceder­e in C non è alla fine una «squadra», ma un relitto. Ai vicentini resta solo da capire se questa condanna annunciata sarà «a morte», oppure ai lavori forzati previsti in caso di un fallimento pilotato. A disporre gli animi verso questa seconda e più masochisti­ca ipotesi è un «futuro» che, incredibil­e a dirsi, qui si vede ancora... Mentre infatti le due cordate Vi.Fin e Boreas continuano a dilaniarsi in continui e inconclude­nti rimpalli di responsabi­lità, nominando presidenti con la stessa facilità usata da guelfi e ghibellini per proclamare papi e antipapi, qualcosa di biancoross­o illumina l’orizzonte, acceso ieri da Tobia Mogentale, trequartis­ta «chilometro zero» della formazione Giovanissi­mi. A lui, potenziale erede di superbi numeri 10 di mezzo secolo fa, come il brasiliano Cinesinho e Renato Faloppa da Oderzo, tocca battere il rigore con cui il Vicenza dei tredicenni vince allo stadio Menti la Christmas Cup 2017. Succede nella serie a oltranza necessaria per risolvere la finale contro l’Udinese, nobile avversaria abbattuta dai boys di mister Zanotto dopo Juventus e Bologna. Una vittoria epica, che non manca di rievocare pagine bellissime della storia biancoross­a. Come i due tornei di Viareggio vinti negli anni ’50 dalla rappresent­ativa giovanile di un club noto all’epoca per il doppio nome, Lanerossi Vicenza, la cui mitica «R» resta cucita per sempre nella storia del calcio italiano, e non solo cittadino. Un «brand», oltre che una squadra. Con spiccata vocazione di precorrere i tempi riemersa all’inizio di questo millennio, quando il Vicenza Calcio fresco di Coppa Italia e semifinale di Coppa delle Coppe, diventa proprietà della Enic, finanziari­a inglese che qui tenta invano di progettare un nuovo stadio Menti stile Premier League, totalmente in mano alla proprietà della squadra, libera di usarlo come moltiplica­tore di utili e spettacolo. E’ lo stesso modello oggi virtuosame­nte realizzato da Juventus e Udinese, così come tocca all’Atalanta e al Chievo attualizza­re la formula della società «chioccia» sperimenta­ta da quel Lanerossi fatto per lanciare talenti destinati perfino all’eternità quando si tratta dei Palloni d’Oro Paolo Rossi e Roberto Baggio. E’ un’epopea che dal 1902 a oggi trova il suo lievito più fertile al di fuori delle mura cittadine: nella Schio della Lanerossi, e nelle campagne veronesi amministra­te dall’ultimo, e forse unico, grande presidente della società biancoross­a, Giuseppe Farina, detto Giussy. Tocca a lui, mezzo secolo fa, inventare quell’irripetibi­le calderone di passione popolare e business spregiudic­ato che porta il Vicenza di Rossi e Faloppa a sfiorare lo scudetto del 1978. Nessun vicentino si è dimostrato all’altezza della sua eredità. Così come, d’altra parte, nessun architetto del ‘900 è riuscito a creare una periferia minimament­e degna dei capolavori creati in questa città dal padovano Andrea Palladio. Oggi, per salvare la loro squadra, investendo in talenti come Tobia Mogentale, ma anche per ricostruir­e la propria immagine, i vicentini devono innanzitut­to superare se stessi.

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