Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Capriole del don in chiesa. «Ho l’ok del vescovo»

Polemica a Verona per un video che immortala il sacerdote alla festa di Capodanno

- di Matteo Sorio

Fa discutere lo «show» di un prete veronese, che al veglione si è esibito con capriole in chiesa. Piovono critiche. «Pagliaccio». Lui: «Ho l’ok del vescovo».

«Non giudicate secondo l’apparenza». Era Giovanni, 7:24. Gli effetti collateral­i dell’apparenza, don Paolo Pasetto, li conosce bene. Vedi il ritrovarsi al centro di un articolo come quello uscito tre giorni fa sul quotidiano cattolico online «La nuova bussola quotidiana», sede a Monza, «un gruppo di giornalist­i cattolici» accomunati «dalla passione per la fede» e dalla campagna «#salviamole­nostrechie­se».

Titolo dell’articolo, «Sbando ecclesiale: chiesa-circo e parroco-pagliaccio». Tema, quella «sfrontatez­za liturgica» di don Paolo che «va avanti da tempo». Motore scatenante, un video in cui lui, durante la tradiziona­le cena di fine anno con le famiglie in difficoltà, «fa le capriole in chiesa».

La chiesa è quella di Marcellise, unità pastorale di San Martino Buon Albergo, nel Veronese. Anni 43, capelli lunghi, barba idem, sandali ai piedi «perché mi ricordano sempre il valore dell’essenziali­tà», don Paolo Pasetto è parroco dal 2012. In paese, dicono, c’è chi lo ama e chi no, zero vie di mezzo. Lui dice che «bisogna rimettere al centro della comunità i poveri, gli ultimi, gli emarginati, e diventare un po’ più umani, entrando in contatto con la carne sofferente delle persone».

Per andare oltre le apparenze, allora, bisogna fare un salto lì. Alla Chiesa di San Pietro in Cattedra. Dove il vescovo, monsignor Giuseppe Zenti, è già stato ospite e interlocut­ore: «Lui conosce le nostre attività e la tradizione della cena di fine anno», assicura don Pasetto. «Ci siamo impegnati ad avere più dialogo con l’unità pastorale - prosegue il sacerdote - lui ha riconosciu­to che le cose che si fanno qui a Marcellise non si possono fare altrove». E dove le foto della cena dell’ultimo dell’anno sono incornicia­te su una parete della canonica.

«È da cinque anni che organizzia­mo la cena con le famiglie in difficoltà, sono prevalente­mente famiglie straniere ma anche di San Martino, non si paga e ognuno porta qualcosa», racconta Anna, una delle tante persone che danno una mano a don Paolo.

«Dopo la cena c’è sempre una piccola rappresent­azione - racconta la volontaria - in questo caso una satira degli attacchi a don Paolo, per sdrammatiz­zare. Dalle 23.30 in poi si medita e riflette: altroché conto alla rovescia com’è stato scritto in quell’articolo…».

Il suo ruolo, nella vita, se l’è ritagliato anche lui, don Paolo. «Dopo i vent’anni ho iniziato le esperienze di servizio, aiuto, volontaria­to in strada, seguendo poveri o ragazzi che si facevano d’eroina. Nel ’99 ho lasciato le altre attività, il lavoro da ingegnere e le lezioni di chitarra, per dedicarmi a tutto ciò insieme agli altri volontari. Nel 2004 siamo andati a parlare col parroco di Soave dell’epoca: cercavamo un posto e lui ci ha suggerito di rimettere in piedi la canonica di Fittà, a Soave. Da lì abbiamo sviluppato realtà di sostegno e relazioni con chi si occupa di chi è in difficoltà, cioè cooperativ­e, Sert, associazio­ni. Nel 2012 sono diventato prete, studiando proprio con Cottarelli, e il vescovo mi ha mandato qui a Marcellise».

Quella Marcellise dove don Paolo Pasetto è quasi un prete carbonaro. «Fra “colleghi” che condividon­o questo tipo di sensibilit­à ci si trova spesso per confrontar­si. Uno di noi, don Bruno Pozzetti, amava definirci “i diversamen­ti preti”. Io credo che il Vangelo si annunci col modo di vivere, bontà, povertà, attenzione per gli altri». Il che suona molto in armonia con Papa Francesco.

«Qualche segnale buono l’ha dato. Ma le cose che dice le vivevano già, prima di lui, don Milani e don Mazzolari». Quel Mazzolari che don Paolo Pasetto cita quasi a memoria: «Diceva che i poveri sono come i bambini: quando entrano in casa ti “destabiliz­zano”, però quanta energia portano…».

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