Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Elezioni, Di Maio ricomincia da Venezia E promette: «Elimino 400 leggi e l’Irap»
Dopo le critiche di Colomban, la replica del leader M5s Che sull’autonomia assicura: noi siamo a disposizione
Dall’eliminazione dell’Irap alla riduzione del costo del lavoro, passando per il taglio di 400 leggi «inutili», il candidato premier del Movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio, approda in Veneto e spiega il suo piano per le imprese. I pentastellati contano di strappare qualche collegio uninominale al centrodestra e sull’autonomia assicurano: «Siamo a disposizione».
Il pranzo con i militanti a Villa Sagredo, a Vigonovo; il giro in barca a Porto Marghera con video messaggio nautico lanciato via Facebook al popolo Cinque Stelle; il bagno di selfie in piazza Ferretto e, infine, la presentazione, sempre a Mestre, di «Gang Bank», il libro del giornalista Gianluigi Paragone dedicato ai crac bancari (Paragone, popolare qui in Veneto anche per via dei trascorsi alla Padania, si è appena candidato alle Parlamentarie del Movimento, pare destinato al collegio di Varese in Lombardia).
Giornata veneta, ieri, per Luigi Di Maio, «capo politico» dei pentastellati e candidato premier di Beppe Grillo alle elezioni del 4 marzo, che non sembra troppo preoccupato dello strapotere del centrodestra e confida di riuscire a strappare qui più di un seggio nella battaglia uninominale con l’armata Lega-Forza Italia ed il Pd, che contende ai Cinque Stelle il secondo gradino del podio: «Il centrodestra farebbe meglio ad aspettare prima di cantare vittoria, le proiezioni che leggo sui giornali sono sciocchezze. Noi non abbiamo ancora presentato i nostri candidati, lo faremo nei prossimi giorni e solo allora inizierà la battaglia. Con una differenza: noi schiereremo imprenditori, universitari, grandi nomi, gente competente e perbene. Loro “impresentabili” e “improbabili”».
Il vicepresidente della Camera, accompagnato dal capogruppo in Regione Jacopo Berti, stiletta l’Economist: «Vedo che l’establishment si compatta su Berlusconi, addirittura l’Economist, che lo riteneva inadeguato, adesso ha cambiato idea. Ma loro erano quelli che dicevano che Trump avrebbe perso, che la Brexit avrebbe perso... Ora dicono che Berlusconi batterà i Cinque stelle, è un buon augurio per noi». Poi liquida in due parole le polemiche suscitate dall’ auto candidatura del finanziere Alessandro Proto, che dalle ville vendute ai vip sul Lago di Garda alla cordata per il restauro dell’Arena (affari poi finiti tutti immancabilmente nel nulla) ha finito
Paragone Con la Lega lo Stato centrale non è dimagrito
col diventare piuttosto noto da questi parti: «Tutti vogliono prendere questo taxi per andare in Parlamento, ma solo pochissimi avranno la possibilità di salirci».
Nei giorni scorsi, intervistato dal Corriere del Veneto, l’imprenditore Massimo Colomban, uno dei primi uomini d’impresa a credere nel Movimento, amico dell’europarlamentare David Borrelli, chiamato a Roma dal sindaco Virginia Raggi per raddrizzare i conti disastrati delle municipalizzate, aveva avuto parole sferzanti per gli ex compagni di ventura: «Parliamo un linguaggio diverso. Per il M5s la ripartenza dell’economia non è una priorità. Ero andato a Roma per dare un contributo con una promessa di attenzione sulle imprese. Non è andata così». Di Maio non la prende poi così male ed anzi, fa quasi una parziale ammissione: «Può essere accaduto, in passato, che il Movimento abbia avuto le idee poco chiare in fatto di imprese o abbia dato questa impressione. Ora, con me che rappresento il programma e e il Movimento, non sarà più così. Stimo molto Colomban, ci ha dato una grossa mano e l’idea di abolire l’Irap, già da tempo inserita nel nostro programma, è frutto di un lavoro fatto proprio da lui insieme a Casaleggio e Borrelli. È una tassa incostituzionale. Come copriremo il mancato introito? Eliminando tutti i contributi a pioggia alle microimprese che non servono a nulla. La nostra manovra prevede anche l’abbassamento del costo del lavoro e la possibilità di fare investimenti in deficit, sul modello di quanto è stato fatto in Spagna. Massimo sa bene, poi, che una delle nostre priorità è l’abolizione di centinaia di leggi che stanno bloccando la vita delle imprese. Ne abbiamo già individuate 400: la sburocratizzazione non si fa con nuovi decreti ma eliminando le norme inutili».
Sull’autonomia, tema delicato sul tavolo del prossimo governo, a tal punto che già divide la coalizione di centrodestra, Di Maio si allinea al coro (ormai senza più una sola voce stonata) che promette più competenze e risorse per tutti, «anche alla Campania, se il suo presidente e i suoi cittadini le chiederanno», anche alla Sicilia, «che non ha mai fatto i patti fiscali col governo, il suo statuto è stato usato dalla peggior politica per farsi gli affari suoi». Dice il pentastellato: «Questo governo può promettere ben poco, perché chi oggi è a capo dei ministeri non ci sarà più dopo il 4 marzo. Noi abbiamo sempre creduto nell’autonomia, perché permette di spendere i soldi in modo più efficace, e l’abbiamo dimostrato qui e in Lombardia, dove il referendum l’abbiamo proposto noi. Siamo a disposizione».
In chiusa, breve postilla sulle possibili alchimie da trovare in parlamento: «Noi vogliamo far uscire il Paese dal caos e dargli un governo stabile e per farlo occorrerà una maggioranza ampia. Le alleanze, però, si faranno il giorno dopo il voto. Liberi e Uguali? La Lega? Neppure sappiamo quanti parlamentari eleggeranno...».