Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Emergenza pagamenti Le banche non scontano la fattura «pubblica»
Tempi ancora lunghi (meno in Veneto) se salda la PA
La Pubblica amministrazione italiana ha imparato a pagare un po’ più velocemente, rispetto agli anni scorsi, i propri fornitori privati, ma il dato non è un granché consolatorio se messo a confronto con gli altri Paesi europei. Rimangono, infatti, molti degli annosi problemi di fondo, a cui si aggiunge una accresciuta diffidenza nel sistema bancario nello scontare le fatture verso i committenti pubblici, perché la data del reale versamento dell’importo è una scommessa e questo, forse, crea alle imprese disagi più pesanti che non il ritardo stesso.
Torna in evidenza il tema del cattivo rapporto fra il sistema delle aziende che hanno fra i propri clienti, oltre a Comuni, Regioni e Usl, anche la rete infinita di società controllate dal pubblico. Il presidente di Confindustria Vicenza, Luciano Vescovi, in una recente intervista ha parlato di «emergenza pagamenti». Per intavolare l’argomento occorre in ogni caso partire dai dati disponibili che, va detto, non sempre sono convergenti.
La Cgia di Mestre, elaborando i numeri forniti da Intrum Justitia, fissa in 95 i giorni medi di ritardo che un fornitore italiano ha dovuto attendere, nel 2017, prima di vedere onorata una propria fattura da parte di un’amministrazione pubblica. Valore migliorato rispetto ai 131 giorni dell’anno precedente ma che, nella classifica dei cattivi pagatori europei, lascia il nostro Paese alle spalle della sola Grecia.
Per capirci, sempre secondo la Cgia, in Francia, Germania e Regno Unito i tempi medi di attesa nel 2017 sono stati, nell’ordine, di 57, 23 e 22 giorni.
Uno studio diffuso pochi giorni fa dalla Confartigianato di Vicenza, utilizzando dati del ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), delinea invece una situazione meno pesante. Per vedere il conto pagato, lo scorso anno un’impresa italiana legata da un contratto al settore pubblico ha dovuto pazientare in media 58 giorni, che scendono a 47 se l’ente pubblico ha sede in Veneto e addirittura a 37 se si trova in provincia di Treviso.
Un’ipotesi di spiegazione della divergenza fra i report, entrambi riferibili al sistema artigiano, risiede probabilmente nel campione analizzato. Il Mef potrebbe avere considerato soltanto le amministrazioni i cui pagamenti transitano in forma elettronica attraverso i portali dedicati, le quali sono per questo anche le più rapide ma probabilmente non ancora le più numerose. «Una buona parte dei committenti pubblici, in particolar modo quelli periferici – fa presente Paolo Zabeo, capo dei ricercatori della Cgia effettuano i pagamenti senza transitare per la piattaforma informatica e con scadenze che vanno ben oltre quelle stabilite per legge. Una vicenda che ha dell’incredibile, se si tiene conto che da due anni le imprese che lavorano per l’Amministrazione pubblica
Zabeo (Cgia) Molti enti pagano ancora fuori dal sistema elettronico Salmistrari (Ance) Ritardano soprattutto la Regione e le aziende sanitarie
hanno l’obbligo di emettere la fattura elettronica, altrimenti non possono essere liquidate».
Alessandro Conte, presidente della Cna del Veneto, riconosce che negli ultimi tempi le attese per il pagamento si sono accorciate, nonostante i ritardi tornino a essere pesanti soprattutto verso la fine dell’anno, quando i vincoli del pareggio di bilancio (il vecchio Patto di stabilità) inducono le amministrazioni pubbliche a rinviare il saldo delle fatture all’esercizio successivo. «I Comuni sono gli enti con i quali il rapporto è comunque più positivo, c’è maggiore rispetto verso i fornitori – aggiunge Conte – anche se noi insistiamo nel sottolineare come sia necessario procedere a fusioni e accorpamenti delle municipalità più piccole, che spesso non sono più in grado di gestire anche le operazioni più semplici, inducendo perciò ritardi dovuti a inefficienze».
Sul fatto che un po’ il quadro sia migliorato concorda anche Giovanni Salmistrari, presidente dell’Associazione dei costruttori edili (Ance) del Veneto, nonostante restino le lungaggini «di alcune stazioni appaltanti, prima fra tutte la Regione e soprattutto in campo sanitario». Sebbene il problema vero sembri essere non tanto il ritardo in sé: «Trenta, 60 o 90 giorni non muore nessuno. Ma l’incertezza del pagamento è talmente cronica che ormai persino le banche non accettano di scontare le fatture delle amministrazioni pubbliche, perché non c’è la data del saldo. Così rimane indeterminata, il committente traccheggia e per la banca diventa inaffidabile».